In direzione del fuoco. La visione teilhardiana della coscienza umana è davvero anti-ecologista?

Sheri D. Kling

Sheri D. Kling ha conseguito una laurea magistrale in Scienze religiose presso la Claremont School of Theology, come pure in Teologia alla Lutheran School of Theology di Chicago. È scrittrice (la sua opera più recente è A Process Spirituality: Christian and Transreligious Resources for Transformation, 2020), insegnante, guida, con l’obiettivo di aiutare le persone a trasformare le loro vite per poter sperimentare senso, appartenenza e cambiamento positivo, in particolare con il programma Deeper Rhytm.

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Introduzione

Ursula King  ha definito il gesuita e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin “uno fra i meno compresi ed erroneamente citati pensatori del Ventesimo secolo”, che “intendeva soprattutto comunicare ad altri la propria visione”.[1] Afferma che il problema centrale della sua opera fondamentale Il fenomeno umano è: “qual è l’importanza dell’essere umano all’interno dell’immensa storia dell’evoluzione cosmica, e qual è il ruolo dello spirito nella storia della vita?”[2] Mary Evelyn Tucker ha scritto che “l’intenso amore di Teilhard per il mondo e per Dio sono i due poli della sua fede” e che “un duplice impegno verso il divino e verso il mondo sono divenuto i semi della grande visione spirituale di Teilhard”.[3] I suoi scritti rivelano una preoccupazione per “la santificazione dello sforzo umano e l’umanizzazione della vita cristiana”. Ella ritiene che nel libro L’ambiente divino “Teilhard descrive il processo di divinizzazione delle proprie attività, o azioni che portano un contributo al mondo, e delle proprie passività, le sofferenze cui gli uomini sono sottoposti”.

Egli si pone risolutamente di fronte al grande problema di una spiritualità dai due volti, ossia l’amore di Dio e l’amore del mondo. Osserva come molte persone divengano schizofreniche nelle loro pratiche religiose, poiché considerano la loro attività nel mondo come qualcosa da compiere in attesa dell’aldilà. Per Teilhard, il problema dell’azione umana è centrale in tutta la vicenda spirituale. Alcuni si ritirano dal mondo per trascorrere la vita nella sola contemplazione e la sola preghiera; invece, noi operiamo in mezzo al mondo e le nostre attività vanno considerate parte del divenire stesso della Terra.[4]

King descrive Teilhard come “un grande mistico cristiano contemporaneo nella migliore tradizione del misticismo cristiano, ma anche come un mistico in cerca di una nuova via mistica, una spiritualità nuova aperta al ritmo del mondo contemporaneo e del suo sviluppo attuale”.[5]

Proprio questa curvatura mistica è forse una delle cause per cui Teilhard è tanto ampiamente amato e allo stesso tempo è uno dei “meno compresi”  ed  “erroneamente citati” fra i pensatori. Con uno stile somigliante a quello dei poeti mistici ed estatici (come Rumi), Teilhard rivelava molta passione nel proprio linguaggio e nelle sue metafore della vita divina. Era guidato da una “passione per l’Assoluto” e probabilmente la sua immagine più ricorrente è quella di una fiamma o di una luce sfolgorante. Nel corso della sua vita, “il Mondo si è via via acceso, infiammato ai miei occhi sino a diventare … interamente luminoso dal di dentro… Cominciai a sentirmi attratto dalla Materia, - o più precisamente da qualcosa che ‘scintillava’ nel cuore della Materia”.[6]

Un simile linguaggio può risultare indecifrabile per chiunque non sia stato benedetto da un genere di visioni ed esperienze come quelle attestate da Teilhard. Egli ha scritto che al di sotto del “velo d’agitazione e di moltitudine” si rivelava una “gloriosa unità”,[7] ma lo “svelamento” necessario per vedere questa realtà nascosta non è esperito da tutti. D’altra parte, una tale consapevolezza mistica non è limitata ai seguaci di una religione o ai chiamati ad un ordine religioso.  Nel suo libro Up from Eden, Ken Wilbur riporta questa citazione di Albert Einstein: 

La più bella emozione che possiamo provare è l’emozione mistica. In ciò sta la radice di ogni arte e di ogni scienza reale. Colui che non conosce questo sentimento… è semplicemente morto.  Sapere che quello che per noi è incomprensibile esiste in realtà, manifestandosi come somma sapienza, è la più splendente bellezza, che le nostre ottuse facoltà possono comprendere solo nelle loro forme più primitive – questa conoscenza, questo sentimento è al centro della vera religiosità. In questo senso, ma soltanto in questo senso, io mi colloco fra gli uomini religiosi.[8]

Se Teilhard durante la sua vita era tenuto sotto controllo dalla Chiesa per le sue idee e per certi versi “esiliato” in Cina,[9] alcune delle più severe critiche a Teilhard sono state mosse dal movimento ecologista contemporaneo. Theodore Roszak, fondatore del movimento di ecopsicologia, ha scritto che “Chi volesse esplorare la filosofia dell’evoluzione dovrebbe evitare di prendere le mosse da Teilhard: dal punto di vista sia della comune biologia sia della Ecologia profonda , commette errori di ogni genere”.[10] Anche Thomas Berry, quando era presidente dell’America Teilhard de Chardin Society ammetteva che “è corretto affermare che Teilhard non sostiene direttamente in nessun modo la visione ecologica della coscienza”.[11] L’auspicio di Teilhard di “afferrare il timone del mondo” è stato  sommariamente attaccato da scrittori come Roszak, George Sessions e Willis Jenkins. Nel Fenomeno umano Teilhard scrive:

Con la conoscenza degli ormoni, non siamo forse alla vigilia di controllare lo sviluppo del nostro corpo, e persino dello stesso cervello? Con la scoperta dei geni, non saremo ben presto in grado di controllare il meccanismo dell’ereditarietà organica? … Il Pensiero che perfeziona artificialmente l’organo stesso del Pensiero. La Vita che viene rilanciata in avanti dall’azione collettiva della sua Riflessione… Sì, il sogno che alimenta oscuramente la Ricerca umana è, in ultima analisi, quello di riuscire a dominare, al di là di ogni affinità atomica o molecolare, l’Energia fondamentale a cui tutte le altre energie sono asservite: afferrare, tutti uniti, il timone del mondo, per impadronirsi della stessa Forza propulsiva dell’Evoluzione.[12]

Ma questa frase non conclude la sua esposizione. Egli prosegue con un altro paragrafo:

A coloro che hanno il coraggio di ammettere che le loro speranze giungono sino a questo punto, io dirò che essi sono i più uomini tra gli uomini, - e che vi è differenza ben minore di quanto non si creda tra Ricerca e Adorazione. Ma che essi meditino con attenzione il punto successivo, il cui esame ci permetterà di avvicinarci gradualmente verso una forma più completa di conquista e di adorazione. Per quanto la Scienza spinga innanzi la sua scoperta del Fuoco Essenziale, per quanto capace essa diventi un giorno di rimodellare e perfezionare l’elemento umano, essa incontrerà sempre, in  fin dei conti, lo stesso problema: come dare a tutti e a ciascuno di questi elementi il loro valore finale raggruppandoli tutti nell’unità di un Tutto Organizzato?[13]

Teilhard sta qui chiaramente dicendo che, per quanto “afferrare il timone del mondo” sia una forma di “conquista e adorazione”, questo ci lascia incompiuti e  non è ciò che conta davvero, ossia “dare a tutti e a ciascuno di questi elementi il loro valore finale raggruppandoli tutti nell’unità di un Tutto Organizzato”; giungere a quell’unità, a quella pienezza verso le quali l’evoluzione ci conduce. Jenkins nota come molti temano le “conseguenza del potere umano”[14] che deriverebbero dal nostro controllo del timone – ma non al potere umano che Teilhard, in ultima analisi, è interessato. Egli è interessato all’unità di Dio in Cristo.

Scopo di questo lavoro è esaminare le critiche a Teilhard, soprattutto quelle che provengono dal movimento ecologico, che sostengono come egli sia troppo antropocentrico, troppo ottimista riguardo la coscienza umana, troppo concentrato sullo sviluppo umano e sul controllo del mondo naturale, e infine troppo gerarchico e autoritario nella sua definizione del “Punto Omega” e della sua unità in Cristo. Intendo mostrare che queste critiche, pur comprensibili, fraintendono le sue intenzioni, poiché ritengo che Teilhard sia: teocentrico e non antropocentrico, difensore del valore intrinseco di tutta la creazione e della nostra incorporazione ad essa; che le sue idee circa lo “sviluppo” umano non comportano necessariamente oppressione nei confronti della natura; che il suo interesse per la coscienza umana ha un carattere più “interno” che “esterno”; e che, a ben vedere, per la sua visione dell’Amore, le sue idee non sono affatto “anti-ecologiste”. Infine, analizzerò brevemente la questione: “E se Teilhard avesse ragione riguardo la coscienza umana e la nostra evoluzione spirituale?”

 

Un quadro di riferimento ecologico

Per gli scopi di questo scritto, il quadro di riferimento, la cornice ecologica all’interno della quale inseriamo il pensiero di  Teilhard include prospettive quali l’ecofemminismo, il pensiero processuale e l’ecologia profonda, e le loro affermazioni riguardo la relazione tra natura umana e natura non umana. Ad esempio, Rosemary Radford Ruether espone la prospettiva ecofemminista secondo la quale

Gli umani devono riconoscere di essere una specie fra altre nell’ecosistema terrestre, commisurare i loro sistemi di produzione, consumo e gestione dei rifiuti ai modi in cui la natura sostiene se stessa, così da riconoscere la loro intima vicinanza con le comunità non umane.[15]

Sessions ritiene che l’ecologia profonda abbia “una componente religiosa”[16] e definisce la sua “piattaforma” sottolineando “l’intrinseco” o “l’inerente” valore di ogni vita; afferma che la diversità contribuisce alla “realizzazione di questi valori”, che solo i bisogni umani “vitali” conferiscono agli uomini il diritto di ridurre questa diversità, e che la popolazione umana e le interferenze umane con il mondo della natura devono diminuire.[17] Nell’ambito del pensiero processuale, David Griffin sostiene che la visione del mondo di Whitehead è “profondamente ecologica” per varie ragioni, fra cui la sua attribuzione di “un valore intrinseco ad ogni individuo”, ciascuno “legato internamente al suo ambiente” – e per la profonda interconnessione fra la realtà divina e il mondo.[18]

Da questo punto di vista, dove collocare l’opera di Teilhard de Chardin? Da una parte, è facile criticare chi scrive che “Noi abbiamo ancora bisogno di cannoni sempre più potenti, e di corazzate sempre più grandi per materializzare la nostra aggressività sul Mondo”.[19] È però importante notare come egli abbia scritto queste parole nell’atmosfera seguita alla Prima guerra mondiale e che, comunque, Teilhard morì sette anni prima che la pubblicazione di Primavera Silenziosa fungesse da catalizzatore per l’attuale movimento ecologico. Detto questo, approfondiamo le critiche specifiche alla sua opera.

 

Le critiche a Teilhard: antropocentrismo e ottimismo ingenuo

Pur definendo Teilhard come uno “scienziato visionario”, Charles Birch e John Cobb, Jr. ritengono le sue idee sull’evoluzione “unilaterali”, “poco sensibili alla stretta connessione fra ecologia ed evoluzione”, e che riflettono una “mancanza di apprezzamento per il valore positivo delle altre forme di vita e anche per altre culture e religioni. La sua estrapolazione dal processo evolutivo di un obiettivo unico e di un destino inevitabile per il tutto non è convincente…”[20] Sessions cita Bonifazi secondo il quale Teilhard afferma: “La Terra è l’uomo!”; l’opinione di Elder su Teilhard è che sia “fieramente antropocentrico”, e pone Teilhard senz’altro nella tradizione per cui “l’uomo perfeziona la natura”, con un particolare interesse nel “dominio tecnologico da parte dell’uomo sulla Terra”.[21] Elder paragona Teilhard a Skolimowsi che pone “gli umani in cima alla piramide”, e cita Thomas Berry, secondo il quale

[per Teilhard] il senso del progresso era irresistibile… l’ideale per cui operare era quello di un mondo sotto un controllo razionale… egli accettava senza riserve lo sfruttamento tecnologico e industriale del pianeta, lo riteneva una attività umana auspicabile. Teilhard è profondamente coinvolto nelle tradizioni totalmente religiose ed umanistiche dell’Occidente, dalle quali si è sviluppato questo atteggiamento predatorio… Teilhard pone l’uomo come sua esclusiva norma di valore, una norma per la quale l’uomo deve invadere e controllare razionalmente le spontaneità della natura. In nessun modo il mondo della natura viene accettato nelle sue spontanee modalità d’essere… sarebbe un tradimento delle richieste del processo evolutivo.[22]

Per Sessions, Teilhard è un “pensatore ottimista” con una “inattaccabile speranza” che “la disperazione apocalittica di questo mondo sia sommersa dalla speranza di trasformazione dell’intera creazione”.[23]

Per quanto apprezzi lo sforzo teilhardiano di “integrare la mente nel processo evolutivo”, Roszak è meno entusiasta nei confronti dalla sua visione della “noosfera”, in cui l’evoluzione culmina in un reame della mente, “una super-mente chiamata Punto Omega”.[24] Ritiene che il modo in cui Teilhard concepisce la mente sia idealistico e “trascuri interi livelli di deviazione patologica a livello dell’uomo”.[25]

Se ammettiamo la legittimità della noosfera come una fase evolutiva, potrebbe allora accadere che l’avanzamento evolutivo termini con i primati più elevati, i placidi gorilla, ad esempio, la cui intelligenza permette loro di condurre vite ragionevolmente gradevoli, o con mammiferi acquatici come le balene o i delfini. Con l’umanità, possiamo andare al di là della noosfera in quella che si potrebbe meglio definire “neurosfera”: il regno della malattia psichiatrica. Se accadesse che la nostra specie riuscisse ad uccidere se stessa e la maggior parte della biosfera, non potremmo ritenere fallimentare il nostro esperimento di intelligenza?[26]

Pur concedendo che la visione di Teilhard di un “team che, attorno alla Terra, si adoperi per costruire la noosfera” sia possibile, Joseph Grau scrive che “si può muovere una obiezione al suo entusiasmo predittivo – nonostante il desiderio e il bisogno di un amore comune per l’umanità e la Terra. Rimane ai miei occhi, infatti, una sfida psicologica, intellettuale ed etica, come far nascere e sviluppare questo tipo di intelligenza umana…”[27]

 

Dominio e controllo

Collocando Teilhard nella tradizione secondo la quale  “l’uomo perfeziona la natura”, Sessions gli attribuisce una concezione della “caduta” per cui gli uomini devono redimere la natura domandola, “umanizzandola” e “spiritualizzandola”, per poter redimere loro stessi.[28] Poiché gli uomini “sono i primi esseri sufficientemente razionali per comprendere ciò che la natura, per mezzo dell’evoluzione graduale, sta facendo”, dobbiamo “aiutarla nel suo cammino verso la consumazione finale”.[29] Ma Jenkins avanza questa ipotesi:

Si può benissimo interpretare la trama della storia naturale in modo che non ci sia affatto uno “scopo” teleologico della vita vivente. Forse non esiste nessun vettore, solo intense oscillazioni. Forse Teilhard valorizza il progresso e lo spirito come proiezioni della vanità della civiltà, surrettiziamente giustificando la distruzione dell’ambiente in nome della natura… Come fa Teilhard a sapere quello che la natura sta “naturando”?[30]

L’affermazione di Teilhard per cui “più coscienza = più valore” suscita numerose proteste. Sessions ritiene che “considerare gli organismi più complessi più pregiati e preziosi di altri” sia “non ecologico”, richiamando l’annotazione di Darwin: “Mai usare i termini ‘più alto’ e ‘più basso’”.[31] Ancora, Roszak mette in guardia dall’apparente intenzione di Teilhard (e di Bergson) di valutare alcuni tipi di umani superiori ad altri: “Abbiamo bisogno dei clowns come dei saggi, degli atleti come degli esteti, dei logici come dei mistici. Abbiamo anche bisogno dei cattivi come dei santi”.[32] Ammette di trovarsi molto più a suo agio immaginando la “musica delle sfere” non come una melodia, ma come “una improvvisazione di jazz in cui ogni interprete ha il suo riff.”[33]

Prevedendo una perdita di “libertà creaturale”, Jenkins insiste dicendo:

Teilhard suscita la paura che l’umanizzazione, l’evoluzione e la potenza divina possano confluire in un unico processo cosmico. Per descrivere il ruolo della persona umana nel cosmo, Teilhard ricorre a concetti non-competitivi di grazia che spieghino come la personalità divina permetta al mondi di operare per la propria trasformazione –come la presenza di Dio accresca la libertà creaturale…  Senza questo dinamismo creaturale… il sistema di Teilhard può apparire freddamente inevitabile e tacitamente prometeico.[34]

La critica più aspra riguardo l’unità finale prevista da Teilhard viene però da Roszak. Egli definisce l’Omega di Teilhard come “una cattiva idea riguardo la vita elevata alla massima potenza”, lo accusa di usare un linguaggio di “centralizzazione autoritaria”, e ritiene che il mezzo per raggiungere questa unità malsana sia “la forza bruta”.[35] Roszak paragona il Punto Omega alla “Rosa celeste alla conclusione della Divina Commedia”, nella quale ogni vita è “depersonalizzata” e tutte le individualità sono “lavate via”. In questa condizione, “tutte le menti individuali si fondono in una singolarità mentale”, ed abbiamo uno “stato statico”, nel quale “nulla cambia, nulla si muove, nulla accade”. A questo punto, “siamo giunti al livello più elevato di totalitarismo teocratico, un’immagine del nostro destino che potrebbe essere usata per imporre forme inferiori e secolari di irregimentazione”.[36] Davvero una visione terrificante, se fosse ciò che Teilhard intendeva descrivere. Ma è davvero così?

 

Risposta alle critiche

Sono convinta che molte delle critiche a Teilhard sono dovute a incomprensione o fraintendimenti delle sue idee, da parte di coloro che non condividono la sua visione mistica e che, in quegli ambiti in cui Teilhard è criticato con ragione, i suoi stessi scritti possono essere utilizzati come un’autocritica. In altre parole, se Teilhard fosse al corrente di ciò che noi oggi sappiamo della devastazione ecologica e dei rischi che minacciamo il pianeta ed ogni vita, egli stesso parlerebbe per criticare le sue prospettive antecedenti il 1955.

Grau afferma di dare “un giudizio più positivo” di Teilhard a rispetto a quello espresso da Berry, e crede che la “concezione dell’etica e della morale” di Teilhard può “aiutare a rivelare i sentieri da percorrere in unione con Cristo, e le migliori aspirazioni umane mentre si opera per una ulteriore evoluzione umana in un contesto planetario.”[37] Scrive Edwards:

Teilhard è stato criticato da alcuni scienziati che non condividevano il suo concetto di progresso nell’evoluzione, e da altri che ritenevano le sue dottrine un’inaccettabile miscuglio di scienza e fede  religiosa. È stato criticato da teologi che attaccavano il suo ottimismo, che consideravano inadeguata la sua visione del peccato e che pensavano non avesse affrontato il problema del lato oscuro dell’evoluzione. Dalla prospettiva del ventunesimo secolo, è ovvio che Teilhard non abbia previsto, e la sua opera non rifletta, la crisi ecologica. Ma il suo impegno radicale per il mondo, per la materia, ha ancora molto da dire in un’epoca che a fatica tende verso una visione ecologica della realtà.[38]

È importante, per comprendere Teilhard, distinguere nel suo pensiero ciò che è legato al tempo e è ciò che supera il tempo. Era di certo un uomo del suo tempo, e quindi il suo lavoro non dà spazio al movimento femminista, né al movimento ecologico né al movimento per il dialogo interreligioso. Spesso sembra che egli venga criticato per ciò che non ci ha dato, senza apprezzare ciò che invece ci ha lasciato. Cobb e Birch lo accusano di mostrare mancanza di apprezzamento per le altre culture, ma Grau cita un Teilhard dalla visione meno limitata: “Le risorse di cui oggi disponiamo, le forze che abbiamo scatenato non potrebbero essere assorbite dal ristretto sistema dei quadri individuali o nazionali che sono sinora serviti agli architetti della Terra umana (…) L’età delle nazioni è passata. Se non vogliamo perire, si tratta ora per noi di rigettare i vecchi pregiudizi e di costruire la Terra”.[39]  Eleanor Rae ritiene che Teilhard mostri una “apertura” ed un “vero interesse” per le altre tradizioni religiose, gettando inoltre luce sull’idea teilhardiana di costruzione della terra quando scrive

Per Teilhard, l’azione mistica cristiana per eccellenza, quella dell’amore, deve sia crescere sia divenire più universale. Comprese che il nuovo misticismo di azione, convergenza e trasformazione doveva qualcosa  alle intuizioni sia delle religioni orientali sia delle religioni dell’Ovest…  Valutò queste tradizioni di fede in base alla loro capacità di fornire l’energia richiesta dall’azione umana per il compito più urgente nella società – costruire la Terra e creare un mondo giusto, pacifico a armonioso per tutti.[40]

Teilhard connette la costruzione della Terra ad una visione armoniosa del mondo perché egli vedeva tutto quello che facciamo, tutto il nostro lavoro, come diretto verso l’unificazione e non il dominio. Fin dalla gioventù, Teilhard era innamorato di Dio e della materia. Vedeva Dio come una “presenza”, non “astratta”  ma  “una deriva profonda, ontologica, totale, dell’Universo intorno a me”.[41] Per lui, Dio era un Essere che “prendeva forma nella totalità dello spazio; affascinante come un’anima, palpabile come un corpo, vasto come il cielo, un Essere mescolato alle cose, seppure distinto da esse, superiore alla loro sostanza di cui si ammantava, eppure assumente un volto in esse…”[42]  E nella sua esperienza, Dio “è all’opera all’interno della vita”, “risplende attraverso l’umanità e si personalizza in essa” e possiamo trovarlo nel nostro intimo: “Più discendo in profondità in me stesso, più trovo Dio al cuore del mio essere…”[43]

Nel suo sistema, il divino è “in unione con la materia”;[44] spirito e materia non sono due realtà differenti, ma “due stati, due facce di una stessa Stoffa cosmica, secondo che la si guarda o la si prolunga, nel senso in cui (avrebbe detto Bergson) essa sia fa, - oppure nel senso contrario in cui si disfa”.[45] Tuttavia egli sottolinea “il primato dello Spirito; oppure, identicamente, il primato dell’Avvenire”.[46] Poiché lo Spirito di Dio è in tutte le cose, “l’Ambiente divino” è sia “un avvolgente intero” sia un “punto centrale”; noi siamo “immersi in lui…, nell’Oceano divino”.[47] Per Teilhard, accedere a questo Ambiente divino è “l’Unico necessario”.[48]

È naturale voler comprendere il luogo in cui l’uomo trovi il suo “milieu” adatto, e quale ruolo nell’evoluzione abbia quello spirito che risiede in tutte le cose. Per capire la visione di Teilhard a questo riguardo, dobbiamo rifarci al suo concetto di interiorità. Per lui, il movimento compiuto dall’evoluzione è di “complessità crescente”, e con la complessità cresce anche la “interiorizzazione”, ma l’espansione futura della complessità si rivelerà “al livello dell’interazione fra le menti umani e nello sviluppo della cultura umana”.[49] Al centro dell’attenzione c’è sicuramente l’umano, perché Cristo è interiore al mondo, ma il senso dell’interiorità non è ristretto agli uomini. Rae riprende questo testo di Teilhard:

Nel fondo di noi stessi, senza discussione possibile, un interno appare attraverso una fessura, nel cuore degli esseri. E ciò è sufficiente perché, a un qualsiasi grado, questo “interno” debba essere ritenuto come esistente dappertutto e da sempre nella Natura. Poiché, in un punto di se stessa, la Stoffa dell’Universo ha un aspetto interno, ciò vuol necessariamente dire che essa ha, per struttura, due aspetti in ogni regione dello spazio e del tempo, così come, per esempio, ha una costituzione granulare: coestensivo all’Esterno, vi è un Interno delle cose.[50]

“In altre parole – scrive Rae – “dal suo inizio, tutta la creazione, si può dire, ha un interno, che Teilhard chiama la sua coscienza o volontarietà”.[51] Tucker cita un analogo passo di Teilhard: “Interno, coscienza e quindi volontarietà: tre espressioni di una stessa cosa … In una prospettiva coerente del mondo, la Vita presuppone inevitabilmente, a perdita d’occhio prima della sua apparizione, una Previta”.[52] Dio è presente ed agisce “ad ogni livello della realtà creata”, e perciò l’Ambiente Divino è “un estesa riflessione sulla viyta interiore…”[53] In questo sistema, come potrebbe ogni cosa non avere valore?

Allo steso modo, in sistema teilhardiano, tutta la vita è interconnessa. In un modo che riecheggia Whitehead, Teilhard afferma che, poiché come non possiamo concepire una cosa nel tempo senza “qualcosa prima” o una cosa nello spazio senza “qualcosa a fianco”, “ogni particella della realtà, invece di costituire un punto chiuso in se stesso, si estende dal frammento precedente al frammento successivo in un filo indivisibile che risale all’infinito.”[54]

Inoltre, non solo i singoli “sé” sono connessi con gli altri “sé”, ma si può anche dire che noi siamo il tutto; il microcosmo è il macrocosmo. “Percepiamo la realtà di essere un persona psicofisica individuale, che ha come confine la propria pelle”, scrivono Cobb e  Griffin. “Ogni persona rimane all’esterno dell’altra. Sotto questo aspetto, anche l’unione sessuale è un’unione solo di nome, perché non coinvolge altro che un esteso contatto esterno. In breve, tutte le relazioni sono viste come esterne.”[55] In realtà la visione di Teilhard differisce da quella di Whitehead. Whitehead affermare che il “corpo” nel suo “senso convenzionale” è solo la parte dell’ambiente che è più intima a noi.[56] Ma Cobb e Griffin ritengono la formulazione di Teilhard più “efficace”.

Il corpo (cioè la materia incomunicabilmente associata ad ogni anima) è, abbiamo fin qui sostenuto, un frammento dell’Universo, - un pezzo adeguatamente staccato dal resto e affidato ad uno spirito che lo informa. Il Corpo, potremo ora dire, è l’Universalità stessa delle cose, le quali concentrandosi su uno spirito animatore, lo influenzano – e, nello stesso tempo, sono da lui influenzate e sostenute… Il mio proprio corpo non è queste o quelle cellule da me monopolizzate: è ciò che, in tali cellule e in tutto il resto del mondo, mi subisce e reagisce su di me. La mia materia non è una parte dell’Universo che io possederei totaliter, è la totalità dell’Universo posseduta da me partialiter.[57]

Siamo quindi, secondo Teilhard, più incorporati di quanto credono i fautori dell’ecologia profonda.  In effetti il modo per comunicare con Dio passa attraverso la terra, attraverso lo sprofondare nella materia, mediante una “immersione battesimale”.[58] Possiamo fare questo perché al di sotto della “molteplicità” il mondo è uno, “spirituale sotto la sua materialità… Nell’ambiente divino, tutti gli elementi dell’Universo vengono a contatto per mezzo di ciò che in essi vi è di più profondo e definitivo”.[59]

Teilhard può così parlare di uno “sviluppo” del mondo, e di una conquista del mondo (per sfuggire ad esso); a ben vedere, non è una questione di controllo, perché per Teilhard lo sviluppo non è esteriore, non è rapporto di potere padrone-schiavo fra Dio e la creazione o fra gli uomini e la creazione non-umana. Si tratta invece di operare in vista dell’unificazione.[60]  Per Teilhard, al fine di “portare a compimento il Cristo”, dobbiamo “collaborare” con “il divenire del cosmo” attraverso l’evoluzione che ora è divenuta “psicologica e cosciente”.[61]

In un sistema di pensiero in cui la crescita materiale è diretta verso lo spirito, e questo spirito è dentro di noi, la crescita è allora una crescita intima,  uno “sviluppo interiore”.[62] Teilhard scrive che “la vera evoluzione del Mondo avviene nelle anime e nell’unione delle anime. I suoi fattori intimi non sono meccanicistici, ma psicologici e morali”.[63] Ciò richiama la teologia di Rahner (come Edwards la interpreta), in cui la resurrezione è “l’inizio della trasformazione della realtà dall’interno”,[64] in particolare alla luce della visione teilhardiana della resurrezione.

Secondo Sessions, il cambiamento richiesto nella coscienza umana consiste nel rendere concreto quello che Arne Naess chiama il “sé ecologico”, in cui gli uomini “progrediscono da una identificazione con l’ego ristretto, passano attraverso una identificazione con gli altri uomini, per terminare con una identificazione onnicomprensiva dei loro ‘sé’ con gli individui non umani, specie, ecosistemi, e con la stessa ecosfera.”[65] Per quanto Sessions non ritiene che il pensiero Teilhard non rispecchi questo tipo di “identificazione allargata”, Teilhard afferma che “l’Uomo che segue fedelmente il pendio naturalmente ascendente dell’Universo si interessa sempre meno al suo individuale successo (in quanto individuo)… l’Uomo che agisce religiosamente finisce quasi per non curarsi più di se stesso”.[66] Ciò sembra riflettersi nella posizione teilhardiana per cui l’aumento della coscienza era legato alla “ricerca scientifica della verità” e alla “ricerca organizzata di un miglior assetto sociale”.[67] Credo che se Teilhard fosse vivo oggi, il suo “assetto sociale” si estenderebbe al di là degli uomini,  grazie alla sua visione dell’Amore.

Per Edwards, Teilhard vede l’evoluzione muovere verso la noosfera. In questa noosfera, la terra “acquisisce una nuova pelle” e “trova la sua anima”, tutto ciò “per mezzo della potenza dell’amore”.[68] L’amore assume tre forme: l’amore sessuale, l’amore umano generalizzato, e l’amore cosmico. L’amore sessuale inizia come principalmente concentrato sulla riproduzione, ma nel matrimonio umano mostra una “reciprocità spirituale”, nella quale, per mezzo del principio della “unione creatrice”, “l’unione crescente accresce la libertà individuale”, così che le coppier “rifuggono dal fondersi in un solo ego”.[69]

“L’amore umano generalizzato” è “l’amore dell’umanità”, e completa l’amore sessuale più personalizzato “avvicinando la totalità delle molecole umane”. È il nostro “senso umano”.[70]  Teilhard si domandava perché – per quanto possa sembrare un fatto singolare o raro – il nostro spirito di competizione scompaia quando siamo impegnati reciprocamente o in un progetto comune o nella sofferenza della battaglia. In questi casi, non vediamo gli altri come “un fastidio o un ostacolo” ma – in una condizione di entusiasmo o pericolo – sperimentiamo “il miracolo di un’anima comune” sotto una “pressione irresistibile”.

Gli Uomini non possono amare milioni di estranei… Rivelando a ciascuno che, in tutti gli altri, esiste una parte di sé, il Senso della Terra fa apparire nella massa dei viventi proprio un principio di affetto universale e nuovo: il gusto e la dedizione dell’elemento per l’elemento, nel cuore del Mondo  in progresso.[71]

Abbiamo così espanso il cerchio teilhardiano dell’amore a tutti gli esseri, ma non si ferma qui. Attribuisce il nome di “Amore cosmico” “l’affinità più o meno confusa che ci vincola psicologicamente alla Totalità che ci avvolge… il senso cosmico è dovuto nascere non appena l’uomo si è trovato di fronte alla foresta, al mare, alle stelle. E da allora le sue tracce sono evidenti in tutto ciò che proviamo di grande e di indefinito: nell’arte, nella poesia, nella religione. Per suo tramite noi reagiamo al Mondo ‘as a whole’, come alla luce mediante i nostri occhi.” [72] Per Teilhard non si tratta di panteismo, ma di “un amore personale per un centro personale dell’universo. La personalizzazione dell’universo, dunque, conduce alla fine a Dio in quanto Persona, allo stesso tempo immanente e trascendente, all’interno ma anche al di là e distinto da ciò che vediamo.”[73]

Per ultimo, replichiamo alla terrificante visione proposta da Roszak, di un Omega autoritario, totalitario in cui ogni distinzione è dissolta e tutte le entità sono brutalmente forzate a sottomettersi  ad una omogeneità statica. Diciamo subito che se Teilhard afferma che microcosmo e macrocosmo sono legati, tutto ciò che viene detto dell’Amore sta in opposizione alla visione di Roszak.

In maniera simile alla concezione di Whitehead per cui “i molti diventano uno e sono accresciuti dall’uno”, Teilhard era convinto che “tutto avviene come se l’Uno si formasse per unificazioni successive del Molteplice, - e come se la sua perfezione fosse proporzionata alla perfezione con la quale organizza intorno a sé una maggiore quantità di Molteplice… Essere di più, consiste nell’essere più unito con un grande numero di elementi”.[74] Ritiene che “l’unica realtà ad avere valore” è una “immensa Unità…, la vita nella sua totalità.” Sarebbe stato impossibile per lui vedere la realtà suprema in altro modo, poiché

Non ho scoperto faticosamente il Tutto. Ma è lui che, attraverso una sorta di ‘coscienza cosmica’ si è presentato, imposto a me. È la sua attrazione che in me ha messo tutto in movimento, ha tutto animato, ha tutto organizzato. Ed è perché sento e amo appassionatamente il Tutto e credo al primato dell’essere, che non potrei ammettere uno scacco finale della Vita e non saprei desiderare una sia pur minima ricompensa che non sia questo Tutto stesso… Nulla è comprensibile nel mondo se non a partire dal Tutto, nel Tutto.[75]

Pur definendo “imposta” questa visione, egli descrive chiaramente una forza d’Amore attrattiva, non coercitiva. Cristo “conduce l’universo al suo futuro in Dio e già potenzia l’intero processo di emersione evolutiva dall’interno”. [76] Tucker descrive questa forza come un contraltare della gravità, e afferma che questo amore è un’espressione “delle forze attrattive di centrazione, individualizzazione e personalizzazione”.[77] Teilhard scrive:  “Amore è, per definizione, la parola che usiamo per designare le attrazioni di natura personale. Poiché, nell’Universo divenuto ‘pensante’, tutto in fin dei conti si muove nel Personale e verso il Personale, l’Amore, una qualche forma d’amore, è necessariamente ciò che costituisce, e costituirà sempre di più, allo stato puro, la stoffa dell’energia umana”.[78]

Questa forza non ci trascina verso una dissoluzione omogenea delle individualità. Piuttosto, “in seno ad un Oceano ormai tranquillo, ma nel quale ciascuna goccia avrà coscienza di essere rimasta se stessa, la straordinaria avventura del Mondo sarà terminata. Il sogno di ogni mistica, l’eterno sogno panteista,  avranno trovato piena e legittima soddisfazione.”[79] Penso però che finché Roszak non avrà sperimentato direttamente la visione del Tutto,  della sua grande attrazione e della sua paradossale molteplicità nell’unità, non ci saranno parole a questo mondo in grado di convincerlo che tutto ciò non è forza né perdita di identità.

 

E se Teilhard avesse ragione?

A parere di Sessions, “siamo intrappolati non soltanto dalla distruzione della Terra, ma dal progredire di quella che il poeta Archibald McLeish chiamava ‘la diminuzione dell’uomo’”.[80] Per Tucker siamo  in preda a una “trance tecnologica”, ossia non vogliamo né possiamo compiere i cambiamenti che ci allontanerebbero dalla strada verso la distruzione ecologica.[81] Ritiene importante “incoraggiare gli studenti ad abbandonare una visione antropocentrica del dominio e della gestione umani della natura, in favore di una visione antropocosmica, cioè di reciprocità e rispetto fra gli uomini e le altre forme di vita sulla Terra.[82] Edwards afferma che dobbiamo intraprendere una “conversione ecologica”, mentre Sessions reputa che esistano  anche “dimensioni spirituali  e di ‘spostamento di paradigma” della rivoluzione ecologica”.[83]

Molti fra gli autori citati non vorrebbero abbracciare la visione “antropocentrica” di Teilhard, e le sue opinioni riguardo la natura dell’evoluzione umana o il nostro ruolo nel sistema delle cose. Ma se avesse ragione? Se dovessimo semplicemente rimanere parte della natura, senza avere alcun ruolo da una prospettiva “dal di sopra”, sarebbe la più visione antropocentrica più egoistica, poiché rifiuteremmo di essere ciò per cui siamo stati creati. Per Teilhard il “ricadere all’indietro” è peccato, ed essere qualcosa di meno rispetto a ciò per cui si è stati creati significherebbe soccombere alle forze entropiche e muovere verso la materia e non verso lo spirito. L’entropia, per Teilhard, è contrastata dalla “imponderabile corrente dello spirito…” Se la scienza si aprisse a ciò, “ci permetterebbe di esplorare dal di dentro l’Universo che la fisica ha cercato fin qui di cogliere dall’esterno”. Grazie a questa apertura, gli uomini diverrebbero “amministratori” di questa energia e incaricati di svilupparla ed estenderla. Scrive Teilhard: “Perché la corrente dello Spirito, rappresentata oggi dall’Umanità si mantenga e avanzi, bisognerebbe soprattutto vegliare a che la massa umana conservi la sua tensione interna, cioè che non lasci che in sé si sperperi né si abbassi il rispetto, il gusto, il fervore della Vita.[84] 

Cobb e Griffin affermano che il Punto Omega teilhardiano è troppo lontano per fornirci una vera speranza, e che ciò ci cui abbiamo bisogno è “un cambiamento radicale nella qualità stessa della nostra esistenza”.[85] Dobbiamo sviluppare questo gusto per la vita. Teilhard credeva che se noi vediamo la vita solo come una giostra senza fine o bloccata, o una “morte totale” priva di senso, gli uomini “perderebbero l’animo di agire, e lo slancio umano si troverebbe, radicalmente e per disgusto, bloccato e ‘sgonfiato’ per sempre”.[86] Questa condizione di “sgonfiamento” può assumere per la Teilhard la forma di uno “sciopero contro la vita”. “E questo sciopero, lo farà, se, pari passu con la sua scienza e potenza, non cresce anche in lui l’interesse per l’opera che gli è affidata. In noi… l’evoluzione è diventata cosciente, cosciente  e compiuta…, ma a che pro questo grande avvenimento cosmico se venissimo a perdere il piacere dell’Evoluzione!”[87]  A che pro davvero!  Possiamo soltanto “servire il mondo” o “scioperare” – o, detto in altro modo, “amatevi o perirete”.[88]

Un movimento verso l’amore sarebbe un movimento che allontana dall’isolamento, dalla nostra trance tecnologica, dalla nostra sconnessione dalla creazione, da Dio e gli uni dagli altri. Nel teilhardiano “amore umano generalizzato” sappiamo di poter sperimentare “il miracolo di un’anima comune” con i nostri compagni umani, e anche con i nostri compagni esseri viventi.  Può questa anima comune diventare un anima del mondo, una anima mundi? James Hillman, analista junghiano, ha scritto nella sue prefazione a Ecopsychology che “l’uscita dalla specializzazione e dalla parcellizzazione, dall’isolamento che essi alimentano, e dalla non-realtà che di fatto deriva dalla auto-chiusura, tutto ciò significa avere idee nuove. Oggi tali idee cominciano a diffondersi nel mondo: una psiche ecologica; un mondo da cui però l’anima umana è colpita, a cui l’anima umana comincia a volgersi con un nuovo interesse, perché in questa anima del mondo l’anima umana ha sempre avuto la sua casa”.[89] E qual è questa casa?

Per Teilhard, la casa era “lo spirito materializzato” o “la materia spiritualizzata”. A differenza di molti mistici degli ultimi secoli, non cercava la fuga dal mondo nella trascendenza, né una “dissoluzione monistica” nel mondo. Ricercava invece una “terza via” dove non ci fosse “opposizione tra universale e personale”, ma anche “senza confusione”[90] Come spesso accade nella tradizione mistica, egli era perfettamente a suo agio con il paradosso. Ne è un esempio Rumi, che  scrive: “coloro che camminano nel fuoco appaiono improvvisamente nella corrente… molti si guardano dall’andare nel fuoco e ci finiscono dentro”. Teilhard sapeva che ciò che appare essere fuoco è invece acqua e viceversa.

E ritorniamo così al “timone del mondo”. La cosa interessante riguardo un timone è che, nel guidare la barca, si muove la barra nella direzione opposta a quella in cui ci si vuole dirigere; verso tribordo se accostiamo a babordo, verso babordo se accostiamo a tribordo. Secondo Wikipedia, ai navigatori principianti viene insegnata questa manovra con la frase allitterante “tiller toward trouble”, letteralmente  “mettere la barra, accostare verso i guai”. Teilhard ha scritto: “Per capire il Mondo, non basta sapere: bisogna vedere, toccare, vivere nella presenza, bere l’essenza bell’e calda nel seno stesso della Realtà”.[91] Sapeva che per trovare l’Acqua Viva, occorre “mettere la barra” in direzione del fuoco.

Traduzione dall’inglese di Franco Bisio

 

[1] Pierre Teilhard de Chardin e Ursula King, Pierre Teilhard de Chardin: Writings, Orbis Books, Maryknoll, NY 1999, pp. 9.11

[2] Ibid., p. 16

[3] Mary Evelyn Tucker, “The Ecological Spirituality of Pierre Teilhard de Chardin”, Spiritus 7 (Spring 2002) 1, p. 3

[4] Ibid.

[5] Pierre Teilhard de Chardin e Ursula King, Pierre Teilhard de Chardin: Writings, cit. p. 20

[6] Pierre Teilhard de Chardin, Il cuore della materia, Queriniana, Brescia 1993, pp. 9.11-12

[7] Pierre Teilhard de Chardin, Inno dell’Universo, Queriniana, Brescia 1992, p. 46

[8] Ken Wilber, Up from Eden. A Transpersonal View of Human Evolution, prima ed., Shambala, Boulder, CO 1983, p. 4

[9] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, Orbis Books, Maryknoll, NY 2006, p. 83

[10] Thedore Roszak, The Voice of the Earth, Simon & Schuster, New York 1992, p. 201

[11] George Sessions, “Deep Ecology as Worldview”, in Worldview an Ecology: Religion, Philosophy and the Environment, a cura di Mary Evelyn Tucker e John A. Grim, Orbis Books, Maryknoll, NY 1994, p. 221

[12] Pierre Teilhard de Chardin, Il Fenomeno umano, Queriniana, Brescia 1995, pp. 232-233

[13] Ibid., p. 233. Corsivo mio.

[14] Willis J. Jenkins, Ecologies of Grace: Environmental Ethics and Christian Theology,  Oxford UP, New York 2008, p. 104

[15] Rosemary Radford Ruether, “Ecofeminist Philosophy, Theology, and Ethics: A Comparative View”, in Ecospirit: Religions and Philosophies for the Earth, a cura di Laurel Kearns e Catherine Keller, Fordham UP, New York 20074, p. 80

[16] George Sessions, “Deep Ecology as Worldview”, cit., p. 207

[17] Ibid., pp. 212-213

[18] David Ray Griffin, “Whitehead’s Deeply Ecological Worldview”, in Worldviews and Ecology, cit., p. 192

[19] Pierre Teilhard de Chardin, “Il mio universo” (1924), in La scienza di fronte a Cristo, Il Segno dei Gabrielli Editori, Verona 2002, pp. 109-110

[20] Charles Birch e John B. Cobb, Jr., The Liberation of Life: From Cell to the Community, Environmental Ethics Books, Denton, TX 1988, p. 4

[21] George Sessions, “Deep Ecology as Worldview”, cit., p. 218

[22] Ibid., pp. 221-222

[23] Ibid., p. 219

[24] Theodore Roszak, The Voice of the Earth, cit., p. 97

[25] Ibid., p. 198

[26] Ibid.

[27] Joseph A. Grau, “The Creative Union of Person and Community: A Geo-Humanistic Ethic”, in Teilhard in the 21st Century: The Emerging Spirit of Earth, a cura di Arthur Fabel e Donald St John, Orbis Books, Maryknoll NY 2003, p. 213

[28] George Sessions, “Deep Ecology as Woridlview”, cit., pp. 217.219

[29] Ibid., p. 217

[30] Willis J. Jenkins, Ecologies of Grace, cit., pp. 104-105

[31] George Sessions, “Deep Ecology as Worldview”, cit., pp. 219-220

[32] Theodore Roszak, The Voice of the Earth, cit., p. 314

[33] Ibid., p. 316

[34] Willis J. Jenkins, Ecologies of Grace, cit., pp. 107, 212

[35] Theodore Roszak, The Voice of the Earth, cit., p. 199-200

[36] Ibid., p. 199

[37] Joseph A. Grau, “The Creative Union of Person and Community: A Geo-Humanistic Ethic”, cit., p. 210

[38] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, cit., p. 86

[39] Joseph A. Grau, “The Creative Union of Person and Community: A Geo-Humanistic Ethic”, cit., p. 209. La citazione di Teilhard è tratta da La scienza di fronte a Cristo, cit., p. 29

[40] Eleanor Rae, “Divine Wisdom: Her Significance for Today”, in in Teilhard in the 21st Century: The Emerging Spirit of Earth, cit., p. 207

[41] Pierre Teilhard de Chardin, Il cuore della materia, cit., p. 17

[42] Pierre Teilhard de Chardin, Inno dell’universo, cit., pp. 46-47

[43] Pierre Teilhard de Chardin, La vita cosmica, Il Saggiatore, Milano 1970, pp. 31-32

[44] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit., p. 72

[45] Pierre Teilhard de Chardin, Il cuore della materia, cit., p. 19

[46] Ibid.

[47] Pierre Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, Queriniana, Brescia 1994, p. 17

[48] Ibid., p. 92

[49] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, cit., p. 85

[50] Eleanor Rae, “Divine Wisdom: Her Significance for Today”, cit., p. 207. La citazione di Teilhard è tratta da Il Fenomeno umano, cit., p. 52

[51] Ibid.

[52] Mary Evelyn Tucker, “The Ecological Spirituality of Pierre Teilhard de Chardin”, cit., p. 8. La citazione di Teilhard è tratta da Il Fenomeno umano, cit., p. 52

[53] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, cit., p. 84

[54] Mary Evelyn Tucker, “Education and Ecology: Earth Literacy and the Technological Trance”, in Teilhard in the 21st Century, cit., p. 87

[55] John B. Cobb Jr. e David Ray Griffin, Teologia del processo: una esposizione introduttiva, Queriniana, Brescia 1978, p. 97

[56] Ibid.

[57] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit., p. 254

[58] Cfr. ibid., p. 86

[59] Pierre Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, cit., p. 86

[60] Cfr. Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit., p. 109

[61] Pierre Teilhard de Chardin, La vita cosmica, cit., p. 40

[62] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit. p. 97

[63] Ibid., p. 76

[64] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, cit., p. 87

[65] George Sessions, “Deep Ecology as Worldview”, cit., p. 211

[66] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit. p. 97-98

[67] Ibid., p. 96

[68] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, cit., p. 85

[69] Joseph A. Grau, “The Creative Union of Person and Community: A Geo-Humanistic Ethic”, cit., p. 211-212

[70] Ibid., p. 212

[71] Ibid., pp. 212-213. La citazione di Teilhard è tratta da L’energia umana, Il Saggiatore, Milano 1984, p. 26

[72] Ibid., p. 213. La citazione di Teilhard è tratta da L’energia umana, cit., pp. 95-96

[73] Ibid.

[74] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit., p. 73

[75] Ibid., pp. 71-72

[76] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, cit., p. 84

[77] Mary Evelyn Tucker, “The Ecological Spirituality of Pierre Teilhard de Chardin”, cit., p. 17

[78] Pierre Teilhard de Chardin, L’energia umana, cit., p. 190

[79] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit., pp. 112-113

[80] George Sessions, “Deep Ecology as Worldview”, cit., p. 208

[81] Mary Evelyn Tucker, “Education and Ecology: Earth Literacy and the Technological Trance”, pp. 93-94

[82] Ibid., p. 96

[83] Denis Edwards, Ecology at the Heart of Faith, cit., p. 85

[84] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit., p. 125

[85] John B. Cobb Jr. e David Ray Griffin, Teologia del processo: una esposizione introduttiva, cit., p. 94

[86] Pierre Teilhard de Chardin, La scienza di fronte a Cristo, cit., p. 243.

[87] Pierre Teilhard de Chardin, Verso la convergenza, Il Segno dei Gabrielli Editori, Verona 2004, p. 200

[88] Pierre Teilhard de Chardin, L’energia umana, cit., p. 200

[89] Theodore Roszak, Mary E. Gomes e Allen D. Kanner (a cura di), Ecopsychology: Restoring the Earth, Healing the Mind, Sierra Club Books, San Francisco 1995, p. XXIII

[90] Pierre Teilhard de Chardin, Il cuore della materia, cit., p. 81

[91] Pierre Teilhard de Chardin, Inno dell’universo, cit., p. 44

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