Dopo la coscientizzazione l'amorizzazione dell'umanità. Percorso teilhardiano per salvare il mondo

Carlo Molari

 

La fede di Teilhard, la priorità dello Spirito e la Amorizzazione del mondo[1]

 

La scienza non è in grado di descrivere il traguardo del processo evolutivo: conosce il passato ma non può prevedere il futuro. Può tuttavia indicare la direzione del cammino verso il futuro almeno in termini generici. Teilhard de Chardin ha avuto una particolare capacità di sguardo verso il futuro.

Una delle intuizioni più luminose riguarda la funzione dello Spirito nel processo evolutivo. Essa rappresenta una delle conversioni intellettuali vissute nella sua lunga esperienza di scienziato credente. A questo proposito Teilhard stesso afferma: “nel mio caso particolare, la ‘conversione’ è avvenuta attraverso lo studio del ‘fatto umano’”[2]. Egli parla di “un felice esito” concretizzato “in una ‘fede nello Spirito’”, uno “Spirito che nasce in seno alla Materia ed in funzione di essa[3]. La convinzione che riassume il traguardo della conversione, è espressa in modo molto chiaro: “Un’evoluzione in base di Materia non salva l’Uomo, giacché il cumulo di tutti i determinismi non saprebbe generare la minima ombra di libertà. Invece un’evoluzione a base di Spirito conserva tutte le leggi reperite dalla Fisica, pur conducendo direttamente al Pensiero” [4].

Vorrei mostrare che la conversione allo Spirito consiste nello sviluppo di una intuizione profonda, di un’esperienza mistica, che con il tempo ha fatto fiorire tutte le sue implicazioni. Si tratta, come lo stesso Teilhard scrive nel titoletto della introduzione, di una “evoluzione della fede”[5].

L’esergo dell’opuscolo, spunto di queste riflessioni, riassume bene le tappe del cammino: “Credo che l’Universo sia un’evoluzione. Credo che l’evoluzione vada verso lo Spirito. Credo che lo Spirito, (nell’Uomo)[6], si compia in un qualche Personale. Credo che il Personale supremo sia il Cristo-Universale”.

Ogni periodo di questa dichiarazione inizia con la parola ‘credo’. Per seguire il cammino nelle sue tappe principali, è opportuno ricordare cosa significa ‘credere’ in questo contesto e quali sono le tappe del cammino di fede.

 

1. Credere

Per Teilhard credere significa esercitare una fede e, volendo in questo opuscolo rimanere “nel piano strettamente psicologico”,  “con la parola “fede” egli intende, come spesso nei suoi scritti, “ogni adesione del nostro intelletto ad una prospettiva generale dell’universo”[7]. Per questo precisa: “La nota essenziale dell’atto di fede psicologico è, secondo me, percepire come possibile ed accettare come più probabile una conclusione che, per ampiezza spaziale o per lontananza temporale, travalichi ogni premessa analitica. Credere è operare una sintesi intellettuale”. Teilhard, quindi, non intende riferirsi immediatamente alla fede teologale: alla fiducia in Dio, come creatore e rivelatore, bensì ad una visione del mondo.

Certo la visione del mondo che egli costruisce e propone per coloro che hanno le sue stesse prospettive, implica anche l’abbandono fiducioso in Dio, che si sviluppa nell’ambito spirituale della persona, ma che si radica, come vedremo, in una fiducia primordiale nell’Uomo e nel Mondo.

Anche se Teilhard dichiara di non voler tracciare un’apologetica generale, ma di voler solo “raccontare gli sviluppi di una esperienza personale”[8], di fatto però traccia una strada per giungere a cogliere il senso della fede in Dio. La ragione di questa possibilità è espressa chiaramente: “È attraverso ciò che abbiamo di più incomunicabilmente personale che giungiamo all’Universale”[9]. Egli spera quindi che la sua esposizione possa essere utile a molti perché “l’Uomo è essenzialmente lo stesso in tutti; e basta scendere abbastanza profondamente in se stessi per scoprire un fondo comune di aspirazioni e di luci”[10].

In una breve riflessione presentata a Versailles il 20 agosto 1947, nel corso di una settimana di studi per i Gesuiti, Teilhard sosteneva che “il lavoro dell’apologeta moderno… deve essere lo sforzo di riflessione intellettuale che stabilisca che le due Fedi in questione (Fede in Dio e Fede nell’Uomo), lungi dall’opporsi tra di loro, rappresentano al contrario le due componenti essenziali di una completa mistica umano-cristiana. Non c’è fede cristiana realmente viva, se essa non raggiunge e non solleva, nel suo movimento ascensionale, la totalità del suo dinamismo spirituale umano (la totalità dell’anima naturaliter christiana) e non c’è fede nell’Uomo psicologicamente possibile, se l’avvenire evolutivo del mondo non raggiunge, nel trascendente, un qualche fuoco di personalizzazione irreversibile”[11]. Teilhard in quella circostanza “a proposito della conciliabilità delle ‘due fedi’” esprimeva la convinzione che “nello spazio di una generazione il Pensiero cristiano, approfondendo, sotto la pressione del Pensiero profano, le nozioni di Partecipazione e di Incarnazione, è quasi arrivato in questo momento, a trovare un accordo. .. E non è certo eccessiva l’importanza che si dà a questo primo successo”[12].

 

1. 1. Due aspetti della fede teologale

Questo modo di intendere la fede, pur essendo comune e diffuso, non è teologicamente completo perché riduce la fede all’aspetto dottrinale che più esattamente è chiamato credenza. Questo però era il linguaggio corrente lo è ancora per molti in ambito teologico cattolico. In questo senso si parla anche di fede politica o di fede filosofica.

Solo con il Vaticano II la chiesa cattolica ha puntualizzato meglio il concetto di fede come l’atto di abbandono fiducioso in Dio “prestando l’ossequio dell’intelletto e della volontà e acconsentendo  liberamente alla rivelazione data da Lui”[13].

Fiducia e credenza costituiscono appunto i due aspetti della fede teologale dove però la fiducia è l’esperienza da cui fiorisce come fondamento la dottrina. D’altra parte la fede è indotta da una testimonianza e la testimonianza vale solo nella misura in cui il testimone è degno di fiducia cioè è credibile.

Anche secondo i linguisti in origine l’elemento primario espresso dalla costellazione dei termini connessi alla fede era la fiducia per cui anche il termine credere era riferito a dinamiche di fiducia, che consentiva di accogliere determinate dottrine per l’autorevolezza del proponente.

Il teologo gesuita Christoph Theobald ricorda che “il linguista Émile Benveniste ha dimostrato che l’esatta corrispondenza formale del termine latino ‘credo’ e della parola sanscrita srad-dha (o kred-dhe) documenta una provenienza molto antica: l’esame degli impieghi di shrad-dha nel Rig Veda (1200-200 a. c.) fa scegliere per questa parola il significato di «atto di fiducia (in un dio) che implica la restituzione (sotto forma di favore divino accordato al fedele)»;  lo stesso kred indoeuropeo si ritrova più avanti, laicizzato, nei termini latini credo e credentia: “affidare una cosa con la certezza di recuperarla”. Questa laicizzazione del termine religioso, sottolineata da Benveniste, attira la nostra attenzione sul radicamento antropologico, cioè su un tipo di relazione stabilita prima tra gli uomini e i loro dèi e poi trasformata nel legame sociale tra gli uomini; come se la vita in società, segnata dalla fondamentale vulnerabilità dell’essere umano, sia impossibile senza una confidenza originale”[14].

Il radicamento antropologico di cui parla Theobald potrebbe essere sviluppato anche nel senso inverso, dato che lo stesso uso religioso può essere interpretato come l’ampliamento di quella fiducia radicale, che l’amore degli altri suscita in noi, quando iniziamo il cammino della vita. In questo senso si può capire anche l’osservazione, che successivamente sviluppa Theobald circa i riti di iniziazione di molte culture primitive, che costituiscono come una “seconda nascita” e richiedono un atto di coraggio per mostrare la propria capacità di suscitare fiducia, il proprio credito.[15]

 

2. Un’esperienza fondante: l’appartenenza al Tutto

Teilhard, però, anche quando parla di fede nel senso di sintesi intellettuale, ha sempre un occhio rivolto ad una particolare esperienza fondante e al diffuso senso cosmico del Tutto, spesso evocati. Negli stessi verbi utilizzati suggerisce l’atteggiamento vitale coinvolto: tutto nasceva di là come sviluppo omogeneo. La sintesi intellettuale è sostenuta e alimentata dall’esperienza di un’armonia cosmica. La ragione della fiducia risiede nell’esperienza di un’armonia cosmica. Il cammino successivo non avrebbe richiesto la riduzione di quel sentimento, ma ne avrebbe prodotto l’ampliamento con la scoperta di un senso che riguardava l’armonia del Tutto, per sfociare nella “somma felicità di trovarsi un giorno di fronte a un universo unificato”[16]. Teilhard descrive in modo molto chiaro il cambiamento che lui stesso ha vissuto, una conversione, come lui stesso la chiama, un processo spirituale.

Teilhard descrive la prima di quelle che egli stesso ha definito nel titoletto della prima parte: “le tappe individuali della mia fede”[17]. Il primo oggetto della fede è il Mondo. “Il Mondo (il valore, l’infallibilità e la bontà del Mondo), ecco in ultima analisi, la prima, e l’ultima cosa in cui io creda. È di questa fede che vivo. Ed è a questa fede che, io lo sento, all’ora della morte, oltre tutti i dubbi, io m’abbandonerò[18]. Il cammino inizia perciò con un miraggio, che contiene però un nucleo solido di fiducia che resisterà oltre ogni delusione e oltre ogni sconfitta.

In questo atteggiamento non si esprime solo un dato intellettuale, una dottrina che acquieta, bensì anche una fiducia vitale, “un senso particolarmente vivo delle interdipendenze universali”[19], per cui “ci si sente avvolti dalla rete dei legami cosmici”[20], un “senso cosmico”[21] di appartenenza, un’attesa fiduciosa delle sorprese e della bontà del mondo!

La formula “mi abbandonerò” suggerisce l’idea di fiducia senza riserve. Come se un adulto dicesse che nella sua infanzia i genitori erano tutto, per cui anche se crollava il mondo, gli sarebbe bastato avere i genitori accanto a lui, per restare serenamente in attesa. Avrebbe poi scoperto nel procedere della storia che i genitori non bastavano a tutto. Ma allora l’orizzonte della fiducia si sarebbe ampliato e avrebbe trovato altre ragioni per la sua consistenza. Il nuovo stadio raggiunto sarebbe stato lo sviluppo di quella fiducia radicale. Essa era ben fondata: tutto nasceva di là come sviluppo omogeneo.[22]

Il senso cosmico segna l’avvio di tutti i tragitti, ma è ancora generico: “Il Mondo costituisce  un Tutto… È essenziale notare che, a questo stato nascente, l’idea del Tutto rimane in me molto vaga, ed apparentemente indeterminata. Si tratta di una totalità statica oppure dinamica? Materiale o spirituale? Progressiva nel suo moto, ovvero periodica o circolare? Non me ne occupo ancora. Semplicemente, riscoprendo l’insieme correlato degli esseri e dei fenomeni, intravedo o presento una Realtà globale la cui condizione sta nell’essere più necessaria, più consistente, più ricca, più sicura quanto alle sue vie, di una qualsiasi cosa particolare che essa avvolge. In altri termini, ai miei occhi non vi sono più delle cose, nel Mondo, ma soltanto degli ‘elementi’”[23].

Teilhard parla della “diretta evidenza di una qualche luce”, “di una intuizione primordiale che mi sembra sorreggere l’intero edificio del mio credere”[24]. Proprio l’indeterminazione e la genericità dell’esperienza, la rende aperta agli sviluppi successivi e le conferisce il carattere fondante. Teilhard può scrivere: “Se a seguito di qualche capovolgimento interiore, io dovessi perdere successivamente la fede in Cristo, la fede in un Dio personale, la fede nello Spirito, a me sembra che io continuerei invincibilmente a credere nel Mondo [25].

Questa prima tappa si trova descritta con simboli e linguaggi diversi in molte spiritualità umane (forse tutte) anche quelle atee.

Marco Vannini, ad es., commentando Meister Eckart scrive: “Il riconoscimento del legame appropriativo conduce… alla soppressione di ogni dualismo, e così al riconoscimento estetico-estatico della bontà e della bellezza del Tutto, che è Uno e divino. Non si tratta qui di panteismo, in cui il divino si perde, per così dire nelle cose, ma del contrario. Rudolf Otto parla giustamente di teopantismo, nel quale le cose passano dalla finitezza nel divino, che non è affatto esaurito da essa”[26]. Ma poi aggiunge: “Non c’entra qui Dio, almeno nel senso comune del termine, e non occorre perciò scomodare autori ‘religiosi’: basti pensare ancora a Nietzsche”[27].

In un primo tempo, Teilhard sembra considerare questo tipo di esperienza discriminante due tipi diversi di persone: “sotto differenziazioni secondarie dovute alla diversità delle preoccupazioni sociali, delle ricerche scientifiche o delle confessioni religiose, esistono due categorie di spiriti, e soltanto due: gli uni che non superano (né sentono il bisogno di superare) la percezione del Molteplice… e gli altri, per i quali la percezione di questo stesso molteplice sfocia necessariamente in una qualche unità. I pluralisti e i monisti. Coloro che non vedono e coloro che vedono. Quelle due tendenze opposte sono forse congenite in coloro che ne sono sollecitati e, di conseguenza, irreformabili? E, di una di esse, si ha forse il diritto di dire che è ‘quella valida’? È qui, in germe, tutto il problema del valore assoluto della fede, e della possibilità della conversione”[28].

Successivamente corregge la valutazione. Si dice “indotto a pensare che l’Uomo possegga, per la sua stessa condizione di ‘essere nel Mondo’, un senso specifico che gli rivela, in un modo più o meno confuso, il Tutto del quale fa parte”[29]. Per cui sostiene che “a titolo individuale, il ‘senso del Tutto’ può essere atrofizzato o addormentato”. Anzi giunge a dire: “la materia sfuggirebbe piuttosto alla legge di gravità, che non un’Anima alla Presenza dell’Universo. Per lo stesso fatto d’essere uomini, persino i pluralisti potrebbero ‘vedere’: sono soltanto dei monisti che non sanno d’esserlo”[30].

 

3. Il miraggio dissolto: solo lo Spirito rimane

Questa in ogni caso è solo la prima tappa del cammino di fede. Teilhard riconosce che il fascino esercitato da questa prima esperienza, sembra aver indotto in lui l’illusione di un traguardo definitivo:  “Anch’io, forse più di qualunque altro, ho dapprima situato segretamente, nella massa dei corpi, la posizione di equilibrio ed il principio di consistenza dell’Universo”[31]. Le tappe del cammino però condurranno a capovolgere la prospettiva, perché alla fine del percorso solo lo Spirito rimane, ma la fiducia che guida il processo si radica in quella prima esperienza della solidità del Tutto: “Così finisce di dissiparsi ai miei occhi il miraggio della Materia” [32].

Egli individua con precisione i momenti di svolta sotto la spinta degli eventi: “poco per volta, sotto la pressione dei fatti, ho visto i valori capovolgersi”. Il principio che regge la conversione è che “Il Mondo non è retto ‘dal basso’, ma ‘dall’alto’. Lo Spirito che si rivela alla fine è la ragione dell’inizio e la forza di tutto il processo. La conclusione descrive il cambiamento realizzato lungo il cammino attraverso tappe che si presentavano necessarie, ma nello stesso tempo provvisorie: “In apparenza, nulla è maggiormente instabile delle sintesi costruite via, via dalla Vita. Eppure è nella direzione di quegli edifici fragili, che l’Evoluzione avanza per non recedere mai”[33].

Una volta colta la sua dinamica evolutiva, il primo dato che emerge è la priorità dello Spirito. Non solo geneticamente, ma anche tensionalmente. Lo Spirito è principio motore, ma anche principio attrattore. La conclusione è “Quando tutto il resto sarà sparito, essendosi concentrato o dissipato, rimarrà solo lo Spirito”[34].

Questa è la ragione per cui, nonostante la consapevolezza della marginalità della terra rispetto all’immensità dell’universo e la precarietà aleatoria della sua condizione terrena, l’uomo si trova ad essere al vertice del processo evolutivo: la forza creatrice in lui riesce a far fiorire lo Spirito, o, detto altrimenti, lo Spirito nell’uomo è in grado di assumere una forma definitiva.

Osserva questo proposito il gesuita olandese Pieter Smulders: “il capovolgimento di prospettiva e la nuova visione dell’uomo, erano per Teilhard, in prima istanza, una specie di fede, un’opzione, con cui voleva nuovamente pronunziarsi per il primato della coscienza, del pensiero, della libertà e dello spirito. E tutto questo, nonostante le apparenze contrarie, secondo cui la grandezza del mondo e l’onnipresenza della materia sembravano ridurre l’uomo a niente… Ma la forza particolare di Teilhard consiste nel dimostrare che questa fede è obiettivamente giustificata dalle scienze naturali. In un primo momento poteva sembrare che l’evoluzione rendesse l’uomo più piccolo, riducendolo a un prodotto della vita animale e delle forze primitive della natura, ma se consideriamo l’evoluzione nella sua totalità, l’uomo appare come “la cuspide d’un Universo simultaneamente in via di ‘complessificazione’ materiale e d’interiorizzazione psichica sempre accelerate”[35].

 

4. Cristo universale e l’amorizzazione del mondo

Nella prospettiva evolutiva della storia e del cosmo la nascita e l’esistenza di Gesù rappresentano una decisiva vittoria dell’Amore sull’odio, del Bene sul male, della Vita sulla morte. Come è accaduto anche per altri testimoni di Dio nel mondo e come quasi certamente sta accadendo anche in altri ambiti della nostra galassia e dell’universo, l’energia potente del Creatore si rivela attraverso le creature come fonte di Vita e si esprime nella forza dell’amore.

Nella lunga avventura della specie umana sulla terra che ha visto numerosi protagonisti, possiamo certamente dire che con Gesù è iniziata una fase nuova dell’evoluzione. I suoi discepoli nella storia sono la verifica della efficacia del suo Vangelo e nello stesso tempo costituiscono i segni del Regno di Dio che viene, cioè delle qualità umane necessarie per la continuità del cammino.

Gesù non scende dal cielo ma nasce dalla terra, non è Dio che si nasconde in un uomo e neppure un uomo che diventa Dio. Gesù è un fiore umano che Dio finalmente riesce a far sbocciare sulla terra attraverso la fedeltà di un piccolo resto d’Israele e che raggiunge in Lui una qualità tale di amore, da segnare l’inizio di una nuova fase della storia umana. È stato Dio infatti a suscitare una qualità nuova di amore attraverso la fedeltà accogliente di una comunità umana, in cui è sorto ed è cresciuto fino alla pienezza Gesù Cristo. L’inizio esprime la pienezza della fonte e realizza l’irruzione di una forza inedita, che continua ad inondare il mondo.[36]

In questa prospettiva il processo della incarnazione, che ha raggiunto in Gesù un vertice sublime, continua ancora nella storia. Tutto questo però accade solo quando creature umane sono in grado di accogliere e di tradurre in forme concrete e storiche, lo stesso Amore che si è espresso nell’evento di Cristo.

Teilhard de Chardin, dati i modelli teologici a cui era stato educato, non è stato in grado di tradurre in modo sempre corretto la funzione salvifica di Cristo, di cui viveva con fede l’intensa esperienza. Ha colto però i dati fondamentali e li ha inseriti in una visione coerente del Mondo. Per questo negli ultimi anni della sua esistenza per esprimere la missione della Chiesa ha inventato le espressioni “amorizzare l’evoluzione” e “amorizzare il mondo”. La devozione del Cuore di Gesù, in grande espansione in quegli anni, gli è stata di guida. Il senso della formula “amorizzare il mondo” esprime tutto il suo significato, solo nel quadro di una cristologia evolutiva.

Il verbo amorizzare e i derivati non sono molto eleganti, ma sono densi di risonanze. Teilhard ha cominciato ad utilizzarli nel 1946 e si trovano più volte negli ultimi scritti.

Occorre però ricordare che fin dai primi scritti Egli considera l’amore cristiano, come la forza più elevata dell’evoluzione, il principio totalizzante dell’energia umana.

Già nell’Ambiente divino, ad esempio (dei primi anni 30) scriveva “A quale potenza spetta far esplodere le nicchie entro cui i nostri microcosmi individuali tendono a isolarsi gelosamente e a vegetare? A quale forza è dato il potere di fondere ed esaltare le nostre irradiazioni parziali nell’irradiazione principale del Cristo? Alla Carità, principio ed effetto di ogni legame spirituale. La carità cristiana, così solennemente predicata dal Vangelo, non è altro che la coesione più o meno cosciente delle anime, generata dalla loro comune convergenza in Christo Jesu… Un’immensa potenza spirituale sonnecchia nel cuore della nostra moltitudine e si manifesterà soltanto quando sapremo abbattere le paratie dei nostri egoismi ed elevarci, con una fondamentale rifusione delle nostre prospettive, sino alla visione abituale ed effettiva delle realtà universali. Gesù salvatore dell’attività umana, alla quale fornisci un motivo per agire, Salvatore della sofferenza umana, alla quale conferisci un valore vitale, sii la salvezza dell’unità umana, costringendoci ad abbandonare le nostre grettezze ed ad avventurarci, appoggiati a te, sull’oceano ignoto della Carità”[37].

In conclusione di un saggio successivo sulla Energia umana Teilhard, dopo lo sviluppo della biosfera e della noosfera, azzardava ipotizzare “l’apparizione della ‘Teosfera’”[38], attraverso lo sviluppo della forma cristiana dell’amore. Teilhard osserva che “l’apparizione, nell’uomo dell’amore di Dio inteso nella pienezza che gli conferiamo qui, non rappresenta un semplice accidente sporadico, ma si presenta come il prodotto regolare di una lunga evoluzione”[39].

Per esprimere questo processo appena all’inizio egli utilizza il termine amorizzazione della evoluzione o del mondo e il verbo amorizzare.

Per la prima volta Teilhard usa il termine “amorizzazione” in un breve articolo Cattolicesimo e scienza pubblicato nell’agosto 1946 nella rivista francese Esprit[40].  Egli vi descrive la differenza tra lo spirito faustiano (che pone il segreto del successo nelle semplici forze umane) e quello cristiano (“teso verso l’unione a un Dio che ci sostiene e ci attira attraverso tutte le potenze del Mondo in evoluzione”). Egli è convinto che solo una visione ‘cristica’ del Mondo “è atta a fornire all’impegno umano due elementi, senza i quali la nostra azione non potrebbe spingere fino in fondo la sua marcia in avanti”. Essi  sono la valorizzazione e l’amorizzazione. Teilhard spiega: “Dapprima una garanzia divina che, malgrado ogni morte, il frutto del nostro lavoro è irreversibile e non si può perdere. Poi l’attrazione di un Oggetto capace di sprigionare dal fondo delle nostre anime, perché di natura super-personale, le forze di amore, al confronto delle quali impallidiscono e non sono niente le altre forme di energia spirituale”[41]. Per questo egli pensa che il cristianesimo quale “monoteismo sempre più cristificato, sarà sempre lì (anche se tutto il resto dovesse cambiare) per aerare il mondo ed amorizzare l’Evoluzione[42].

Nello stesso anno il termine è utilizzato per distinguere “lo Spirito di identificazione e lo Spirito di unificazione; o, se si preferisce, lo Spirito di fusione e lo Spirito di amorizzazione[43].

In questo volume è pubblicato anche un opuscolo del 1954 dove Teilhard scrive: “In seno a questo potente effluvio, è facile vedere che (...) l’Universo, (considerato al termine della sua convergenza totale) si amorizza interamente (...) Ora, un Universo amorizzato, non è forse esattamente un Universo stimolato, attivato, all’estremo delle sue potenze vitali?”[44].

In una successiva riflessione sulla singolarità del fenomeno cristiano, Teilhard distingue due modi di pensare all’evoluzione: o “come fusione dei vari elementi che compongono l’Universo per attrazione reciproca”, oppure “l’Universo che si unifica sotto l’influsso di un qualche ‘supremamente uno’ già esistente, cioè per adesione a un supremo Qualcuno” nel qual caso l’evoluzione “si ritrova  amorizzata[45], pervasa cioè da un Amore che l’attraversa.

Il termine ritorna anche nell’ultima opera di Teilhard la cui Introduzione è intitolata appunto: amorizzazione dell’Universo. Tra l’altro vi dice: “Il cristianesimo occupa un posto assiale per il suo ‘straordinario potere di ‘panamorizzazione’… Quali che siano i meriti delle altre religioni, e li si spieghi come si vorrà, è innegabile che il più ardente focolaio collettivo di amore sinora mai apparso nel Mondo, brucia hic et nunc nel cuore della Chiesa di Dio”[46].

Inondare la terra di questa energia potente della Vita contro la violenza e gli egoismi che frenano il cammino della storia umana, è oggi la concreta missione della Chiesa nel mondo.

 

 
 

[1] Articolo apparso su Teilhard aujourd’hui 12 (maggio 2013) e ripubblicato in "La saggezza e l'esperienza. Diafania di una luce fulgida sul sentiero del sentire", Quaderni di Teilhard aujourd'hui 7/I (2019)

[2] Pierre Teilhard de Chardin, Credo in questo modo, in La mia fede, tr. it., Queriniana, Brescia 20082 p, 106.  L’opuscolo è stato scritto nel 1934 su sollecitazione di Bruno de Solages. Già a p. 103 parla della “possibilità di conversione” che nasce dall’esperienza del Tutto.

[3] Ibid., p. 107.

[4] Ibid., p. 107.

[5] Ibid., p. 100

[6] L’aggiunta nell’Uomo messa tra parenti risale al 1950 quando nel Cuore della Materia (Il cuore della materia,  tr. it., Queriniana, Brescia 1993 p. 22 n. 7) ha scritto: “Oggi direi: ‘Credo che lo Spirito nell’Uomo, si compia in un qualche Personale”.

[7] Pierre Teilhard de Chardin Credo in questo modo, cit., p. 100. Teilhard precisa che la fede così intesa a volte viene definita “mediante certi aspetti di libertà (opzione) o d’affettività (‘fascino’) che l’accompagnano”. Egli aggiunge: “Queste caratteristiche mi sembrano derivate o secondarie”.

[8] Pierre Teilhard de Chardin Credo in questo modo, p. 100

[9] Ibid.

[10] Ibid.

[11] Pierre Teilhard de Chardin. Sul valore religioso della ricerca, in La scienza di fronte a Cristo, Il segno dei Gabrielli, Verona 2002  p.232

[12] Ibid., p. 233.

[13] Concilio Vaticano II, Dei Verbum n. 5.

[14] Christoph Theobald, Seguendo le orme della ‘Dei Verbum’, EDB, Bologna 2011, tr. it p. 19. Questo senso appare anche nella pratica bancario di fare credito nella fiducia di un ritorno dei soldi prestati. Molte banche quando non avevano riferimenti religiosi (Banco S. Spirito, S. Paolo, ecc.) si chiamavano o si chiamano tuttora Credito (Agrario, Artigiano, Romagnolo, Bergamasco ecc.).

[15] Scrive Theobald: “In ogni esistenza umana in via di umanizzazione, quando la paura o la violenza, legate alla vulnerabilità, devono cedere il passo alla fiducia, si deve superare una ‘soglia’: lo sanno tutte le culture che accompagnano il passaggio dell’ingresso nella società, una specie di ‘seconda nascita’, attraverso i loro riti di iniziazione. Nessuno può superare questa ‘soglia’ al posto di un altro; la ‘fede’ è allora l’atto di fiducia nel ‘mistero’ della vita, l’atto attraverso il quale l’individuo non mette in gioco solo tale cosa, il suo ‘credito/credenza’, ma la propria esistenza, accettando di perdere ogni garanzia di ricuperare ciò che ha dato” Seguendo le orme della ‘Dei Verbum’, cit., p. 19.

[16] Pierre Teilhard de Chardin, Credo in questo modo, cit., p. 101 Osserva a questo proposito Marco Vannini: “Non meraviglia perciò che la mistica abbia sempre come ultima parola una straordinaria, estatica letizia: quella gioia che è… segno di perfezione e che è propria dell’assoluto distacco, nel quale tutto appare buono, bello, chiaro, pervaso di luce, degno di amore-  anzi tessuto, intrecciato di amore”. Oltre il cristianesimo, Bompiani, Milano 2013., p. 28. “Questo comunque è il punto essenziale: la ‘gioia profonda’, ovvero la beatitudine esiste” Id., p. 31.

[17] Ibid. p. 101.

[18] Ibid. 

[19] Ibid. p. 102

[20] Ibid.

[21] Ibid. p. 103

[22] Teilhard utilizza questa terminologia che è propria dei teologi quando si riferiscono allo sviluppo del dogma. Scrive: “mi sembra che la prima condizione imposta dalla nostra esperienza ad ogni oggetto, perché sia un oggetto reale, consista non già nel rimanere sempre identico a se stesso, neppure invece nel cambiare senza posa, - bensì nel crescere mantenendo certe dimensioni proprie che lo rendono continuamente omogeneo rispetto a sé”, p. 100.

[23] Ibid., p. 102.

[24] Ibid., p. 103.

[25] Ibid., p. 101.

[26] Marco Vannini, Oltre il cristianesimo, cit., p. 26 s.. La citazione di Rudolf  Otto è tratta da  Mistica occidentale, mistica orientale. Interpretazione e confronto (or. 1926) Marietti, Casale Monferrato 1983 p. 93 n. 1. Il termine teopantismo corrisponde al contenuto del termine più antico panenteismo ma visto dalla prospettiva di Dio, secondo la formula paolina “Dio tutto in tutti” (2 Cor. 15,28), mentre panenteismo traduce meglio l’espressione di Paolo ad Atene riportata da Luca: “in Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28).

[27] Ibid. p. 28

[28] Pierre Teilhard de Chardin, Ibid.. p. 103.

[29] Ibid. p. 103.

[30] Ibid., p. 104

[31] Ibid., p. 111

[32] Ibid.

[33] Ibid.

[34] Pierre Teilhard de Chardin, Credo in questo modo, cit., p. 111.

[35] Pieter Smulders, La visione di Teilhard de Chardin, Borla, Torino 1968 (orig. 1961). La citazione delle ultime righe è da Pierre Teilhard de Chardin, Le Groupe zoologique humain, Albin Michel, Paris 1956 (or. 1949); tr. it. Il posto dell’uomo nella natura, Jaca Book, Milano 2011

[36] In questa prospettiva la riflessione che riguarda Gesù perciò non può essere detta cristologia dal basso, perché l’agente principale è Dio e non l’uomo. Né può essere detta cristologia dall’alto perché la realtà umana di Gesù non scende dal cielo, bensì fiorisce dal “tronco di Jesse”, radicato nella terra.

[37] Pierre Teilhard de Chardin., L’ambiente divino, Queriniana, Brescia 1994 pp. 111-114.

[38] Pierre Teilhard de Chardin., L’energia umana, tr. it. Il Saggiatore, Milano 1984, 141-214,  qui p. 201 (or. 6 agosto- 8 settembre 1937). Il sesto capitolo è intitolato: L’amore forma superiore dell’energia umana (ib p. 189) e il suo primo paragrafo: L’amore, principio totalizzatore dell’energia umana (p. 190).

[39] Ibid., p. 204.

[40] Pierre Teilhard de Chardin, Cattolicesimo e scienza, (agosto 1946) ora in Scienza di fronte a Cristo, Il Segno dei Gabrielli, Verona 2002 p. 218

[41] Ibid., p. 219.

[42] Pierre Teilhard de Chardin, Il fenomeno cristiano (10 maggio 1950) in La mia fede, cit., p. 200

[43] Pierre Teilhard de Chardin Per vederci chiaro  (25 luglio 1950) in Verso la convergenza, tr. it., Il Segno dei Gabrielli, Verona 2004, pp. 185-194,  qui pp. 185-186.

[44] Pierre Teilhard de Chardin, Una soglia mentale sotto i nostri passi: dal Cosmo alla Cosmogenesi  (15 marzo 1951)  in Verso la convergenza, cit., pp. 211-225,  qui pp. 222-223

[45] Pierre Teilhard de Chardin,   “Appendice. Osservazioni. Note complementari sulla natura del Punto Omega ovvero la  singolarità del fenomeno cristiano” a “La singolarità della specie umana” (25 marzo 1954)  in  L’apparizione dell’uomo, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1979,  pp. 253-320, qui  p. 318.

[46] Pierre Teilhard de Chardin, Il Cristico (Marzo 1955) in Il cuore della materia, cit., p.70 Un’eco chiara di questa convinzione è l’affermazione della Costituzione Pastorale del Concilio Vaticano II “la legge fondamentale dell’umana perfezione, e perciò anche della perfezione del mondo, è il nuovo comandamento della carità” (Gaudium et Spes n. 38).

 

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