Planetizzazione e nuovi paradigmi spirituali per la Terra:
esplorazioni in dialogo con Teilhard de Chardin e Raimon Panikkar
Professor Emerita of Theology and Religious Studies, Institute for Advanced Studies, University of Bristol, England
È un grande onore per me prendere parte a questo incontro dedicato congiuntamente a Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) e Raimon Panikkar (1918-2010), in occasione dell’Expo 2015, il cui argomento “Nutrire il Pianeta - Energia per la Vita” è un tema di rilievo, vicino a entrambi i pensatori.
Commentare le idee di questi due eccezionali universalisti cattolici è anche un compito arduo, essendo impossibile in un tempo così breve rendere giustizia al pensiero di due tra i più autorevoli esseri umani. Entrambi hanno lasciato un vasto corpus di scritti che trattano molti temi importanti nel campo della scienza, della filosofia, della teologia e della spiritualità, e innumerevoli persone in tutto il mondo sono state ispirate dalla loro vita, visione e pensiero.
Entrambi appartengono principalmente al XX secolo, anche se le radici di Teilhard risalgono al diciannovesimo, e la vita di Panikkar si estende fino al primo decennio del XXI secolo. Le loro vite si sovrappongono per 37 anni, ma non si incontrano mai di persona. L’opera di Panikkar emerge a livello di ampio riconoscimento pubblico solo dopo la morte di Teilhard. Tuttavia, negli ultimi anni si rapportano i due grandi pensatori e Panikkar fa a volte riferimento nei suoi scritti ad alcuni aspetti del pensiero di Teilhard. Anche se diversi, essi condividono alcune prospettive simili, soprattutto nel riferirsi a una triplice dimensione della realtà come “cosmica, umana e divina”, che Panikkar spesso definisce “cosmoteandrismo”. L’idea di “teandrismo”, di un rapporto integrale tra il divino e l’umano, si ritrova già in Massimo il Confessore (579/580-662). Si tratta di un tema antico della teologia cristiana, strettamente connesso con la comprensione dell’Incarnazione. Invece, la “dimensione cosmica”, così specificamente definita, è presente in forma nascente nei testi antichi e ha oggi acquisito un nuovo, ricco significato attraverso l’attuale conoscenza della complessa evoluzione del cosmo intero e della vita.
Qual è dunque il significato di questa triplice realtà cosmico-umano-divina di Teilhard de Chardin e Panikkar? Quanto significativa è la loro visione in una prospettiva evolutiva? Entrambi sono ben consapevoli dell’epica dell’evoluzione e dell’impatto del processo evolutivo in tutti gli ambiti dell’esperienza umana e dell’autocomprensione. Entrambi sono profondamente influenzati dagli sviluppi della scienza moderna e dalla nascita di una nuova coscienza della Terra, come anche da ciò che Teilhard percepisce come il processo accelerato di “planetarizzazione”. Che cosa significa questo per un’ulteriore evoluzione dell’umanità e della comprensione dello Spirito? La nuova coscienza della Terra condurrà a una nuova comunità della Terra e a nuovi paradigmi spirituali? In altre parole, gli esseri umani saranno in grado di scoprire la grande saggezza della Terra? Possono riconoscere un significato e uno scopo spirituali nel processo dinamico dell’evoluzione?
Riprenderò questi quesiti in seguito, dopo aver brevemente presentato il pensiero di Panikkar e Teilhard e discusso alcune delle loro intuizioni più salienti. Prima di farlo, desidero dire qualcosa sulla mia relazione con questi due pensatori.
Ho incontrato il pensiero di Teilhard de Chardin nel 1962, quando ero studentessa di filosofia e teologia a Parigi; da allora ho trascorso molti anni nello studio delle sue opere e scrivendo su di lui. Non l’ho mai conosciuto di persona, ma nel corso degli anni ho incontrato e intervistato molte persone personalmente legate a lui o che lo conoscevano bene come collega, amico o membro dell’ordine dei Gesuiti. Poiché questa mattina abbiamo già sentito molto su Teilhard non voglio dire di più su di lui ora, ma venire direttamente a Panikkar.
Panikkar è un pensatore che congiunge molti mondi differenti: il background indiano e spagnolo, l’istruzione in diversi Paesi, la ricerca in più discipline, le molteplici attività di insegnamento, i viaggi e l’esperienza di vita in Europa, India e America.
Inizialmente, nel 1964, suscita notevole attenzione con Il Cristo sconosciuto dell’Induismo, verso il quale ha in seguito assunto un atteggiamento critico e revisionista (nella 2a edizione del 1981)[1]. Poco dopo aver letto questo libro nella sua versione originale, incontrai personalmente Panikkar a Delhi, nel dicembre del 1965, in occasione dell’Indian Philosophical Congress Meeting, e da allora rimasi in contatto con lui, fino alla sua morte nel 2010.
Per molti anni Panikkar viaggia tra India e Stati Uniti, dove insegna prima presso l’Università di Harvard (1966-1971), poi presso l’Università della California, Santa Barbara (1971-1987). Tornato a vivere in Spagna, continua a viaggiare molto fino ai suoi ultimissimi anni.
Le opere di Panikkar comprendono prospettive in teologia, filosofia e nello studio comparato delle religioni di tale ampio respiro, che nessun altro autore ha potuto fare altrettanto e ugualmente bene. Chi può cogliere tutte le sfaccettature della visione audace di questo pensatore interculturale e interreligioso che scrive in più lingue europee per più di 50 anni? Esistono alcuni riguardevoli studi su particolari aspetti del suo pensiero, ma sono troppo numerosi per menzionarli in questa sede. Vorrei attirare l’attenzione solo sulle molteplici riflessioni nel volume a cura di Joseph Prabhu (che conosceva bene Panikkar), The Intercultural Challenge of Raimon Panikkar[2] (La sfida interculturale di Raimon Panikkar), anche se è lontano dall’essere aggiornato.
Per chi fosse interessato alla teologia delle religioni e al dialogo interreligioso, uno degli studi più completi è del teologo finlandese Jyri Komulainen (che incontrò Panikkar solo una volta), An Emerging Cosmotheandric Religion? Raimon Panikkar’s Pluralistic Theology of Religions[3]. Egli riflette criticamente su molte tematiche dell’ampia opera di Panikkar nell’ambito del dialogo tra le culture e le civiltà e delle sfide del pluralismo.
Inoltre, la pubblicazione della sua Opera Omnia in circa 18 volumi è a buon punto in Italia, e negli Stati Uniti Orbis Books cura l’edizione inglese.
Vediamo ora più da vicino la visione cosmica e i paradigmi spirituali di Teilhard e di Panikkar.
La visione cosmica di Teilhard
Oggi, la nostra esperienza dell’intero mondo naturale o della biosfera è molto legata all’esperienza di un pianeta in termini sia di conoscenza scientifica, sia di nostra percezione del mondo vivente, come un grande, meraviglioso habitat, mai così vulnerabile e fortemente minacciato. Teilhard de Chardin è tra i primi a comprendere che viviamo tutti in un unico e stesso pianeta; formiamo una sola umanità, per quanto diversificata e tormentata. Condividiamo destino e responsabilità comuni, riguardo al futuro della vita sulla terra e al nostro stesso futuro umano. Teilhard si riferisce spesso al "senso della terra" o allo "spirito della terra" o anche alla “Madre Terra”, la cui saggezza egli ammira. Il suo primo saggio, La Vie Cosmique (La vita cosmica, 1916), è dedicato “alla Terra Mater, e attraverso di lei a Gesù Cristo, sopra ogni cosa”[4]. Ispirato dal lavoro dello scienziato austriaco Eduard Suess, che per primo nel 1875 propone il termine “biosfera” e scrive un’opera in più volumi The Face of the Earth (Il volto della Terra, 1883-1909), nel 1921 Teilhard ne riprende il titolo per un suo lungo contributo in Études,[5] in cui egli la descrisse come il volto di montagne, continenti e oceani della terra. Egli spiega che utilizza questi termini, in quanto “esprimono e riassumono mirabilmente i risultati che la scienza geologica ha conseguito da un mezzo secolo. La Terra ha una sua fisionomia, un suo volto, una sua faccia.”[6]
È importante ricordare, anche rispetto alla comprensione del suo concetto chiave di noosfera, che la coscienza di Teilhard de Chardin dell’immensità della terra e dei suoi popoli, dei loro comuni destini e origini, e del loro posto nella natura, è profondamente radicata e nutrita dai suoi studi geologici e biologici, dai numerosi viaggi in Nord Africa e in Asia, soprattutto in Cina, e anche dalla sua esperienza in trincea durante la prima guerra mondiale. Non aggiungo altro in merito, avendone già discusso in dettaglio in altra sede[7]. In ogni caso questo senso planetario della Terra fornisce le radici e il contesto generale della visione cosmica di Teilhard.
La chiave indispensabile per comprendere la qualità esperienziale e mistica di tutta l’opera di Teilhard è il suo tardo saggio autobiografico Le Coeur de la matière (Il Cuore della materia)[8]; un’ulteriore elaborazione della sua visione mistica si trova Le Cristique (Il Cristico)[9], concluso poco prima della sua morte.
In Il Cuore della materia, Teilhard descrive una divina “diafania”, un ”risplendere”, una trasparenza luminosa di presenza, energia e potenza divine in tutti gli esseri viventi. Egli individua tre caratteristiche distintive di questa visione: sono gli elementi “cosmico - umano - cristico” che offrono diversi parallelismi con l’esperienza cosmoteandrica di Panikkar[10]. Questi tre elementi costituiscono una grande visione. Discuterò ciascun elemento separatamente, anche se tutti e tre sono tra loro strettamente interconnessi e interdipendenti.
1. Il Cosmico o l’Evolutivo
Teilhard comprende il travolgente fascino della materia, la struggente bellezza del mondo naturale, l’immensità dell’evoluzione cosmica, il dinamismo esilarante delle forze della vita. Fin da giovane è consapevole di una forte attrazione per la natura, di cercare e trovare un senso di pienezza nello scoprire le meraviglie della terra, come anche un senso di benessere, una totalità di corpo, mente e spirito, che lo porta a sentirsi parte di una realtà molto più grande. La scoperta dell’evoluzione, non come un processo meccanico esteriore, ma come un processo dinamico e vivente in un universo evolutivamente in divenire, determina un enorme passo avanti nella sua vita psicologica, intellettuale e religiosa. Questa prospettiva supera le divisioni rigide del tradizionale dualismo tra materia e spirito, facendogli comprendere che non si tratta di due realtà separate, ma di due aspetti di una stessa realtà: sfolgorante materia che rivela il fuoco dello spirito. La comprensione del significato dell’evoluzione emerge attraverso i suoi scavi scientifici nel periodo in cui intraprende gli studi teologici a Hastings (nel Sud dell’Inghilterra, in riva al mare, ove vi sono molte scogliere ricche di fossili). Comporta un effetto di radicale trasformazione di tutta la sua prospettiva; più tardi, ricorda "ciò che questa trasposizione dei valori ... aveva d’inesauribilmente costruttivo… e di rivoluzionario ad un tempo per l’intelligenza, la preghiera e l’azione."[11]
Queste esperienze della natura riverberano con forza nel suo primo saggio di guerra La Vie Cosmique (La vita cosmica, 1916), e si riassumono nel motto “vi è la comunione con Dio e la comunione con la Terra, e una comunione con Dio attraverso la Terra”[12]. Questo saggio descrive il suo risveglio al cosmo, l’esperienza mistica della natura come un senso di unità e coscienza cosmica. Attraverso molte ricerche e fatiche, egli scopre alla fine la presenza di Dio e del corpo di Cristo nella natura intera.
Con straordinaria intuizione e grande dono poetico Teilhard celebra il potere spirituale della materia, fonte di ogni energia e crogiolo dello spirito. La sua potente attrazione per la materia – con una sua anima, divinizzata e santa - culmina in un inno di lode alla “potenza spirituale della Materia”. Il cuore della materia, il cuore della realtà è intriso di potenza e presenza divine, è “la mano di Dio, la carne di Cristo”[13]. Per questo Teilhard potrebbe abbracciare l’universo in un atto di comunione e unione, lodando la materia come matrice dello spirito in un inno di esultanza: “ti benedico, materia…ti acclamo come l’ambiente divino, carico di forza creatrice, Oceano mosso dallo Spirito, Argilla impastata e animata dal Verbo incarnato”[14].
2. L’Umano o il Convergente
Insieme al suo senso cosmico Teilhard sviluppa un forte senso dell’umano. Questo emerge pienamente durante la sua esperienza della Grande Guerra del 1914-18. La sua comprensione del “fenomeno umano” sulla terra si è poi arricchita attraverso la sua vita in Cina e i suoi viaggi intorno al mondo. Subito dopo la prima guerra mondiale, in analogia con il termine biosfera, egli conia il nuovo termine noosfera, in collaborazione con il suo amico filosofo Edouard Le Roy. Questo concetto, così strettamente legato alla nostra comprensione del mondo come un pianeta - una "sfera", indica un’importante realtà spirituale: descrive uno strato di pensiero interattivo e di azioni interdipendenti, e in ultima analisi, di amore collaborativo tra persone e gruppi umani dell’intero pianeta. Si tratta di uno strato invisibile, ma reale che avvolge il nostro pianeta come le forme viventi della biosfera o l’atmosfera in cui viviamo e respiriamo.
Secondo Teilhard, su tutta la terra si sta diffondendo un rapido movimento di più importante unificazione; che conduce attraverso il sorgere della coscienza a una sorta di membrana spirituale invisibile. Si rende conto che, nonostante le turbolenze della guerra, l’umanità è sempre più strettamente vicina, in seno al continuo processo evolutivo, per formare una nuova e più grande unità. Si tratta di una nuova e complessa sintesi di ordine superiore, in cui i precedenti processi evolutivi di divergenza sono sostituiti da processi di complessificazione e di convergenza che producono insieme qualcosa di nuovo, il cui risultato ultimo o vertice spirituale Teilhard definisce “Omega”.
Egli scrive diffusamente sul significato del fenomeno umano, non solo nella sua opera magna Le Phénomène Humain (Il fenomeno umano, 1938-1940), ma anche in tutte le sue altre pubblicazioni. Esprime il significato dell’essere umano all’interno dell’intero sviluppo dell’universo. Egli è molto preoccupato riguardo al problema urgente dell’azione umana e al tipo di scelte che l’umanità fronteggia, come anche riguardo alla questione su quali risorse energetiche spirituali sono necessarie per mantenere e sviluppare le dinamiche della noosfera. Spesso sottolinea la necessità di alimentare il gusto e l’ardore per la vita e di sviluppare un’appropriata energetica umana per farlo.[15]
La più grande risorsa spirituale è rappresentata dai poteri dell’amore, inteso nel senso profondamente cristiano di incarnazione. Il tema dell’amore, legato anche all’elemento unitivo del femminile e presente come un altro importante tema ne Il cuore della materia, è così centrale nel suo pensiero che tutta la sua opera può essere giustamente definita una metafisica e mistica dell’amore. Teilhard de Chardin è convinto che dobbiamo studiare i poteri dell’amore come la più sacra risorsa di energia spirituale, allo stesso modo in cui nel mondo si studia e ricerca ogni altra cosa. Come scrisse nel 1934: “Un giorno, dopo l’etere, i venti, le maree, la gravitazione, noi cattureremo, per Dio le energie dell’amore. E allora, una seconda volta nella storia del Mondo, l’Uomo avrà scoperto il Fuoco.”[16]
3. Il Cristico o il Centrico
Questa terza dimensione esprime una particolare percezione del Divino che si concentra su un elemento Cristico come una presenza o centro divino energizzante, un “fuoco” in tutte le cose che egli descrive sia come un “cuore” sia come un “ambiente divino”, un centro e un ambiente che tutto pervade. L’esperienza di Teilhard del Divino è strettamente legata al cosmo e centrata sul Cristo cosmico, incarnato come cuore e centro di ogni elemento e realtà dell’universo. Cristo è un “Dio con noi”, descritto nel saggio del 1918 come L’Âme du Monde (L’anima del mondo)[17]. La potente percezione di Teilhard della pervasiva e immanente presenza del Divino all’interno dell’universo sviluppa più dettagliatamente nel suo libro Le Milieu divin (L’ambiente divino)[18].
La presenza divina nel mondo è questo misterioso “ambiente” che irradia come un’”atmosfera” tutti i livelli dell’universo intero, la materia, la vita e l’esperienza umana. Noi siamo immersi in questo ambiente; esso può invadere tutto il nostro essere e trasformarci. Teilhard lo definisce anche “ambiente mistico” e “oceano divino”, in cui la nostra anima può essere portata via e divinizzata. Tutte le realtà, le esperienze, le nostre attività, tutte le nostre gioie e sofferenze hanno questo potenziale di divinizzazione, di essere ardenti attraverso l’effusione dell’amore divino.
Per Teilhard l’essenza della pratica spirituale è di portare noi stessi nell’ambiente divino, di diventare parte di esso, di vivere e morire in esso. Così possiamo trovare la pienezza dell’essere, che ci conduce fino al punto Omega, identificato con “Cristo-Omega”, la carne di Cristo incarnata nella materia.
Essere immersi e vivere nell’ambiente divino è celebrato offrendo, come un inno, tutte le umane esperienze di fatica e di dolore e della terra stessa, in La Messe sur le Monde[19] (La Messa sul Mondo). Dire “una messa su tutte le cose” è la pratica di meditazione orante di Teilhard nelle trincee durante la prima guerra mondiale, quando non può celebrare la messa cattolica, in cui il pane e il vino sono offerti sull’altare di una chiesa. Nel 1923, in una spedizione sul Fiume Giallo in Cina, si trova in una situazione simile. Invece di celebrare la Messa in una chiesa, egli simbolicamente offre, al momento del sorgere del sole, l’intero cosmo a Dio. Così egli ci lascia la sua grande preghiera visionaria e ispiratrice di La messa sul mondo che celebra la magnifica grandezza, potenza e bellezza dell’ambiente divino, l’ambiente che Teilhard ama così intensamente, in cui vive, lavora e muore.
La sua profonda mistica cristocentrica è già vivamente espressa in uno dei sui primi saggi, intensamente lirico, scritto nel 1916 durante la prima guerra mondiale, Il Cristo nella materia[20]. Sulle pareti di una chiesa dove si reca a pregare, c’è un quadro raffigurante “Cristo mentre offre il suo cuore”. Improvvisamente i contorni di questa figura individuale e isolata del Gesù umano raffigurato nel dipinto si dissolvono, irradiandosi verso l’infinito, così che l’intero universo è vibrante di movimento, energia, e vita: “Tutto quel moto sembrava emanare da Cristo, specie dal suo cuore. Non mi dilungo sulla sensazione di estasi, prodotta in me da questa rivelazione dell’universo posto tra Cristo e me. Vivo nel cuore di un unico e singolo Elemento, il centro dell’universo e presente in ogni sua parte: Amore personale e di Potenza cosmica.” È Dio “il cuore di ogni cosa” e per questo “persino la guerra non mi sconvolge”[21].
A tale misticismo di fuoco e del cuore Teilhard vi aderisce con la vita, come egli esprime così chiaramente alla fine della Messa sul Mondo: “Tutta la mia felicità e tutta la mia riuscita, tutta la mia ragione di essere e il mio gusto di vivere sono sospesi alla visione fondamentale della tua congiunzione con l’Universo”.[22]
4. La visione cosmoteandrica di Panikkar
Panikkar è un grande studioso; i suoi scritti sono a volte difficili da comprendere, forse ancor più rispetto ad alcune opere di Teilhard. Conosce profondamente la tradizione religiosa cristiana e quella indiana, e si sente a casa presso entrambe, come solo pochi altri.
Nel 1970, dopo aver già pubblicato diversi lavori, inizia a emergere nel suo pensiero l’intuizione di un triplice cosmoteandrismo. Per cogliere appieno il senso della profondità esperienziale e spirituale della sua visione cosmoteandrica occorrerebbe uno studio approfondito di molti dei suoi saggi, in particolare quelli pubblicati negli ultimi 15 anni della sua vita.
Come prima cosa, bisognerebbe citare le sue Gifford Lectures, lezioni illustri che Panikkar tiene come primo asiatico a Edimburgo nel 1989 e nel 1990. In seguito, esita per molti anni prima di pubblicarle, revisionandole in numerose occasioni. La pubblicazione avviene solo 20 anni dopo, nel giugno 2010, dal titolo The Rhythm of Being[23] (Il ritmo dell’essere). Contiene diversi riferimenti all’esperienza e intuizione cosmoteandrica, principalmente nelle ultime parti del libro. È quindi impossibile capire se sono già presenti nelle originali Gifford Lectures o sono aggiunti in seguito, durante le diverse fasi di revisione del testo, quando il pensiero sul cosmoteandrismo è già presente in altre opere di Panikkar.
Le mie riflessioni si riferiscono principalmente all’importante opera The Cosmotheandric Experience. Emerging Religious Consciousness[24] (La realtà cosmoteandrica. Dio-Uomo-Mondo, 1993), e alla successiva Christophany. The Fullness of Man[25] (La pienezza dell’uomo. Una cristofania). Desidero inoltre attingere a un breve articolo sul pellegrinaggio pubblicato nel 1996.
Considerato il poco tempo a disposizione, posso solo accennare brevemente ad alcune delle idee centrali. Persino per uno studio molto dettagliato è quasi impossibile cogliere nelle opere di Panikkar tutti i significati stratificati relativi al “cosmoteandrismo”[26].
L’intrecciarsi di cosmico, divino e umano può essere considerato per Panikkar come radicato nella tradizione della Wisdom Theology (Teologia della Saggezza). Inoltre, Panikkar non scrive principalmente per diffondere le proprie idee: per lui la scrittura è una forma di meditazione. È “la ‘vita intellettuale’ che è anche ‘esistenza spirituale’ e come tale partecipazione alla vita dell’universo”. Panikkar descrive inoltre la scrittura come "un impegno religioso" e la comprensione della “sua vocazione intellettuale è in definitiva mistica e deve essere considerata in intima connessione con la sua comprensione delle parole e delle Sacre Scritture”[27].
La novità della visione cosmoteandrica di Panikkar va ben al di là della comprensione tradizionale di “cosmo - theos – anthropos”; implica infatti il verificarsi di una significativa mutazione nella spiritualità che rivela “la santità del secolare”. Panikkar riconosce di trovarsi alla confluenza delle “tradizioni indù, cristiana, buddhista e secolare”[28]. A differenza di molti altri pluralisti, Panikkar non fonda la sua teologia sulla tradizione illuminista, ma sulla “sua idiosincratica visione cosmoteandrica”, che attinge alle tradizioni primordiali che precedono il pensiero moderno. Panikkar considera anche il mondo contemporaneo e la secolarità moderna.
Si tratta di una nuova posizione che coniuga un’apertura ricettiva a nuove prospettive religiose, sfidando gli orientamenti religiosi tradizionali e soprattutto quelli cristiani conservatori. La teologia delle religioni di Panikkar si sposta da una iniziale posizione di inclusivismo a un pluralismo radicale, che incoraggia una nuova apertura, molto apprezzata dagli appartenenti a fedi differenti e dai membri delle diverse confessioni cristiane.
La visione di Panikkar in Cosmotheandric Experience (La realtà cosmoteandrica. Dio-Uomo-Mondo) percorre un immenso arco di esposizioni storiche e fenomenologiche prima di tracciare dettagliatamente la propria intuizione cosmoteandrica. Quest’ultima si evolve congiuntamente a una triplice struttura della coscienza umana del tempo. Partendo da un movimento della coscienza non storica alla coscienza storica e attraversando quindi un’intensa crisi della storia, si arriva in ultimo a una coscienza trans-storica che produce un’emergente spiritualità cosmoteandrica. I principali aspetti di questa nuova spiritualità sono sommariamente caratterizzati nell’epilogo della sua opera Cosmotheandric Experience (La realtà cosmoteandrica. Dio-Uomo-Mondo) come “Anima Mundi - Vita hominis - Spiritus Dei”. Questo rappresenta un ricco arazzo: occorrerebbe sfilare attentamente i singoli fili per comprendere la complessità della loro tessitura. Ciò richiede giustamente una “nuova cosmologia”, “un quadro completo del mondo” che ancora ci mancano. Panikkar scrive: “Ci resta ancora da costruire un rapporto totale con la Terra, con il pianeta Terra nella sua interezza, con l’intera realtà astrofisica e subatomica dell’universo.”[29]
Le concise dichiarazioni conclusive di Panikkar sono sorprendenti, ma richiederebbero di essere fortemente decifrate per essere pienamente comprese, come quando afferma che “l’uomo moderno occidentale aveva bisogno ... per riscoprire con un grado di consapevolezza superiore ... che le tre dimensioni - la divina, la cosmica e l’umana - appartengono tutte al reale e si compenetrano l’una con l’altra, così che ogni cosa presenta caratteristiche antropomorfe, così come dimensioni divine e materiali"[30]. Egli elenca diverse caratteristiche relative alla nascita di una nuova spiritualità cosmoteandrica; la maggior parte di queste sono direttamente collegate al nostro rapporto con la terra, così che la conclusione complessiva dell’opera è: "Il servizio per la Terra è servizio divino; proprio come l’amore di Dio è amore umano. A noi non resta che esplicitarlo nelle nostre vite.”[31]
La visione mistica di Panikkar, analogamente a quella di Teilhard, è espressa in più parti del suo grande corpus di scritti, tuttavia il suo culmine è probabilmente nel libro Christophany. The Fullness of Man.[32] Qui, la pienezza delle realtà cosmica, umana e divina si dispiega in una visione universale che trascende le divisioni di culture e fedi. Secondo lo stesso Panikkar, egli vuole superare una “cristologia tribale”, in particolare quella del passato coloniale, quando il Cristianesimo tenta di convertire Cristo in un Dio imperiale che trionfa sugli altri Dei. Egli offre invece una Cristofania che permette ai cristiani di vedere ovunque l’opera di Cristo, senza ritenere di possedere una comprensione migliore o un monopolio di questo Mistero, che è stato loro rivelato in un modo unico. Così il dialogo, lungi dall’affievolire il cuore della fede cristiana, promuove la comprensione e l’armonia interreligiose e fornisce un tramite indispensabile per approfondire la fede cristiana.
La Cristofania di Panikkar nasce da una vita di riflessioni filosofiche e teologiche; è radicata nelle esperienze interculturali e nutrita dalla meditazione orante, attinta al cuore delle tradizioni spirituali indiane e cristiane. Anche se in questa sede non parla esplicitamente di “cosmoteandrismo”, la vivida ricchezza della sua visione media una pienezza di realtà cosmiche, umane e divine, e dispiega quindi una Cristofania universale che trascende divisioni di culture e fedi. Si tratta di una visione omnicomprensiva che raggiunge dalle profondità più interiori alle dimensioni universali di terra, umanità e cosmo. Esprime anche una profonda passione per la verità, la bellezza e la pienezza che racchiude un profondo desiderio di pace e giustizia. L’enorme pienezza di questa cristofania è offerta come risposta al grido per una nuova spiritualità mistica. Il lettore, che sia interessato all’incontro e al dialogo interculturale, alle tradizioni mistiche indiane e cristiane, ai nuovi approcci al mistero di Cristo, o semplicemente a Panikkar quale grande pensatore religioso, resta affascinato e coinvolto da questo lavoro complesso, indipendentemente dall’essere d’accordo o meno.
Desidero inoltre citare uno degli ultimi saggi di Panikkar perché trasmette un altro spaccato della sua esperienza e pensiero. Nel settembre 1994, quale parziale adempimento di una promessa fatta da adolescente al padre indù, intraprende l’arduo pellegrinaggio al Monte Kailâsa, la montagna himalayana sacra in Tibet, un percorso pericoloso per un uomo della sua età e debole di cuore. Vi si reca con Milena Carrara, e occorrono 25 giorni per completare il pellegrinaggio. Da questa impresa spirituale in Tibet, al Monte Sacro e al Santo Lago, egli torna radioso. Si rifiuta di scrivere in merito o di concettualizzare questa esperienza. Tuttavia, in seguito, fornisce una breve descrizione per un numero speciale della rivista cattolica Concilium dedicata al “Pellegrinaggio”. Nel 1994 invia anche un messaggio personale ad alcuni suoi amici. Ho ancora a cuore la splendida vista sul Monte Kailâsa descritta in memoria di questa avventura sacra e molto speciale. Si tratta di una cartolina datata “Tibet 25-IX-94”, che dice semplicemente: “In questo Pellegrinaggio ultimo al Monte Kailâsa, si ricordano gli amici - e i vecchi tempi in questo silenzioso, vuoto e quasi infinito spazio. R.Panikkar”.
L’articolo per il Concilium scritto due anni più tardi è intitolato “Un Pellegrinaggio al Kailâsa e a Manasasaras”.[33] .Descrivo brevemente la struttura di questo particolare racconto in quanto ancora una volta ruota attorno al cosmoteandrismo. Presenta tre brevi parti: la prima riguarda “il trascendere la storia”. Il Monte Kailâsa non è fatto dall’uomo; semplicemente è. “Le immense valli, le cime lontane, la mancanza di alberi, le rocce e i fiumi, i vasti altipiani, tutti esistono senza storia ... La presenza travolgente è quella della Terra”. La seconda parte è dedicata allo “spazio sacro” che è unico. “Il Kailâsa è un simbolo della natura cosmica dell’uomo”. “Lo spazio sacro è una grandezza cosmica” e "l’uomo è anche un essere cosmico”. Il pellegrino al Kailâsa sente “questa unità cosmica senza la confusione panteistica.” La terza parte è definita “un pellegrinaggio ultimo”, ad indicare che “non si sale la vetta, se ne compie la circumambulazione ... Come ogni cosa ultima, questo pellegrinaggio è ineffabile.”
Riguardo al suo pellegrinaggio, Panikkar descrive di una triplice trasformazione:
- La pace tra gli uomini, ovvero tra le religioni. Egli ha inteso il suo pellegrinaggio come ecumenico, nel superamento di tutti gli esclusivismi e nella sconfitta di tutti gli inclusivismi. Così egli può celebrare ciò che egli descrive come “il sacrificio cosmico della croce nello spirito dei Veda”, un particolare tipo di eucaristia, che egli definisce come “azione sacra primordiale".
- La pace con la terra è stata la seconda trasformazione ecosofica. Egli può accettare che si partecipi alla saggezza della terra, ma anche che in ultimo si riposi in pace nel grembo della Madre Terra.
- La pace tra gli dei. Egli tratta dell’ambiziosa utopia di questa (sua?) ortoprassi religiosa, ma ritiene che questa sia parte di “un’avventura cosmoteandrica”, in cui tutti siamo coinvolti.
Si tratta di un testo difficile da interpretare; Panikkar desidera farci riflettere sulla natura e sul significato del pellegrinaggio e offre alcuni versi in prosa per aiutarci a intraprendere questa impresa. Cito alcune righe:
“Sii pellegrino verso il Non-luogo
Ora – Qui
Alzati e cammina!”
Questo potrebbe quasi essere interpretato come un congedo, anche se Panikkar vive ancora molti anni dopo aver scritto questi versi.
Nel giugno del 2010, escono finalmente le sue Gifford Lectures (Il ritmo dell’Essere), tanto attese, dopo più di venti anni e molte revisioni. La loro pubblicazione due mesi prima della sua morte fornisce una firma significativa al lavoro di una vita. Alla fine del giugno dello stesso anno Panikkar scrive ai suoi amici che è giunto il momento “di ritirarsi da ogni attività pubblica, sia la partecipazione diretta sia quella intellettuale... io continuerò a essere vicino a voi in modo più profondo, attraverso il silenzio e la preghiera, e allo stesso modo vi chiedo di essere vicino a me in questo ultimo periodo della mia esistenza”. Questa è la sua ultima comunicazione prima di morire, il 26 agosto 2010.
5. Alcune riflessioni conclusive
Il “cosmoteandrismo” di Panikkar - l’interrelazione tra cosmico, divino e umano - è a volte confrontato con la sintesi spirituale di Teilhard de Chardin, nata dal dialogo tra fede cristiana ed evoluzione, mentre la visione di Panikkar è molto più radicata nella Teologia della Saggezza. Beverly Lanzetta riesce persino a cogliere alcune anticipazioni del cosmoteandrismo di Panikkar nella filosofia perenne.[34]
Indipendentemente dal singolo punto di vista, è difficile negare che esistono alcuni parallelismi tra questi due originali pensatori, se non una sorprendente somiglianza tra alcuni dei loro orientamenti fondamentali. Teilhard comprende il processo di evoluzione come una costante crescita verso una maggiore consapevolezza e in ultima analisi, come un processo di spiritualizzazione, che culmina in Cristo-Omega. Panikkar non sottoscrive la prospettiva evolutiva della visione di Teilhard, ma sostiene un approccio pluralistico.
Tuttavia, la comprensione di Panikkar dell’ecumenismo, così come dell’incontro delle religioni, deve oggi incorporare necessariamente la saggezza insita nel processo e nella dinamica evolutiva che sono ormai parte integrante della nostra conoscenza. Per quanto diversi possano essere questi due pensatori, essi condividono inoltre molte intuizioni e non da ultimo il riconoscimento della santità del secolare.
Panikkar parla di Cristofania come “esperienza cristica” e come il simbolo del mysterium coniunctionis della realtà divina, umana e cosmica. Questa formulazione è simile a quella usata da Teilhard nel suo saggio Il Cuore della materia, che si apre con il motto “Nel cuore della Materia, Un Cuore del Mondo. Il Cuore di un Dio”[35], che spiega gli elementi della sua visione spirituale come cosmica, umana e cristica.
Per chi conosce Panikkar, c’è indubbiamente molto di più da ricordare e celebrare rispetto ai soli seppur importanti insegnamenti e contributi in diversi ambiti della teologia, filosofia, spiritualità e misticismo. Joseph Prabhu giustamente esprime ciò che molti pensano, quando afferma che Panikkar “è riuscito a coniugare la tranquilla dignità di un saggio, lo spessore di uno studioso, la profondità di un contemplativo e il calore e il fascino di un amico nella sua brillante personalità”. La sua presenza straordinaria, l’intelletto brillante e il grande amore per la vita resteranno una fonte di ispirazione per molti; la cattolicità della sua opera che va dal dialogico, teologico e pastorale al poetico, spirituale e mistico lascia al mondo una preziosa eredità.
Senza sostenere un’influenza diretta o indiretta degli scritti di Teilhard su Panikkar, Jyri Komulainen osserva “l’impressionante somiglianza dell’orientamento essenziale di questi due pensatori” e “un certo sapore teilhardiano nella visione di Panikkar”. In un certo senso, sembra soddisfare “il desiderio di Teilhard di un nuovo misticismo che tiene conto delle intuizioni complementari di altre religioni e trova l’unità attraverso la tensione, invece di ridurre la molteplicità a un comune terreno”[36].
Grazie alla dimensione di straordinaria pienezza del pensiero di Panikkar, le generazioni future saranno in grado di impegnarsi più pienamente e in modo critico. Per ora è sufficiente ricordare il potere della sua presenza luminosa e l’incredibile ricchezza di una vita dai molteplici aspetti, a volte contraddittori, non facili da integrare.
Ewert Cousins ha scritto su entrambi nella sua riflessione su un’emergente “spiritualità globale”[37]. Caratterizza i due pensatori come “uomo mutazionale”: è una persona che vive tra la prima età assiale, quando si evolve la coscienza individuale, e la seconda età assiale quando una nuova coscienza globale sta emergendo. Sia Teilhard sia Panikkar sono “uomini-ponte” in un momento in cui l’evoluzione diventa ancora più cosciente di se stessa e rispetto a Cristo è in atto una complessificazione all’interno di un ampio processo evolutivo. Il futuro dell’umanità non è governato dalla sopravvivenza del più adatto, ma dalla capacità degli esseri umani di convergenza e unione, di effettuare le giuste scelte per costruire una comunità planetaria di maggiore giustizia, pace e unità.
Lo scrittore americano Robert McDermott parla di Teilhard de Chardin, come uno dei “veggenti spirituale-filosofici” del XX secolo e descrive la visione evolutiva di Teilhard come una “cosmologia fondata sull’amore”[38]. Credo che la stessa descrizione possa essere applicata a Panikkar. Anche se molto diversi nel carattere, entrambi sono mistici moderni che potrebbero interagire in modo creativo nel vasto processo di planetarizzazione e per la realizzazione del profondo radicamento nella Terra dell’umanità. Essi prevedono l’urgente necessità di nuovi paradigmi spirituali, che soli possono fornire le necessarie risorse energetiche spirituali per la dinamica della noosfera, e per il giusto rapporto tra gli uomini e il pianeta. In definitiva, queste risorse si possono trovare solo nei poteri dell’amore che culminano sia per Panikkar sia per Teilhard in una grande cosmica, umana e divina apoteosi cristofanica.
La grande visione di entrambi può essere riassunta in tre principali punti: in primo luogo, l’umanità è “sulla strada”, in fase di ulteriore sviluppo verso un obiettivo più alto; secondo, noi esseri umani stiamo diventando sempre più consapevoli di un cambiamento fondamentale nel nostro rapporto con la Terra; e in terzo luogo, questa visione dinamica è intensamente Cristo-centrata per entrambi i pensatori. Si tende alla crescita di una nuova coscienza, a una inclusività planetaria nascente, e a una dinamica e globale spiritualità della trasformazione. Entrambi ci rivelano una visione che rafforza e fornisce molta energia per la vita e per l’alimentazione del nostro pianeta.[39]
Articolo apparso su Teilhard aujourd'hui 19 (Ottobre 2015)
[1] Ultima versione completamente rivista dall’autore, Jaca Book, Milano 2008
[2] Orbis Book, Maryknoll, NY 1996
[3] Brill, Leiden – Boston 2005
[4] Pierre Teilhard de Chardin, La vita cosmica. Scritti del tempo di guerra 1916-1919, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1971, pp. 19-105; da qui in avanti VC.
[5] Piere Teilhard de Chardin, “La Face de la Terre” Études : 585-602 (5-20 décembre 1921), ristampato nel vol. 3 di Oeuvres, La Vision du Passé, Éditions du Seuil, Paris1957, pp. 41-69; tr. it., in La visione del passato, Il Saggiatore, Milano 1973, pp.47-82.
[6] Ibid., p. 49.
[7] Cfr. Ursula King, “One Planet, One Spirit: Searching for an Ecologically Balanced Spirituality” in Celia Deane-Drummond, ed., Pierre Teilhard de Chardin on People and Planet. Equinox Publishing Ltd, London 2006, pp. 74-95.
[8] Cfr. Pierre Teilhard de Chardin, Il Cuore della materia, tr. it., Queriniana, Brescia 1993, pp. 7-65; da qui in avanti CM.
[9] Ibid., pp. 67-86.
[10] Cfr. Raimon Panikkar, The Cosmotheandric Experience. Emerging Religious Consciousness, Orbis Books, Maryknoll, NY 1993
[11] CM, p. 20. Cfr. Ursula King, “A Vision Transformed. Teilhard’s Evolutionary Awakening at Hastings” in The Heythrop Journal. LIV4 (July 2013, 590-605). Tr. it., “Una visione trasformata: il risveglio evoluzionistico di Teilhard de Chardin a Hastings”, in Teilhard aujourd’hui. Edizione italiana 14 (febbraio 2014), pp. 9-37
[12] VC, p. 23
[13] Pierre Teilhard de Chardin, Inno dell’Universo, tr. it., Queriniana, Brescia 1992, p. 48; da qui in avanti IU.
[14] IU, p. 49.
[15] Cfr. Ursula King, “The Zest for Life; A Contemporary Exploration of a Generative Theme in Teilhard’s Work” in Ilia Delio, ed. From Teilhard to Omega. Co-Creating an Unfinished Universe. Orbis Books, Maryknoll, NY 2014, pp. 184-202, in cui il significato del gusto della vita e discusso dettagliatamente; nutrirlo è divenuto un nuovo imperativo per gli esseri umani.
[16] Pierre Teilhard de Chardin, Le direzioni del futuro, tr. it., SEI, Torino 1996, p. 105.
[17] VC, pp. 293-315
[18] Pierre Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, tr. it., Queriniana, Brescia 1994. Vedi anche l’utile studio di Louis M. Savary, Teilhard de Chardin. The Divine Milieu Explained, Paulist Press, Mahwah, NJ 2007.
[19] IU, pp. 5-23.
[20] IU, pp. 25-38
[21] IU, p. 29.
[22] IU, p. 22.
[23] Orbis Books, Maryknoll, NY 2010.
[24] Orbis Books, Maryknoll, NY 1993.
[25] Orbis Books, Maryknoll, NY 2004.
[26] Per uno studio dettagliato e molto interessante, vedi del teologo finlandese Jyri Komulainen, An Ermerging Cosmotheandric Religion?Raimon Panikkar’s Pluralistic Theology of Religions, cit. (nota 4), del quale cito diversi passi.
[27] Jyri Komulainen, cit., p. 29.
[28] Ibid., 193s.
[29] Raimon Panikkar, Cosmotheandric Experience, cit., p. 149.
[30] Ibid., p. 150.
[31] Ibid., p. 152.
[32] Cit. (nota 5)
[33] Cfr. Concilium - 1996/4, pp. 48-54. Questo articolo è stato poi sviluppato in un intero libro, Raimon Panikkar e Milena Carrara, Pellegrinaggio e ritorno alla Sorgente, Servitium /Jaca Book, Milano 2012.
[34] Beverly Lanzetta, “The Mystical Basis of Panikkar’s Thought” in Joseph Prabhu, ed., The Intercultural Challenge of Raimon Panikkar. Orbis Books, Maryknoll, NY 1996, pp. 91-105.
[35] CM, p. 7.
[36] Jyri Komulainen, cit., pp. 123, 122.
[37] Cfr. Ewert Cousins, “Teilhard and Global Spirituality” in Anima 8/1, pp. 26-29 dove discute anche di Panikkar.
[38] Comunicazione personale
[39] La comprensione delle visioni cosmiche di Panikkar e di Teilhard e dei loro nuovi paradigmi spirituali potrà essere maggiormente approfondita attraverso molte altre pubblicazioni non incluse in questo contesto. Si vedano soprattutto i due tomi del 1° volume dell’Opera Omnia, Misticismo, pienezza di vita e Spiritualità, il cammino della vita, Jaca Book , Milano 2008 e 2011; Pierre Teilhard de Chardin, “La Messa sul Mondo”, cit.; L’ambiente divino, cit.