Jean-Michel Maldamé
Teilhard de Chardin ha rivestito un ruolo di grande importanza nella coscienza cristiana della metà del ventesimo secolo. Come è noto, egli non potè però svolgerlo all'interno di istituzioni ove, grazie alle sue competenze, avrebbe avuto il diritto di sedere, cosa che gli avrebbe permesso di esercitare una certa autorità di pensiero anche all'interno della Chiesa. La diffusione frammentaria e contrastata delle sue opere ha fatto di questo autore una figura per molti problematica, ed una fonte di vive discussioni. A distanza di mezzo secolo dalla sua morte, la sua opera appare oggi in una luce più serena. Senza essere per questo "teilhardiani" (cioè senza far parte dei suoi discepoli incondizionati), è oggi possibile fare un elogio dello scienziato francese, elencando qui brevemente sette punti dai quali emergeranno i tratti caratteristici, assieme anche ai limiti, della sua opera geniale.
1. L'opera di Teilhard de Chardin ha voluto rispondere ad una delle più grandi angosce del suo tempo, proveniente proprio dalla cultura scientifica. I principi della termodinamica avevano mostrato l'ineluttabile sviluppo dell'entropia nel tempo con il conseguente livellamento di tutte le cose verso un futuro cosmico indifferenziato. Si tratta di una visione generatrice di pessimismo, che può annoverarsi fra le cause del cinismo e del nichilismo caratteristici della post-modernità. Teilhard de Chardin ha superato questa prova rilevando come l'evoluzione cosmica mostri anche, nonostante tutto, un "muoversi verso" che ha condotto lo sviluppo del cosmo verso il mondo dello spirito (designato dal neologismo "noosfèra"), e come, una volta superata la soglia rappresentata dall'ominizzazione, l'avvento della coscienza sia stato e resti irreversibile. Anche se i prodotti della materia e le forme primarie di vita spariscono, l'opera dello spirito rimane. Così la comparsa dell'uomo diviene il momento decisivo dell'avventura della vita. Questo è il messaggio di speranza che ha motivato la sua ricerca e organizzato il suo pensiero. Bisogna sottolineare, a proposito di questo punto, che questa visione ricca di speranza la si può ritrovare, pienamente confermata, nel Concilio Vaticano II.
2. Per mettere in pratica un tale progetto, Teilhard de Chardin ha elaborato una filosofia della natura di stile aristotelico, in certa rottura con la visione statica propria dell'età arcaica. Anche se l'opera scientifica di Teilhard de Chardin può risultare datata, la sua intuizione di fondo trova ancor oggi un'applicazione esemplare sia in geologia, che in geografia e in paleontologia. Questa filosofia della natura non è stata invalidata. In particolare "la legge di complessità crescente" resta una chiave per comprendere la natura dei viventi, considerati come degli organismi strutturati per essere autonomi e per perdurare nell'essere. Tale filosofia della natura non ignora i risultati della scienza e in particolare la visione evolutiva del concatenamento delle specie in uno stesso albero filogenetico nel quale cui l'uomo occupa un posto decisivo.
3. La visione della natura di Teilhard de Chardin è, senza dubbio, profondamente cristiana perché egli l'ha fondata su quei testi del Nuovo Testamento di respiro e dimensione cosmici. D'altra parte Teilhard si basa sui testi in cui San Paolo riconosce la dimensione universale della redenzione (cfr. Rm 2,22-23), ma soprattutto sul passo della lettera ai Colossesi in cui è scritto che il Figlio di Dio è colui per mezzo del quale, e in vista del quale, tutte le cose sono state create (cfr. Coi 1,15-18). Quindi Teilhard riprende il testo del vangelo di Giovanni in cui Cristo dice: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» ( Gv 12,32). In questa frase, la parola "tutto" può essere estesa oltre la sola umanità. Il Cristo è colui che attrae a sé tutta la creazione, guidandone il movimento verso il suo compimento. Se Teilhard è stato rimproverato di cadere nel difetto del concordismo e, rimprovero più pertinente, di disconoscere il carattere tragico del male, è al tempo stesso evidente che la sua visione ha avuto il merito di restituire a Cristo il posto centrale che gli spetta in un orizzonte cosmico derivante anche dalle scienze. Questa lezione è stata accolta dalla Chiesa che, alla fine dell'anno liturgico celebra la solennità Gesù, Re dell'universo.
4. Per sviluppare questa grandiosa visione, che si snoda tra i testi biblici e i risultati scientifici, Teilhard de Chardin ha utilizzato un linguaggio nuovo, ricorrendo a neologismi. Spesso ha voluto collocarsi sul piano della metafora per liberarsi della visione statica, allora dominante nella filosofia della natura, di un certo spiritualismo che disprezzava i beni terreni e il mondo materiale, e di una teologia rinchiusa in un linguaggio scolastico. Questa sua scelta ha incontrato difficoltà ad essere ben compresa sia da quei teologi formati nello spirito di una metafisica classica, sia dagli autori specificamente materialisti. Sia gli uni che gli altri hanno denunciato la sua mancanza di rigore, nata dall'esigenza di voler creare qualcosa di nuovo. Il Padre Hehri de Lubac ha saputo mostrare la perfetta ortodossia del pensiero del suo confratello gesuita, che assumeva il rischio di usare un linguaggio nuovo.
5. Il ruolo di Teilhard de Chardin non può essere riduttivamente visto solo in rapporto al dialogo tra le scienze della natura e la teologia dogmatica. Egli resta un maestro spirituale. Infatti, dando alla persona umana il posto centrale nella storia del cammino della vita verso lo spirito e collocando l'amore come motore essenziale della marcia del cosmo "in avanti", Teilhard de Chardin ha saputo rendere onore alla tradizione cristiana in cui il concetto di persona gioca un ruolo essenziale. Così la sua opera si è ricongiunta con i temi fondamentali della vita spirituale. Il suo trattato, pensandoci bene, va letto come uno dei grandi testi di teologia spirituale del ventesimo secolo e ne mantiene sempre l'attualità. Il suo pensiero continua ad aiutare coloro che vogliono raggiungere Dio con tutta la ricchezza della propria umanità e nella veridicità della propria condizione, caratterizzata dalla precarietà e dal peso che la vita reca con sé. È grazie a questa dimensione spirituale che Teilhard de Chardin ha compiuto la sua missione di gesuita, maestro spirituale, purificato nel crogiolo della sofferenza. Le sue note sulla preghiera, sull'amore e sull'irradiamento del Cristo, sono sempre una fonte di nutrimento spirituale per molti fedeli, desiderosi di inserire la loro speranza verso il futuro, nella realtà della loro vita.
6. Se alla metà del ventesimo secolo, Teilhard de Chardin ha dato a molti cristiani, segnati dalla cultura scientifica, uno spazio per collegare la propria visione scientifica con la fede cristiana, il ruolo del suo pensiero sembra essere cambiato, a distanza di 50 anni. E lo è perché vi sono stati mutamenti nella sensibilità religiosa. Nei Paesi più sviluppati, assieme ai processi di secolarizzazione, assistiamo all'emergenza di una spiritualità che mescola senza discernimento le diverse tradizioni spirituali d'Oriente e d'Occidente. A motivo dell'impiego che egli fa di concetti come energia, coscienza, amore, che gli permettono di unificare la sua visione del mondo, il pensiero di Teilhard viene oggi richiamato da quelle correnti che si rifanno al New Age. Nonostante ciò, bisogna constatare che il suo senso della persona umana e della singolarità del Cristo permettono a molti dì tornare al Vangelo e di riallacciarsi ad una vita di preghiera indirizzata ad un Dio trascendente, santo e vivo. L'irradiamento della sua opera prende così una nuova strada che è molto utile nel contesto della mondializzazione. I suoi propositi sulla "noosfera" danno a coloro che gioiscono della mescolanza di culture e popoli, degli elementi per vedervi la realizzazione di quella umanità fraterna di cui il Vangelo ci ha mostrato tutta l'esigenza.
7. Infine, sul piano dell'interazione tra scienza e fede, Pierre Teiihard de Chardin resta una figura esemplare. Un certo numero di punti del suo pensiero, è vero, restano in questione e necessitano importanti chiarimenti anche di natura teologica. Se Teilhard non ha potuto conoscere gli sviluppi della scienza della seconda metà del ventesimo secolo, i suoi punti di vista non sono stati contraddetti. Un punto, però, si distacca dalla visione scientifica oggi dominante: Teilhard non ha acconsentito alla teoria "sintetica" dell'evoluzione, nella quale le mutazioni casuali continuano ad avere un ruolo determinante, perché egli teneva di più all'ortogenesi. Questo termine indica la presenza di una finalità nell'evoluzione, iscritta nel movimento della vita in tensione verso una realizzazione più alta. Qui c'è un punto decisivo di conflitto tra una visione riduttiva della natura e la visione cristiana legata alla nozione di Provvidenza. Su questo punto Teilhard, che non può essere sospettato di disprezzo di fronte alla scienza, è ripreso dai suoi discepoli che intendono opporsi al razionalismo e al positivismo. Egli ricorda a tutti le esigenze di una visione cristiana della creazione, nella quale l'uomo occupa un posto unico ed in cui tutto è orientato verso il Cristo.
Nota bio-bibliografica.
Pierre Teilhard de Chardin nasce il 1 maggio 1881 in Alvernia, sacerdote gesuita, geologo e paleontologo, dottore in scienze nel 1922, membro dell'Accademia delle Scienze, fu allontanato dall'insegnamento all'Istituto Cattolico di Parigi e inviato a Pechino, dove partecipò alla scoperta del Sinantropo. Partecipò alla "crociera gialla", prima traversata del continente eurasiatico in autovettura. Un breve soggiorno a Parigi gli diede una grande reputazione ed una grande influenza sul piano intellettuale. Fu nuovamente inviato a New York dove lavorò alla Wenner Gren Foundations for Antrhropological Research e ciò gli permise di partecipare agli scavi di Australopiteci in Africa del Sud. Morì a New York il giorno di Pasqua, 10 aprile, del 1955. Le opere scientifiche di Teilhard sono state pubblicate a Frìburgo, in Svizzera in undici volumi. Le sue opere teologiche e filosofiche sono state pubblicate a Parigi, dalle Editions du Seuil, in tredici volumi, sotto il titolo Opere di Teilhard de Chardin. Diverse opere sono state compiutamente redatte per la pubblicazione, come L'Ambiente divino (scritto negli anni 1926-1927) e Il Fenomeno umano (scritto negli anni 1938-1940). Gli altri volumi raccolgono scritti redatti con diverse intenzioni (note per i suoi superiori, per i confratelli, per gli amici, o per chiarire il suo pensiero). Altri testi meno elaborati (lettere, diari, ecc.), sono stati pubblicati in modo occasionale e frammentario da altri editori. Uno dei modi migliori per entrare nel pensiero di Teilhard è quello di leggere Scritti in tempo di guerra, il volume XII delle Opere. Queste pagine, molto ben scritte, furono composte durante la guerra 1914-1918 e contengono in potenza i grandi fondamenti delle sue prospettive spirituali ed intellettuali.
Jean-Michel Maldamé
Institute Catholique de Toulouse, France© 2005
Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede