L'umanesimo escatologico di Teilhard de Chardin

Giorgio Straniero

L’umanesimo escatologico di Teilhard de Chardin

 

Giorgio Straniero (1940-2012) è stata una figura importante per la conoscenza di Teilhard de Chardin in Italia. Frutto delle sue ricerche come studente alla Facoltà di Filosofia dell’Università Cattolica di Milano, il volume L’ontologia fenomenologica di Teilhard de Chardin (Vita e Pensiero, Milano 1969), è stata una delle prime analisi del pensiero teilhardiano dal punto di vista filosofico. Negli anni successivi, Straniero fu assistente-ricercatore di Filosofia Teoretica presso la stessa Università Cattolica ed in seguito consulente RAI per le trasmissioni culturali, nonché capo di gabinetto al Ministero della Pubblica Istruzione. Ha collaborato attivamente alle iniziative dell’Associazione Italiana Teilhard de Chardin. Ha curato la pubblicazione in italiano  dell’XI volume delle Oeuvres di Teilhard (Le direzioni del futuro, SEI, Torino 1996) e di un testo antologico destinato alle scuole, L’evoluzione convergente (SEI, Torino 1995). I suoi interessi hanno spaziato dalla politica all’analisi delle religiosità contemporanea, alla filosofia e teologia del Novecento. Tra i suoi libri ricordiamo ancora Dalla terra all’anima. Realtà e conoscenza spirituale (Marsilio, Venezia 1999); I pensatori del Novecento (Istituto Poligrafico Zecca di Stato - Editalia, Roma 2001).

 

Teilhard de Chardin ha elaborato una concezione dell’uomo di grande importanza per i suoi aspetti innovativi sia sul piano della scienza, sia su quello della fede. E la sua opera più importante, per il suo carattere comprensivo che si estende a tutto l’essere, e nota, è Le phénomène humain. L’umanità attuale, secondo Teilhard, è incompiuta non solo e non tanto in senso culturale, quanto invece sul piano propriamente biologico e su quello stesso ontologico, essendo impegnata in un processo di unificazione e di ulteriore trasformazione che accomuna tutti gli individui umani in una entità nuova che costituirà la premessa per una trasformazione ontologica che appartiene al campo della teologia e propriamente della Rivelazione cristiana. Si tratta cioè della “consumazione” finale dell’umanità alla fine dei tempi.

La prospettiva offerta da Teilhard de Chardin è quindi quella di una forma di “umanesimo” che pone in relazione il naturale ed il soprannaturale in una dimensione escatologica. Il concetto di “umanesimo” è stato ampiamente dibattuto in ambito cattolico, intorno alla metà degli Anni Cinquanta del Novecento. Imputato, perché di una sorta di processo si trattava, promosso dai gesuiti di La Civiltà Cattolica, e specificamente da padre Messineo, fu allora Jacques Maritain, il più grande filosofo cattolico del secolo. Ad onta del titolo Humanisme intégral, inteso come realizzazione della persona umana mediante il riconoscimento sia della dimensione naturale, sia di quella soprannaturale, l’opera fu oggetto del duro attacco sulla base dell’accusa di “naturalismo”, cioè di una considerazione dell’uomo sotto l’aspetto puramente naturale fisico-biologico, predisposta quindi in modo tale che non ne risultasse come costitutiva dell’essere umano l’apertura al soprannaturale. Si trattava comunque di un equivoco, in quanto la rimozione della dimensione spirituale propriamente cristiana, che il gesuita imputava a Maritain, poteva avere una certa attinenza con l’aspetto politico della questione, in una società secolarizzata, non certamente rispetto alla visione della persona umana nella sua compiutezza. Coerentemente con la regola aurea della sua procedura di ricerca, che era  quella data dalla formula distinguer pour unir. Maritain era infatti rigorosamente tomista, in linea cioè con il pensiero di san Tommaso d’Aquino, vissuto nel XIII secolo e dalla Chiesa considerato tradizionalmente l’autore di una philosophia perennis, di una “filosofia perenne”. In tale ordine, Maritain riconosceva un ambito di autonomia della conoscenza filosofica razionale, data dai preambula fidei, i “preamboli della fede” dimostrabili dalla ragione senza la necessità del ricorso alla fede. Tali verità riguardano appunto, rispettivamente: la dimostrazione dell’esistenza di Dio, di un’etica naturale fondante la dimensione della politica senza ricorso quindi  ad una forma di integralismo, infine dell’immortalità dell’anima. Nei confronti della concezione di Maritain, e quindi della tradizione filosofica accreditata dal Cattolicesimo, Teilhard de Chardin attua comunque una sostanziale trasformazione sul piano ontologico, inerente al rapporto tra materia e spirito. Al tradizionale dualismo, sostituisce una concezione  evolutiva  basata sulla legge  di  complessità-coscienza, secondo la quale la materia non ha una realtà per se stessa, ma rappresenta semplicemente l’involucro di una realtà spirituale che va lentamente crescendo nel corso dell’evoluzione.

Teilhard, con un’efficace immagine, descrive il processo evolutivo come una liberazione di energia spirituale secondo un processo evolutivo basato sulla legge di “complessità-coscienza”, per la quale a strutture biologiche più evolute corrisponde un maggiore grado di spiritualizzazione e di coscienza, che si istituisce secondo una progressiva assimilazione ad un Centro spirituale di convergenza cosmica. “La Matière est d’habitude regardée  comme inanimée, ce qui est la source de toutes nos difficultés pour la comprendre  – afferma – . Nous découvrons maintenant qu’elle peut correspondre simplement (dans la mesure où elle existe) à un état si détendu et si pulvérisé de conscience que ses éléments ne nous sont attingibles que par leurs propriétés statistiques, c’est-à-dire sous forme de lois rigides, complètement ‘désanimées’ . Les déterminismes matériels cessent, dans cette perspectives, de former l’ossature du Monde”.[1] Teilhard non esita riguardo a tale posizione sulla causalità. Illusoria, precisa quindi, non è la spontaneità dello spirito ma la struttura della causalità fisica che è stata codificata come legge meccanicistica necessitante. Osserva comunque che, sotto l’aspetto dell’apparenza, nel corso dell’evoluzione i centri di coscienza non si sono evidenziati in quanto tali, ma solo attraverso effetti d’insieme sottoposti a leggi statistiche. Distingue quindi tra una forma di causalità materiale a carattere meccanicistico che si caratterizza sotto forma di “energia tangenziale”, inerente al dehors, cioè al piano dell’esteriorità percepita sensorialmente, e una causalità libera interiore, inerente al dedans, di ordine spirituale, da lui indicata come “energia radiale”, che istituisce la responsabilità morale. Nessuna  nozione, sostiene, è più familiare di quella di “Energia spirituale” . E tuttavia nessuna appare più oscura. D’un côté  – afferma – la réalité objective d’un effort et d’un travail psychique est si bien assurée que sur elle repose toute l’Étique. Et, de l’autre, la nature de ce pouvoir intérieur  est si impalpable qu’en dehors de lui a pu s’édifier toute la Mécanique . (…) Relier entre elles d’une manière  cohérente les deux  Énergies  du corps et de l’âme : la Science a pris le parti d’ignorer provisoirement la question. Et il sera  bien commode de faire comme elle. (...) Par malheur (ou par bonheur) pris, comme nous le sommes ici, dans la logique  d’un system où le Dedans des Choses a juste autant, ou même plus de valeur que leur Dehors, nous nous heurtons de front à la difficulté. Impossible d’éviter la rencontre. Il faut avancer.[2]

La realtà profonda di ogni sostanza individuale, a tutti i livelli, è per Teilhard quindi di ordine “spirituale” e il rapporto quantitativo tra dedans spirituale e dehors materiale, cresce sempre più nel corso dell’evoluzione a favore della dimensione spirituale, superando man mano le soglie che segnano l’avvento di specie viventi più evolute, nella prima fase a carattere vegetale e poi in ordine all’avvento di quelle animali fino all’essere umano. In tal modo, Teilhard ha inteso operare l’annullamento dell’opposizione metafisica tra spirito e materia, stabilendo una continuità evolutiva  tra i vari piani del divenire. “D’un  point de vue purement scientifique et expérimental – afferma – le vrai nom d’‘Esprit’ – est ‘spiritualisation’. Prise intégralement, dans sa totalité temporelle e spatiale, la Vie représente le terme d’une ‘transformation’ de grande amplitude, au cours de la quelle ce que nous appelons ‘Matière’ (au sens plus compréhensif du mot) s’inverti, se reploie sur soi-même, s’ “interiorise”,  l’opération couvrant, en ce que nous concerne, l’histoire entière de la Terre. Le phénomène spirituel n’est donc pas  une sorte de bref éclair dans la nuit: il trahit une passage graduel et systématique de l’inconscient au conscient, et du conscient au self-conscient. C’est une ‘changement d’état’ cosmique[3].

Il processo evolutivo che coinvolge tutta la realtà creata ha comunque un asse privilegiato che porta all’avvento dell’essere umano, in quanto tale a sua volta ingaggiato in un ulteriore processo evolutivo che si istituisce come unificazione del molteplice in una prospettiva finale totalizzante, da lui indicata come Punto Omega identificato con il Cristo parusiaco che aggrega a sé l’umanità e l’intero universo. Ė nelle Sacre Scritture che Teilhard trova l’idea di una consumazione cosmica in Dio, nella quale culmina la sua visione del mondo. “Dieu, Centre de centres. Dans cette vision finale culmine le dogme chrétien. – Exactement, et si bien, le point Omega, que jamais sans doute je n’aurais osé de celui-ci envisager ou formuler rationnellement l’hypothèse si, dans ma conscience de croyant je n’en avais trouvé, non seulement le modèle spéculatif, mais la réalité vivante[4] I passi delle Sacre Scritture che, nella esegesi teilhardiana, offrono la prospettiva grandiosa del Cristo cosmico, sono numerosi. San Paolo più volte enuncia il concetto di una trasformazione finale di tutta la realtà sensibile nel senso di una interna consumazione in Cristo. Il riferimento che per Teilhard de Chardin ha maggiore pregnanza sul piano escatologico  è dato dalla I lettera ai Corinti, XV, 26-28, dove dice san Paolo: “L’ultimo nemico ad essere distrutto sarà la morte. Dio, infatti, ‘tutto ha posto sotto i piedi di lui’. Ma quando dice che tutto gli è stato assoggettato è chiaro che si deve eccettuare colui che gli ha assoggettato ogni cosa. E quando avrà assoggettato a Dio tutte le cose, allora il Figlio stesso farà atto di sottomissione a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché “Dio sia tutto in tutte le cose”, in greco En pasi panta Theòs”.

Queste ultime parole sono di assoluto rilievo, perché non solo segnano profondamente  la spiritualità di Teilhard in vita, ma anche perché rappresentano il messaggio che egli ha voluto lasciare all’umanità nell’atto della sua morte, avvenuta la mattina del giorno di Pasqua, il 10 aprile del 1955. A mano,  sentendosi morire, la mattina del giovedì santo scrisse queste ultime parole sul diario: “Jeudi-Saint – Ce que je crois. 1) Saint-Paul les trois versets En pâsi panta Theos. 2) Kosmos = Kosmogénèse – Biogénèse – Noogénèse – Christogénèse. 3) Les deux articles de mon Credo : L’Univers est centré évolutivement  en Haut / Avant – Le Christ en est le Centre – Le Christ en est le Centre : - Phénomène chrétien – Noogénèse  = Christogénèse – Paul”.[5] Il concetto di Cristogenesi è fondato da Teilhard de Chardin  sui dati della rivelazione dunque, in quel en pasi panta Theòs. “Le Christ – afferma quindi – nous le savons, s’achève  peu à peu, par la somme de nos efforts individuels, à travers les âges. De quel droit donnons-nous toujours à cette consommation une signification métaphorique, et la limitons nous exclusivement au domaine abstrait de l’action purement surnaturelle? Sans l’évolution biologique, qui a construit le cerveau, il n’y aurait pas d’âme sanctifié : ‘a pari’, sans l’évolution de la pensée collective, qui, seule, peut réaliser sur terre la pleine conscience humaine, pourrait-il y avoir un Christ consommé ? Autrement dit, sans le travail continuel de chaque cellule humaine, pour rejoindre toutes les autres, la Parousie serait-elle physiquement possible? J’en doute.”[6]

La prospettiva di una convergenza finale cosmica secondo la legge di complessità-coscienza e  una corrispondente esegesi scritturale si incontrano e si sostengono reciprocamente. Se in astratto si può anche pensare ad un esito dell’evoluzione di tipo catastrofico che culmini in una distruzione universale del mondo, così pure all’autodistruzione da parte dell’uomo, una tale prospettiva non risulta conforme al movimento cosmico reale e neppure alle parole e allo spirito  delle Sacre Scritture. “Pour un chrétien – afferma quindi Teilhard – à condition cependant que sa Christologie reconnaisse dans la consommation collective d’une Humanité terrestre non point un événement indifférent, ou même hostile, - mais une condition préalable à l’établissement final, ‘parousiaque’, du Règne de Dieu, - pour un tel chrétien, dis-je, le succès  biologique final de l’Homme sur Terre est, non seulement une probabilité, mai une certitude : puisque le Christ (et en Lui, virtuellement, le Monde) est déjà ressuscité. Cette certitude toutefois, dérivée qu’elle est d’un acte de foi, ‘surnaturel’, est d’ordre supra-phénomenal ; ce qui fait qu’en un sens elle laisse subsister dans le croyant, à leur niveau, toutes les anxiétés de la condition humaine”[7]

L’esito dell’evoluzione, dunque, nella prospettiva teilhardiana coincide con il ritorno parusiaco di Cristo che assume e soprannaturalizza l’umanità, quella in atto e quella che storicamente l’ha preceduta. La descrizione dello sviluppo storico che egli offre, mette in evidenza con chiarezza come il processo di collettivizzazione si sovrapponga alla singola persona senza annullarla nella sua identità individuale. Si tratta nell’essenza di un progressivo costituirsi di un umanesimo solidale, che culmina nella prospettiva escatologica.  L’individuo, nel corso dei secoli, con una forte accentuazione ed accelerazione nell’epoca in atto, grazie anche ai supporti tecnici che lo sviluppo della scienza ha consentito di costruire, di generazione in generazione, ha acquisito una sempre maggiore coscienza di specie, che si traduce in un’istanza crescente di solidarietà dell’umanità nel suo insieme. Rispondendo a un questionario dell’UNESCO sul concetto di democrazia, nel 1949, Teilhard chiarisce i termini e le condizioni di quello che definisce “un approccio biologico del problema”. L’ideale di giustizia al quale guarda l’umanità  può ancora essere espresso  con le idee-valori della rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fratellanza, che sono sempre state piuttosto “sentite” che “comprese”. Si tratta di tradurle in pratica riconoscendone l’interna polarizzazione verso un ideale evolutivo, che è la stessa essenza della democrazia., definibile come “senso evolutivo” o “senso della specie”. L’unità dialettica degli attributi della democrazia in una prospettiva di crescita organica, biologica dell’umanità e nel contempo spirituale, rappresenta la condizione per il superamento dell’inquietante antinomia tra democrazia “liberale”, attuata attraverso strutture intermedie di rappresentanza, e democrazia “diretta”, che si istituisce direttamente in base alla volontà popolare, senza delega a livelli istituzionali intermedi.

Teilhard indica due condizioni generali. La prima è di lasciare all’individuo un angolo massimo di libertà di orientamento. La seconda consiste nel favorire la formazione di correnti di convergenza e di organizzazioni collettive capaci di portare su un piano di promozione universale  gli sforzi personali. “Seule  en effet une puissante polarisation des volontés individuelles – afferma – après avoir guidé chaque fragment  d’Humanité vers la découverte de sa forme  particulière de liberté, peut assures la convergence et l’agencement de cette pluralité en un seul système  planétaire cohérent. Et seule, surtout, elle peut, dans l’assemblage ainsi constitué, faire régner l’atmosphère de non-coercition,  c’est – a – dire d’unanimité, en quoi finalement consiste l’ultime et fuyante essence de la Démocratie”[8]. Un “umanesimo”, in quanto centralità della specie umana nell’Universo e piena realizzazione dell’essere umano, è dunque, quello di Teilhard de Chardin, a carattere “escatologico”, che si riferisce e si realizza alla fine dei tempi in relazione a “nuovi cieli e nuova Terra” di Isaia[9] e al “Dio tutto in tutto” (en pasi, sia nel senso di tutti gli esseri umani, sia, sul piano totale, nel senso di tutto il creato)  di  san Paolo.[10] In tale prospettiva si compie la vicenda del creato, da Teilhard intesa come processo di unificazione che va dal molteplice puro, che si identifica con il “nulla creabile”, alla consumazione del creato e specificamente dell’umanità nel “Pleroma” finale. In tale prospettiva, lo sviluppo della storia umana si attuerebbe secondo un itinerario positivo, per il quale risulterebbe crescente l’armonia nelle relazioni tra i popoli. L’umanità, giunta al suo massimo grado di concentrazione, abbandonando il suo supporto planetario dovrebbe ribaltarsi sul Cristo Universale, in quanto Centro trascendente divino.

È  chiaro che tale prospettiva può sembrare del tutto paradossale, ma acquista un profondo significato nell’ordine della visione cristiana e appunto secondo le Sacre Scritture sia dell’Antico, sia del Nuovo Testamento. Osserva ancora Teilhard che  l’evoluzione e la storia stessa della Terra sono destinate a terminare quando, contemporaneamente, in base al processo evolutivo storico, l’umanità si sarà trovata nella condizione idonea di unanimità. Vivrà il momento decisivo della sua vicenda in un’esperienza che sarà di estasi, di tensione interna per il parossismo di coscienza che la caratterizzerà. Le diverse esperienze storiche dei vari popoli, sostiene Teilhard de Chardin, richiedono che modalità diverse possano essere adottate per ciascuna frazione dell’umanità. Solo una convergenza  delle volontà individuali  in ogni caso può garantire il successo dell’esito finale della vicenda umana terrena nel suo insieme. La speranza di cui Teilhard de Chardin si fa promotore nella sua concezione di un umanesimo escatologico è dunque sia di ordine soprannaturale, concernente propriamente l’assunzione dell’umanità stessa nel corpo del Cristo parusiaco, sia di ordine storico rispetto alla prospettiva ottimistica del costituirsi di una umanità solidale.  Teilhard non si limita ad affermare tale prospettiva in astratto, ma indica anche gli orientamenti che si devono promuovere affinché l’esito finale si realizzi in tutta la sua pienezza. Pur non entrando nel merito dei singoli problemi contingenti, traccia quindi le linee di fondo alle quali dovrebbe ispirarsi l’azione di chi intende promuovere  la crescita globale  della specie umana verso la liberazione da ogni forma di sopruso e di coercizione. L’opera di Teilhard de Chardin, appare così, nel suo complesso, un imponente sforzo di sintesi che, in termini credibili, si rivolge alla società contemporanea  indicando gli obiettivi da promuovere nei termini di un’umanità universalmente solidale.

Articolo pubblicato su Teilhard aujourd'hui 12 (maggio 2013) 

 

 
 

[1] Pierre Teilhard de Chardin, L’Energie Humaine, Seuil 1962, p. 127 – tr.it. L’Energia Umana, Il Saggiatore, Milano 1984.

[2] Pierre Teilhard de Chardin Le Phénomène humain , Seuil 1955, p. 59 – trad. it. Il Fenomeno Umano, Queriniana, Brescia 1995.

[3] L’energie humaine , cit., p. 121.

[4]  Ibid. p. 328

[5] Pierre Teilhard de Chardin, L’Avenir de l’homme, Seuil 1959 , pp. 404-405 – tr.it. L’Avvenire dell’uomo, Il Saggiatore 1972.

[6] L’Avenir de l’homme, cit.,pp.34 – 35.

[7]  Ibid., pp. 304-305

[8]  Ibid., p. 315.

[9] Is. 66,22

[10] I Cor. XV, 26-28. 

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