La prima crisi della "planetizzazione" e la lezione del Covid 19. Per una pedagogia della complessità

Guy-Marie Loeuille e Jacques Printz

La prima crisi della  “planetizzazione”

e la lezione del Covid 19.

Per una pedagogia della Complessità[1]

Guy-André Loeuille è medico pediatra a Dunkerque

Jacques Printz  è Professore emerito del Conservatoire National des Arts et Métiers di Parigi

 

1. Una crisi della complessità?

La crisi aperta dalla pandemia del Covid 19, il virus di origine animale apparso nella città cinese di Wuhan, provincia di Hubei, nel novembre del 2019, si è estesa in qualche mese a tutto il pianeta[2]mettendo in difficoltà l’economia mondiale. Le sue conseguenze, secondo numerosi esperti, sono paragonabili a quelle della crisi economica del 1929, anzi forse peggiori perché il virus non ha niente a che vedere con le frontiere umane.

È  una crisi del “Tutto è collegato”, per riprendere l’espressione di papa Francesco nella Laudato si’, o per utilizzare il linguaggio di Teilhard de Chardin negli anni ‘40, una crisi della “Planetizzazione”. Ma nel linguaggio odierno, è la prima crisi della complessità,[3] una crisi sistemica mondiale che è impossibile non vedere, tanto i suoi effetti saranno devastanti.

2. Tutto è collegato

Nel Fenomeno umano, Teilhard evoca a più riprese la complessità: è una delle chiavi di comprensione della sua tesi principale sull’emergere della coscienza grazie alla dinamica irreversibile – secondo lui – di ciò che chiama “Complessità-Coscienza” o anche “Centro-Complessità”. È in un testo datato 1945-46 che egli si esprime nella maniera più precisa sulla complessità: Vita e pianeti: cosa sta avvenendo in questo momento sulla terra?

All’epoca della sua redazione, la Seconda guerra mondiale sta finendo in Europa, l’ultima offensiva della Wehrmacht nelle Ardenne è appena fallita; l’orrore dei campi di sterminio non è ancora stato scoperto, il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki avrà luogo nell’agosto 1945. Fino alla morte (1955), Teilhard non avrà nessuna idea della complessità dei genomi scritti in un linguaggio il cui alfabeto comporta 4 lettere, simboli delle sostanze chimiche che lo materializzano: adenina (A), timina (T), citosina C, guanina (G). Ossia ATCG.[4] La scala di complessità - “Tavola delle complessità” come la chiama – che egli utilizza è all’incirca l’indice di cefalizzazione, cioè la misura del cervello in rapporto al peso dell’organismo. Questa scala sarà utilizzata ancora da Jean-Pierre Changeux nel suo libro L’uomo neuronale, del 1983.  La scala di complessità, con la messa a punto dei metodi di sequenziamento dei genomi e l’aiuto di potenti computer, si sostituirà a tutte le altre a partire dagli anni 1990-2000.[5] Solo negli anni ‘30 si poté conoscere la misura di certe macromolecole che costituiscono le proteine come l’emoglobina e i suoi 68.000 atomi. La struttura tridimensionale dell’emoglobina sarà riconosciuta da Max Perutz nel 1959, con la cristallografia a raggi X, e varrà al suo scopritore il  premio Nobel nel 1962: un altro aspetto della complessità che Teilhard de Chardin non ha conosciuto, ma che aveva previsto.

Partendo infatti da considerazioni sulla complessità delle proteine afferma: “...il gioco dei grandi numeri si mescola e si confonde con il fine”, e in altri testi parlerà di “infallibilità statistica”, o anche di “legge della ricorrenza”, sempre nel contesto di grandi numeri. Il suo passato di professore di fisica al liceo del Cairo fa sì che i grandi numeri gli siano familiari, introdotti come erano dalla fisica statistica e dalla nascente teoria atomica, come il numero di Avogadro N ᴀ: secondo i calcoli di questo scienziato italiano, rivisti da Jean Perrin all’inizio del XX secolo, 18 g d’acqua, l’equivalente di un bicchierino da liquore, contengono 6,022140857(74) x 10²³, cioè 10 cifre certe più due probabili, molecole H2O formate di 2 atomi di idrogeno e un atomo di ossigeno; osserveremo tuttavia che l’incertezza è relativa a 1000 miliardi di molecole. Gli atomi sono talmente piccoli e il numero N ᴀ è talmente grande che alla nostra scala è totalmente inimmaginabile. Una vita umana espressa in secondi è all’incirca di due miliardi di secondi; nel caso di N ᴀ,  si tratta di 600.000 miliardi di miliardi: un numero impensabile, una sfida alla nostra immaginazione. Sapendo che un organismo vivente è formato di acqua per più dell’80%, ci si può fare un’idea del numero di atomi che costituiscono un corpo umano: vertiginoso.

Teilhard ha insegnato anche termodinamica, la scienza del calore e conosceva la nuova nozione di entropia, derivata da una parola greca che significa evoluzione/trasformazione, da alcuni considerata enigmatica, ma della quale Boltzmann aveva già capito la relazione con l’organizzazione. Ma tutto ciò restava espresso in modo terribilmente qualitativo.

3. Il significato dei grandi numeri

Che cosa vuole dunque significare Teilhard con quel vocabolario che doveva apparire sibillino ai suoi contemporanei, addirittura incomprensibile per quelli che lo odiavano - e lo dicevano chiaramente?

I fisici dell’epoca in cui Teilhard scrive il Fenomeno umano – il termine bio-fisico non esiste ancora – come il professor Charles-Eugène Guye[6], hanno capito che l’evoluzione è un fenomeno globale cosmico la cui portata è universale. A una tappa ben precisa dell’evoluzione compariranno degli esseri coscienti di se stessi, i primi uomini, dotati di una coscienza caratterizzata dal fatto che: “l’Uomo sa di sapere”, con una formula autoreferenziale “ricorrente” che a Teilhard piace, perché per lui è il vettore della “addittività diretta”, un’altra delle sue definizioni scioccanti.

Per Teilhard quest’emergenza è associata a un livello di complessità, caratterizzata da un indice di cefalizzazione, come abbiamo precisato all’inizio di questo articolo. Per lui, e per scienziati come Charles-Eugène Guye, è impossibile che delle strutture complesse come le proteine, e a fortiori gli esseri viventi, siano frutto del caso.

Saranno aiutati nel loro ragionamento dal grande matematico Émile Borel, una delle vette mondiali del calcolo delle probabilità, che proporrà nel suo libro, Il Caso, prima edizione 1914, la celebre metafora delle scimmie dattilografe. Egli si propone di calcolare la probabilità per un esercito di scimmie  che battano a caso su delle macchine da scrivere, di arrivare a scrivere un’opera letteraria come un romanzo di Balzac. Per il calcolo delle probabilità questa infima probabilità esiste, ma per le risorse disponibili nell’universo, non ci sono abbastanza risorse perché essa si realizzi in pratica. Borel dirà allora che bisogna interpretare tale probabilità come IMPOSSIBILE, cioè 0. A quell’epoca abbiamo una prima stima del numero di particelle atomiche che esistono nell’universo, tenuto conto delle leggi della meccanica quantistica e della relatività, un calcolo compiuto dall’astrofisico del Collège de France, Charles Magnan.

   Borel tornerà sull’argomento a più riprese e pubblicherà verso la fine della sua vita una memoria  definitiva, intitolata Les nombres inaccessibles.[7]

L’immagine qui sotto, tratta dal libro di Robert Laughlin, premio Nobel per la fisica nel 1998,  A Different Universe, capitolo 13, Principles of life, dove la didascalia dice: “Il vostro ‘casino’ di reazione chimica si è trasformato in un pollo!” avrebbe potuto riferirsi all’epoca del Fenomeno umano, perché il ragionamento sottostante non è cambiato.

 

Il vostro “casino” di reazione chimica si è trasformato in un pollo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’immagine illustra perfettamente quella che è un’impossibilità dal punto di vista del calcolo delle probabilità quando si applica a fenomeni reali e non ad astrazioni matematiche che esistono solo nel mondo matematico.

Quando Teilhard parla di “infallibilità statistica”, o anche di “effetto dei grandi numeri”, bisogna comprenderlo seguendo le categorie di Borel. Se si prende il meccanismo dell’embriogenesi, la fusione di uno spermatozoo e di un ovulo umano darà sempre, dopo nove mesi di gestazione, un neonato umano di qualche chilo di materia vivente altamente organizzata, con in media mille miliardi di cellule di materia al chilo, sapendo che un adulto è composto all’incirca da cento mila miliardi di cellule che si rigenerano continuamente, esse stesse formate da miliardi di miliardi di proteine. È questa  “l’infallibilità” statistica che opera in questi processi molto complessi.

4. La complessità del Covid 19

Con la scoperta del DNA negli anni ‘50 e i metodi di sequenziamento del genoma negli anni 2000, noi possiamo oggi misurare la complessità dei genomi guardando la loro  dimensione nell’alfabeto chimico ATCG, prima citato.

La tavola delle complessità (rivista) che Teilhard non ha conosciuto, ma che l’avrebbe fatto sorridere, ci dice quanto segue:

  • virus come quelli dell’influenza, circa 15.000 lettere
  • batteri come Escherichia coli, chiamato anche Colibacillo, un batterio che compone circa l’80% della nostra flora intestinale, 4,6 milioni di lettere
  • cellule eucariote come il lievito del fornaio che serve a fare il nostro pane, 12 milioni di lettere
  • mosche drosofile, dette moscerini dell’aceto, 118 milioni di lettere
  • mammiferi, nell’ordine del miliardo, un po’ più di tre miliardi per l’uomo: la base di dati del genoma dice esattamente 3.095.677.412; la differenza con i nostri cugini scimpanzé è di 1,23%, ma in valore assoluto è di 41,82 milioni di lettere, cioè l’equivalente di 40 libri formato corrente, non lontano dalle 10.000 pagine di testo.

 

Ciò che dobbiamo capire bene è che tutte le cellule di un organismo, in questa scala, recano l’integralità del genoma. Tutte le nostre cellule dispongono dell’integralità dell’informazione codificata in quei tre miliardi di lettere. Se ragioniamo come Borel, in termini combinatori, la prospettiva aperta da questa nuova scala cambia completamente la nostra visione. Se fra esseri umani la differenza dei genomi è di 1 su 10.000, questo apre possibilità combinatorie che riguardano 300.000 caratteri, se è 1 su 100.000 si tratta ancora di 30.000; dunque in ogni caso, numeri inaccessibili.

   In materia di controllo del vivente, il virus Covid 19 ci dà una grande lezione di modestia, perché la misura del testo dell’RNA di questo virus, dell’ordine di 30.000 lettere, è di circa 8 pagine in formato classico. Un testo che – affermano quotidianamente i nostri migliori scienziati – non riusciamo a comprendere: una “porcheria” ha persino detto il professor Delfraissy[8].  Per comprenderne la vera ragione, bisogna eseguire diversi calcoli combinatori. Prendendo quel genoma, la combinatoria della possibilità è di 4³ºººº, cioè in ordine di grandezza 10 alla 18062, da paragonare a quella del gioco di GO[9] (10170), presentata da alcuni come un campione della “intelligenza” -, tranne che non si conoscono le regole del gioco di questo virus. A questa scala, il nostro virus è di un milione di pagine, quanto ai nostri 1,23% di differenza dallo scimpanzé, è 2500 volte il genoma dell’influenza: in termini combinatori siamo di fronte a numeri inaccessibili nel senso attribuito da Borel. Questo è il nodo del problema.

D’altronde una gran parte del genoma, dell’ordine del 90%, è detto “non codificante,” cioè di cui non conosciamo le funzioni. La lezione del Covid 19 ci riporta alla nostra giusta misura. È una prova esistenziale. Per assurdo, si potrebbe dire che gli impostori hanno preso il potere o quasi, assecondati, ed è cosa triste da dire, da mass media di rara disponibilità e uomini/donne politici completamente sopraffatti. Per quanto riguarda le reti sociali drogate, l’intelligenza artificiale (IA), è piuttosto il ‘satana ex machina’, tanto i loro effetti si rivelano socialmente tossici.

L’impostura del discorso del controllo della vita, e non solo quella dei transumanisti che volevano la “morte della morte”, diventa flagrante perché ci vorranno vari secoli per comprendere la complessità del nostro genoma.

I dati riguardanti questo nuovo virus mettono in evidenza un’altra impostura, perché si può andare a rovistare in tutte le banche dati esistenti, anche con i migliori algoritmi del Big Data, non troveremo niente, perché è una cosa nuova. Non molto tempo fa, la grande rivista dell’IA, Wired, poteva intitolare  The End of Theory: The Data Deluge Makes the Scientific Methode Obsolete  a  firma di Chris Anderson, suo redattore capo, senza che ciò scandalizzasse nessuno, anzi.

Di fronte alla complessità del mondo, solo la scienza è nelle condizioni di aiutarci a navigare: è meglio evitare i ciarlatani.  Non una scienza che sta per conto suo, ma una scienza aperta come quella raccomandata ai suoi tempi da Teilhard, quella dell’enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II e quella di Laudato si’ di Francesco, a servizio della casa comune e dell’umanità.

5. Complessità delle relazioni

Nella sua analisi della complessità, Teilhard insiste molto sulle interazioni dinamiche che scolpiscono l’evoluzione, cioè lo sviluppo di un tessuto di relazioni che fanno sì che “tutto sia collegato”. Gli esseri viventi sono interdipendenti gli uni dagli altri: essi formano un’unità.[10]  Noi stessi siamo dipendenti dai batteri  che vivono in noi e che costituiscono un microbiota. Senza parlare delle proteine, delle vitamine e altre sostanze che troviamo negli alimenti e che il nostro organismo non sa fabbricare.

Teilhard ne parla in modo qualitativo, puramente descrittivo, senza fare riferimento a ciò che i matematici e i fisici sanno esprimere, diciamo a partire dallo studio più approfondito degli spazi funzionali,[11] alla fine del XIX secolo, e degli insiemi la cui teoria è stata elaborata da George Cantor. Tuttavia, Teilhard non voleva certamente esprimersi con quelle metafore che avrebbero reso ancora più confuso il suo messaggio, già abbastanza rivoluzionario, per quanto ne fosse a conoscenza. Preferiva quelle tratte dal mondo vivente, certo difficili, ma a conti fatti, più accessibili.

Le modalità di interazione del Covid 19 con il nostro organismo permettono di toccare con mano quel livello di complessità, perché si tratta delle interazioni funzionali tra due genomi di cui conosciamo le rispettive dimensioni e, in parte, le strutture. Di qui l’estrema difficoltà di ordinare questa nuova immensità e di comprendere come funzioni, perché in mancanza di un modello teorico che non esiste al giorno d’oggi, bisogna avere la pazienza di osservare e di verificare, cosa per cui occorre tempo, molto tempo.

Per fare un esempio intuitivo di ciò a cui si trovano di fronte le equipe mediche e i creatori di modelli con queste regole combinatorie, prendiamo il caso di una procedura che debba operare con un numero di operazioni precise, in un certo ordine, come le istruzioni di montaggio di un mobile IKEA. Se non si conosce quell’ordine, si deve procedere per tentativi/errori. Se le operazioni sono 2 o 3, la cosa è fattibile; se ce ne sono 10 o 15, la cosa diventa già più problematica, perché il numero dei possibili casi, detti di permutazione, diventano molto grandi. Con 10, la calcolatrice dà 3.628.800 possibilità; con 15, 1.307.674.368.800, cioè 1x2x3x....13x14x15, cioè più di 1.300 miliardi di possibilità - ma per gli appassionati del bridge bisognerebbe continuare fino a 52. Sapendo che una vita umana dura circa 2 miliardi di secondi, si capisce perché il metodo per tentativi/errori diventa presto impraticabile, poiché l’immensità di quei numeri li rende totalmente contro-intuitivi alla nostra scala.

6. Come agiscono i virus?

Sembra che voler conoscere le ragioni  di una pandemia sia una reazione umana normale: questo con il duplice obiettivo di mettersi in sicurezza e di trovare soluzioni per fronteggiarla in modo coerente. Al 15 maggio 2020, l’epidemia mondiale di Covid-19 riguardava la quasi totalità del pianeta; si contano più di 3,5 milioni di casi confermati, di cui 300.000 morti. Più di 4 miliardi di persone sono isolati. Siamo tuttavia ancora lontani dall’ultima pandemia, quella di influenza spagnola del 1918-19, quando il numero di morti ha raggiunto dai 50 ai 100 milioni di persone.[12]

6.1. Certezze e anche incertezze!

Questo evento ha suscitato in tutto il mondo una mobilitazione estremamente rapida, non appena l’epidemia è stata annunciata dal governo cinese. Si è innescata una collaborazione di un’ampiezza inedita (più di 5.000 lavori scientifici pubblicati sull’argomento) con paesi a volte reticenti a comunicare le loro attività. Molto rapidamente la struttura del virus è stata scoperta dai ricercatori cinesi e trasmessa con i mezzi di diagnostica alla comunità mondiale. Certamente Pierre Teilhard de Chardin, esempio di collaborazione e ricerca internazionale, avrebbe apprezzato.

6.2. La breve storia di un agente infettivo

È una piccolissima particella infettante, che misura dai 60 ai 200 nanometri[13], a destabilizzare così pesantemente la salute e l’economia mondiali. I virus, organismi dalla struttura molto rudimentale, sono costituiti da un acido nucleico (DNA o RNA) che rilascia l’informazione, ed è  circondato da una capside, o involucro protettore la cui struttura è essenzialmente proteica. I virus volgono a loro vantaggio il funzionamento delle cellule che infettano e riuscendo così a sopravvivere, ma soprattutto a replicarsi, o moltiplicarsi all’interno della cellula. I virus sono dei parassiti cellulari assoluti. Nel caso del Covid-19 (chiamato scientificamente SARS-Cov-2), si tratta di un virus a RNA, di un solo filamento di 31000 nucleotidi.[14] Appartiene alla classe dei coronavirus, nome dato loro per  l’aspetto a corona, rivelato al microscopio elettronico: infatti il loro involucro esterno è coperto di protuberanza proteiche di 20nm che permettono loro di fissarsi alle pareti delle cellule e di proliferare nella parte interna della membrana cellulare: la loro conformazione e i legami elettrochimici dei composti fanno sì che essi si incastrino sulle pareti come una chiave magnetizzata in una serratura. Si fissano con affinità sui recettori ACE2[15] e senz’altro al livello dei recettori nicotinici. La loro conoscenza è relativamente recente (anni ‘60), essenzialmente in medicina veterinaria (si conoscono circa 25 specie di coronavirus nei mammiferi e negli uccelli). Gli esperti hanno contato 3000 sequenze genomiche diverse nelle banche dati. Tra i sei ritrovati nell’uomo, quattro sono noti perché provocano gastro-enteriti, raffreddori, laringiti e persino bronchiti o più raramente infezioni polmonari. I coronavirus hanno un potenziale mutageno e una capacità ricombinatoria elevati (nel Covid-19 sono state scoperte più di 100 mutazioni dall’inizio dell’epidemia). Come vedremo, il coronavirus ospitato dai pipistrelli dello Yunan per mutazioni successive ha infettato l’uomo attraverso un ospite intermedio: il Covid-19 ha un genoma al 96% identico a quel chirottero, cioè una differenza di 1200 lettere. Quelle modificazioni genetiche, poi strutturali a livello degli speroni, hanno contribuito ad accrescere la sua contagiosità, ma fortunatamente senza raggiungere il grado di severità della SARS (sindrome di mortalità globale). Come succede spesso, la malattia virale ha un tropismo singolare per un organo: in questo caso l’apparato respiratorio, ma colpisce spesso altri bersagli, come  il tubo digerente, la pelle, l’apparato cardio-vascolare e il sistema nervoso centrale. Il virus si ritrova anche nelle secrezioni del respiro, le sole in cui resta in modo prolungato, nelle urine e persino nel sistema nervoso. La sua gravità dipende dalla reazione infiammatoria sproporzionata (detta tempesta citochimica) del sistema immunitario, origine di disordini nella coagulazione sanguigna con embolie e debolezza multiviscerale, specialmente nelle persone anziane o portatrici di fattori di rischio. La diagnosi è facile con il test RT- PCR nasale o orofaringeo (amplificazione dell’RNA virale) e con un test sierologico che ricerchi gli anticorpi specifici del Covid-19.

6.3. Perché questa pandemia?

Come l’Aids negli anni ‘80, la SARS e l’influenza aviaria nel 2003, la MERS (sindrome respiratoria del Medio-Oriente) nel 2012, la febbre di Ebola nel 2014-2015, il Covid-19 è una zoonosi.[16] Questo tipo di malattie infettive sono sempre più prevalenti. Il serbatoio è essenzialmente la fauna selvatica, in particolare le varie specie di pipistrelli (20% dei mammiferi) che ospitano un gran numero di questi virus emergenti. Il contatto ravvicinato fra animali selvatici e specie domestiche o vicine all’uomo permette il passaggio. Questi ospiti intermedi sono le scimmie per l’AIDS, la civetta per la SARS, il cammello per la MERS, la scimmia e i roditori per l’Ebola, i volatili per l’influenza aviaria, il pangolino per il Covid-19. La vicinanza sempre più stretta, soprattutto in zone tropicali ricche di biodiversità, fra l’uomo e la fauna selvatica svolge un ruolo importante: in 25 anni la superficie boschiva per abitante è stata dimezzata, accentuando la densità animale e il rischio di trasmissione. Il virus utilizza specie generaliste come “ponte” per mutare e infettare l’uomo. La concentrazione degli animali negli allevamenti intensivi ha le stesse conseguenze (influenza aviaria). La facilità dei viaggi attraverso il pianeta (quelli in aereo si sono moltiplicati per 7 in 40 anni) e la crescita della popolazione da 4 a 7 miliardi nello stesso arco di tempo, aggiunto al fatto che un abitante su 8, specialmente nei paesi tropicali, vive nelle bidonville (igiene precaria), sono altrettanti fattori di diffusione mondiale. Le nostre scelte economiche e politiche avrebbero quindi un impatto determinante!

Con solidi argomenti di studio strutturale del genoma, l’ipotesi di una manipolazione volontaria del virus in laboratorio è scartata da un consorzio internazionale sotto l’egida del INH americano. Per quanto appaia complessa la sua coltivazione, resta la possibilità di una fuga accidentale del virus da un laboratorio di Wuhan, cosa che sembra tuttavia poco probabile.

Resta un certo numero di domande: quali sono i rischi potenziali di una nuova pandemia, sapendo che i mammiferi ospitano più di 300.000 virus? L’immunità acquisita con l’infezione è perenne (i virus scatenano essenzialmente reazioni cellulari: i linfociti killer, gli anticorpi sono più accessori)? E, in correlazione, che efficacia vaccinale si può sperare? Si può anche pensare che le mutazioni osservate nel genoma potrebbero spiegare la gravità maggiore della malattia, riscontrata in alcune regioni.

6.4. Piste per fronteggiare la pandemia

Il vaccino è il rimedio per far sparire la malattia. I primi tentativi vaccinali (PICOVACC) sperimentati sulle scimmie da un’équipe cinese sono promettenti, ma devono essere confermati in modo più esteso, specialmente sull’uomo. Ma quanto durerà la protezione così acquisita? Le considerazioni sulla complessità sopra accennate mostrano le difficoltà di una simile ricerca. Dobbiamo stare attenti e ascoltare gli allarmi degli specialisti che nel 2008, poi nel 2013[17] ci mettevano in guardia dai rischi di pandemie, in particolare da coronavirus.

Soprattutto, e ne dipende il nostro avvenire, solo decisioni responsabili potranno contrastare i rischi: scegliere uno stile di vita più sobrio, modificare i nostri modelli di produzione agricola e di allevamento, favorire le filiere corte e perseguire una collaborazione internazionale, cioè organizzare la complessità.

Questi orientamenti sono in perfetto accordo col pensiero di Teilhard de Chardin che ricordava il nostro stretto legame con la natura e il cosmo, per lui un continuum che chiamava Spirito-Materia e la necessità di una gestione responsabile del pianeta.[18]

7. La salvezza per mezzo della scienza

È questa un’espressione che troviamo nel Diario di Teilhard, disponibile presso la Fondation. Non si tratta di una scienza irresponsabile che funzionerebbe per se stessa o, peggio, al servizio dell’ “1% dei più ricchi”, ma di quella che egli ha invocato lungo tutta la sua vita, in unione con le verità metafisiche e mistiche, espresse in modo magistrale nell’opera La mia fede, testo del 1948, Vol. X delle Opere Complete.

Nel capitolo V della Laudato si’, papa Francesco si esprime in questi termini (§199): “Non si può sostenere che le scienze empiriche spieghino completamente la vita, l’intima essenza di tutte le creature e l’insieme della realtà. Questo vorrebbe dire superare indebitamente i loro limitati confini metodologici. Se si riflette con questo quadro ristretto, spariscono la sensibilità estetica, la poesia, e persino la capacità della ragione di cogliere il senso e la finalità delle cose”

Quando hanno delle buone basi, i modelli scientifici permettono di prevedere ciò che accade. Essi sono deterministi, altrimenti sarebbe pericoloso prendere l’aereo o utilizzare uno smartphone; ma non spiegano quello che veramente succede. I modelli economici non sono mai stati capaci di prevedere la minima crisi economica; quanto alla biologia, tutto, o quasi tutto, resta da fare, come dimostra il Covid-19.

Di fronte alla valanga di problemi che ci troveremo a fronteggiare in questa prima crisi della globalizzazione, la scienza che dà la salvezza è più che mai all’ordine del giorno, -  ma un scienza modesta, consapevole dei suoi limiti, una scienza al servizio dell’umano, così come la raccomandavano Teilhard de Chardin e i papi del dopo Concilio Vaticano II.

 

 

 

Traduzione dal francese di Donatella Coppi

 
 

[1] Articolo tratto dalla rivista Noosphère, n. 10, Juillet 2020

[2] La giurista Mireille Delmart-Marty, professoressa onoraria del College de France, suggerisce di costruire una “pedagogia della complessità” a partire da questa crisi; vedi il suo libro Sortire du pot au noir. L’humanisme juridique comme boussole, Buchet-Chastel, Paris 2019. Il titolo potrebbe essere tradotto come “Uscire dal pasticcio

[3] Conferenza tenuta all'ambasciata di Francia a Pechino, il 10 marzo 1945; pubblicata in Études nel 1946 e inclusa nel  5° volume delle Opere Complete, L'avvenire dell'uomo.

[4] Vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Codice_genetico. L’alfabeto dell’ARN differisce in una lettera: la T diventa U

[5] Vedi il volume, sfortunatamente non tradotto, The Majors Transitions in Evolution, di John Maynard Smith, Eörs Szathmáry, Oxford University Press 1995 e 2010.

[6] Vedi la recensione dei suoi lavori in L'évolution physico-chimique, Herman, 1942

[7] Charles-Eugène Borel, Les nombres inaccessibles, Gauthier-Villars, Paris 1952

[8] Presiede il Comitato consultivo nazionale di etica dal 2016; è stato nominato Presidente del Consiglio scientifico Covid 19 nel marzo del 2020.

[9] Complesso gioco strategico di origine cinese. Vedi  https://it.wikipedia.org/wiki/Go_(gioco)  (n.d.t.)

[10] Vedi il libro di Marc-André Selosse (docente presso il Musée National d’Histoire Naturelle) Jamais seul, Actes Sud, Arles 2017

[11] La prima edizione del libro di Émile Borel, Leçons sur la théorie des fonctions, è del 1898.

[12] Le cifre riportate dagli autori sono state ampiamente superate: nel dicembre 2021 si sono toccati i 274 milioni di casi nel mondo (n.d.t.)

[13] Abbreviato in nm o miliardesimo di metro, da confrontare con la misura dell'atomo: 0,1 nm e alle incisioni dei chip dei nostri computer, di 10-12 nm.

[14] Nucleotide : elemento di base che serve al codice genetico, in numero di 4, cioè ATCG, per il DNA e AUCG per l'RNA. Sono raggruppati in codoni di 3 lettere per identificare l'acido amminico da utilizzare per la sintesi delle proteine.

[15] Questi recettori ACE2 svolgono un ruolo nella tonicità dei vasi sanguigni.

[16] Zoonosi: malattia trasmessa all'uomo dagli animali.

[17] Vedi per esempio Astrid Vabret, virologa CHU di Caen e David Quammen, scrittore e scienziato inglese.

[18] Vedi in particolare i testi del 1945: “Vita e Pianeti. Che cosa sta avvenendo in questo momento sulla Terra?” e “Un grande avvenimento si delinea: la Planetizzazione umana”, già citato.

 

Articolo apparso sul numero 37 di Teilhard aujourd'hui (ottobre 2021)

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