Una polifonia per il nostro futuro. Riflessioni sul rapporto tra ragione e fede nel pensiero di Joseph Aloisius Ratzinger

Aurelio Rizzacasa

Aurelio Rizzacasa è professore ordinario fuori ruolo di Filosofia morale presso l’Università di Perugia e docente presso l’Istituto Teologico di Viterbo dove insegna Ermeneutica e Filosofia della religione. Accanto alle tematiche inerenti alla storia ha approfondito, con particolare attenzione, tematiche etico-filosofiche ed etico-politiche dominanti nel pensiero del Novecento. Tra i suoi scritti, S. Kierkegaard, Storia ed esistenza (Studium, Roma 1984); Filosofia della storia: temi, problemi, prospettive (Borla, Roma 1993); Il tema di Lessing (San Paolo, Cinisello Balsamo 1996); La sentinella del nulla: riflessioni sul pensiero di E.M. Cioran (Morlacchi, Perugia 2007); L’umanità si racconta. I sentieri della narrazione storica (Studium, Roma 2009); L’eco-etica. Temi, problemi e prospettive (con F. Caporali e S. Procacci, Morlacchi, Perugia 2012).

Status quaestionis

Il pensiero teologico di Benedetto XVI, Papa emerito recentemente scomparso, trova il suo centro di riflessioni, in certo senso filosofiche e teologiche, nel rapporto tra ragione e fede che nella sua vasta cultura biblica e storica concentra l’attenzione su un’interessante prospettiva ermeneutica. Egli infatti, in una linea interpretativa platonica-agostiniana e bonaventuriana, fornisce l’occasione per riproporre l’immagine del pensiero cristiano in una prospettiva capace di valorizzare nel contempo la tradizione e il rinnovamento, ottenendo un’immagine del reale suscettibile di conciliare le istanze scientifiche del pensiero moderno con quelle filosofico- teologiche appartenenti alla nostra contemporaneità. Del resto non possiamo dimenticare che J. A. Ratzinger, in qualità di responsabile della commissione Propaganda fide, ha collaborato all’enciclica Fides et ratio[1] di Giovanni Paolo II e inoltre è stato coautore dell’altra enciclica Lumen fidei[2] promulgata da Papa Francesco. Per cui già in questi documenti ha espresso l’idea fondamentale che ha guidato il suo pensiero nella relazione tra i due ambiti, quello della ragione che impegna la conoscenza umana e quello della fede che esprime il presupposto della testimonianza religiosa qualitativamente diversa ed incommensurabile rispetto all’orizzonte della ragione. Questo discorso complesso ed articolato costituisce anche il sentiero teologico percorso dai primi capitoli della sua Introduzione al cristianesimo[3]. In questa complessa immagine culturale egli si ispira ad una polifonia nella quale il sapere scientifico trova il suo completamento nella fede religiosa sia nella prospettiva biblica sia in quella teologica. In una situazione in cui vengono conciliate le categorie del pensare e dell’amare e le istanze emergenti della verità e della fede. Ciò accade in una situazione neo-testamentaria che percorre un impegnativo sentiero biblicamente connotato dal momento rivelato in cui il messaggio del Cristo è per le stesse parole di Gesù via, verità e vita. Così, l’impegno teologico si avventura nello spazio del mistero procedendo oltre la riflessione espressa dalla razionalità della cultura. Ciò permette, al nostro teologo di chiarificare la distinzione pascaliana tra il Dio dei filosofi e il Dio biblico di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. In questa chiave di lettura, Ratzinger interpreta la filosofia del nostro tempo distinguendo tre posizioni caratterizzanti l’impegno culturale dell’uomo di oggi. Naturalmente il discorso è più ampio rispetto alla cultura attuale poiché coinvolge l’intero panorama storico che dall’antichità, attraverso il medioevo, giunge al pensiero moderno. Pertanto, possiamo sintetizzare il panorama delle situazioni culturali attraverso le tre posizioni del teismo, del politeismo e dell’ateismo. È evidente che nel nuovo connubio teologico tra ragione e fede, trovano spazio anche le riflessioni teologiche avanzata da Pierre Teilhard de Chardin che come vedremo in seguito verrà anche ricordato in alcuni passi significativi della già citata introduzione al cristianesimo. Del resto, al di là delle polemiche tradizionali, possiamo riconoscere sinteticamente che il teologo ora ricordato nella sua posizione espressa in modo quasi sistematico nelle sue due opere Il fenomeno Umano[4] e L’Ambiente divino[5], propone una polifonia tra scienza e fede compatibile con un tomismo rispettato ma rinnovato senz’altro in dialogo e in accordo tanto con l’epistemologia delle scienze biologiche quanto con le filosofie religiose del nostro tempo.

Il messaggio cristiano compatibile con la prospettiva polifonica

Il problema di fondo della teologia di Ratzinger è quello di caratterizzare l’affinità e la differenza tra il Dio della riflessine filosofica e il Dio della fede, ciò in una prospettiva diversa ma simile all’immagine delle due realtà capaci di interpretare una complementarietà semantica specificamente illustrata nell’enciclica Fides et ratio. Gli elementi di fondo della posizione del nostro teologo appartengono ad una forma di cristianesimo fedele al messaggio biblico, nonché alla tradizione teologica della chiesa ma aperta la dialogo con le altre religioni nel senso immaginato già dalla costituzione conciliare Nostra aetate[6], nonché con un’estensione dell’interesse culturale all’ecumenismo da lui incoraggiato nell’ambito delle chiese cristiane. L’idea di fondo di Papa Ratzinger pur ricollegandosi al rispetto profondo per la tradizione storica plurimillenaria della chiesa cattolica, ha sempre inteso rivendicare l’importanza delle nuove proposte presenti nei documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II. In questo orizzonte la sua polifonia culturale e teologica intende stabilire una continuità di inspirazione capace di collegare la tradizione con il rinnovamento, ciò superando ogni polemica di questioni particolari ma rivendicando la disponibilità alla promozione di un’ermeneutica del messaggio cristiano capace di comprendere e di interpretare i segni dei tempi presenti nella cultura attuale. In questo quadro culturale con evidenti finalità di ordine teologico, Papa Ratzinger affronta criticamente il tema della condanna al relativismo che ha occupato l’ultimo mezzo secolo della cultura cattolica a partire dalla questione dei post, vale a dire del post-moderno, del post-metafisico, del post-cristiano ma anche nei tempi più recenti del post-secolarismo. In questo quadro prospettico, il relativismo è dai lui condannato per le evidenti aperture allo scetticismo e al nichilismo ma la sua riflessione è più prudente allorché la relazione tra scienza e fede coinvolge le questioni più specifiche che appartengono alle scienze contemporanee quali la psicoanalisi, le neuroscienze, l’intelligenza artificiale ecc. Egli infatti, con la sua polifonia, pressoché complementare tra scienza  e fede, integra il tomismo proprio della tradizione cattolica con il suo spiritualismo agostiniano, bonaventuriano e pascaliano, alla luce del quale il momento esistenziale completa la metafisica della tradizione ontologica della teologia classica della chiesa. In tal modo, anche il soggettivismo esistenziale si integra con l’oggettivismo della verità che per lui costituisce l’orizzonte di fondo di natura realistica da garantire anche nella conoscenza teologica sia pure allorché viene difeso il primato della fede in un quadro antropologico in cui la logica della finitezza si apre alla profondità del mistero della trascendenza.

Il contesto culturale

Il problema della relazione tra scienza e fede va inserito in un contesto culturale in cui la chiesa cattolica difende, attraverso il tomismo della filosofia neoscolastica, un realismo ontologico sostenuto dalla filosofia di Aristotele, nonché dai suoi sviluppi medievali che trovano il loro centro in Tommaso d’Aquino e nel tomismo post tridentino. Ciò giustifica la diffidenza della teologia classica nei confronti del mondo moderno, nonché e soprattutto del modernismo ritenuto culturalmente aperto al soggettivismo nella nostra cultura contemporanea. In questa prospettiva sostanzialmente tradizionale, le posizioni filosofiche di tipo esistenziali, nonché fenomenologiche ed ermeneutiche vengono di solito viste con sospetto. Ma Papa Ratzinger compie, come abbiamo visto sulla linea del Concilio, nonché attraverso il suo agostinismo bonaventuriano, un’apertura ai problemi nuovi. Così le scienze della natura e le scienze umane determinano delle nuove possibilità interpretative e la teologia è costretta ad un’apertura dialogica al rinnovamento anche se sono presenti delle forti resistenze a queste aperture culturali. Nascono così le riserve culturali rispetto ad alcuni autori come ad esempio la questione astronomica sollevata da Galilei, nonché la questione evoluzionistica sollevata da Darwin  e quella psicoanalitica emergente con Freud. Così vengono anche sospettate le nuove filosofie emergenti nell’ambito religioso, si pensi alle polemiche nate in merito alla nuova metafisica di Rosmini, nonché alla nuova apertura alla scienza sostenuta da Teilhard de Chardin e si potrebbe andare oltre, ma in questa sede sono sufficienti questi esempi per comprendere le ragioni del terreno minato in cui si muovono nel mondo odierno le nuove ipotesi teologiche. Le filosofie più favorevoli alle istanze di rinnovamento sono come è noto quelle esistenziali, quelle fenomenologiche, quelle personalistiche e quelle ermeneutiche. In questo difficile quadro culturale si muove Ratzinger difendendo sulla linea del concilio il dialogo, l’ecumenismo e sul piano scientifico il principio di evoluzione. È chiaro che in tal modo si aprono nuove possibilità anche per la comprensione valutativa delle originali ipotesi teologiche fornite da Teilhard de Chardin che permettono di individuare una visione cosmica dove le scienze predispongono una visione del reale aperta all’accoglienza anche del messaggio cristiano con il suo legame dell’immanenza e della trascendenza, della storia e della metastoria, della testimonianza nel mondo e della visione apocalittica. In tal modo acquista importanza il rapporto tra fede e ragione[7], le cui differenze qualitative tra i due ambiti non si risolvono per Papa Benedetto nella incommensurabilità tra gli ambiti stessi poiché invece permettono di stabilire tra questi elementi una fondamentale complementarietà che consente una sintesi culturale anche di natura teologica nella visione del reale orientata alla testimonianza cristiana. Così prende origine nel contesto del post-secolarismo la possibilità di una nuova e significativa alleanza tra fede e ragione. Ciò, determina nel campo teologico un importante passaggio dalla condanna del relativismo che ha caratterizzato l’interpretazione del cristianesimo negli ultimi decenni ad una visione del post-secolarismo capace di recuperare lo spazio per il mistero che accompagna l’adesione alle religioni. Da un punto di vista epistemologico, invece, la posizione di Ratzinger propone un’interpretazione teologica vicina alla concezione di Teilhard de Chardin. Ciò accade attraverso un’ermeneutica epistemologica che sul paino filosofico si apre sia alla teoria dell’evoluzione sia a quella della complessità olistica e sistemica del reale. Così, ne deriva una concezione nella quale la teologia non ignora i risultati ultimi delle scienze tanto della natura quanto dell’uomo pur conservando sul piano della fede l’importanza di un’ermeneutica approfondita del messaggio biblico cui dà luogo la fede cristiana. La conclusione di un tale discorso, aggiornato filosoficamente fino alla posizione di Martin Heidegger e aperto teologicamente dopo il tomismo alle teologie esistenziali del nostro tempo, porta Ratzinger a costruire anche sulla linea di Teilhard un’astretta relazione tra ragione e fede, filosofica e teologia. Ciò dal momento che la conoscenza filosofica apre il conoscere al fare e alle tecniche aggiornate dell’intelligenza artificiale, mentre la teologia sul piano della fede valorizza la conversione e conduce il cristiano ad una autenticità del fare che approda alla conversione e alla testimonianza.

Teilhard e Ratzinger

Le affinità in parte esplicite e in parte implicite di Teilhard De Chardin e di Ratzinger relative al rapporto tra scienze fede nonché  tra filosofia e teologia emergono da alcuni documenti fondamentali della vasta produzione scientifica in senso lato di Papa Benedetto, costituiti dal suo testamento spirituale[8], nonché da alcuni discorsi appartenenti al periodo precedente il suo pontificato (quindi legati alla sua carica di prefetto della commissione della Propaganda fide insieme alle sua attività accademica nelle università tedesche). Altri elementi possono essere desunti dalla sua Introduzione al cristianesimo e da alcuni discorsi del suo pontificato, quali quello all’Università di Ratisbona[9], quello all’Università La Sapienza di Roma[10] e quello in Francia in occasione del 150° anniversario delle apparizioni a Lourdes[11], e l’omelia per la celebrazione dei vespri nella cattedrale di Aosta[12].  In particolare nel suo testamento spirituale in merito al problema che stiamo affrontando emerge lo stretto legame tra la ragione del pensiero cristiano, intesa come ragionevolezza, e il piano della fede. Ciò comporta nei suoi riferimenti autobiografici il riconoscimento del legame tra le scienze e la teologia, quindi della ragione e della fede. Del resto, la sua concezione della fede non è disgiunta dalla ragionevolezza poiché la verità è oggettiva ma l’adesione alla medesima comporta una scelta soggettiva. Così la testimonianza cristiana riesce ad operare una sintesi tra la diversità incommensurabile dei due ambiti che impegnano la cultura umana. Di fatto, la ragionevolezza cristiana della fede non è disgiunta dalla concezione del nostro papa teologo dall’istanza dell’ecumenismo, nonché da quella della relazione interreligiosa, poiché il mondo della fede è per lui caratterizzato dall’importanza del dialogo tra tutti coloro che aprono il loro pensiero al mistero profondo dei messaggi spirituali. Inoltre non va dimenticato l’importante riferimento culturale che emerge dalla già citata omelia tenuta da Papa Ratzinger alla celebrazione dei vespri nella Cattedrale di Aosta, in cui la sintesi scientifico-filosofica e filosofico-teologica comprende tutto il reale espresso da questa proposizione: la presenza di Dio come liturgia cosmica. In tal modo in senso teilhardiano l’alfa  e l’omega come si collegano con l’idea bonaventuriana del creato che rivela per vestigia la presenza di Dio secondo al visione di Papa Benedetto, per cui il cosmo e il divino si manifestano insieme nella completezza del reale nelle sue espressioni immanenti e trascendenti, fisiche e spirituali, storiche  e metastoriche, umane e divine.

In queste pagine, dato lo spazio limitato di cui disponiamo, abbiamo esposto con riferimenti frammentari ed esemplificativi del problema affrontato, una concezione del rapporto tra scienza e fede, ragione e testimonianza cristiana, in un’apertura della posizione di Ratzinger alla cultura contemporanea, tanto scientifica quanto teologica, che trova anche in Teilhard de Chardin un valido anticipatore di un discorso aperto alle piste di ricerca che la cultura odierna propone ad un cristianesimo autentico sicuramente presente nel nostro mondo post-metafisico e post-secolare. Il contesto ineludibile e imprescindibile di ogni riferimento filosofico teologico del mondo odierno è anche in questo caso l’istanza di un nuovo umanesimo per il III millennio, sicuramente diverso dall’umanesimo ontico ed ontologico al quale siamo abituati a fare riferimento ma comunque orientato a cogliere e a valorizzare l’umano dell’uomo in una situazione spirituale e non solo tale in cui lo spazio della fede ci apre alla comunicazione con un Dio nascosto e spesso presente nella profondità del suo silenzio attraverso il quale si manifesta nella nostra cultura. In questo campo, la dualità complementare tra ragione e fede apre la via di un messaggio nuovo nella sua importanza e ineludibilità rispetto alle visioni tradizionali che è sicuramente rappresentato dal primato dell’etica, rivendicato dai filosofi,  il cui esempio più evidente è dato dalla posizione di Emmanuel Levinas, ma che costituisce anche sul piano teologico della visione cristiana del mondo e della storia il contenuto più profondo attraverso il quale la fede religiosa si traduce in testimonianza umana. Su tale linea, alla domanda ineludibile su cosa sia la verità, la filosofia risponde in un triplice piano ontologico, etico e politico, che è la conoscenza del bene, ma la fede cristiana completa il discorso con il messaggio evangelico di Gesù che recita  Io sono la Via, la Verità e la Vita, e che si manifesta coerentemente  nel sacrificio della croce come risposta alla domanda di Pilato, “quid est veritas?” In questo senso Papa Ratzinger si ispira a Platone, Agostino e Bonaventura per costruire la sua teologia aperta al messaggio speculativo, e non solo tale, della nostra cultura post-secolare, mentre Teilhard de Chardin con tutte le affinità che abbiamo cercato di sottolineare mantiene ferma in modo implicito, ma spesso anche esplicito, al di sotto dell’epistemologia scientifica, su cui si regge la sua teologia, il messaggio ontologico e realistico di Tommaso d’Aquino che sostiene l’autonomia della filosofia, anche di quella aristotelica, utilizzandola però come ancilla theologiae.

 

 

[1] Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Fides et ratio, 1998.

[2] Papa Francesco, Lettera enciclica Lumen  fidei, 2013.

[3] Cfr. Joseph Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2005.

[4] Cfr. Pierre Teilhard de Chardin, Il Fenomeno UmanoQueriniana, Brescia 2020.

[5] Cfr. Pierre Teilhard de Chardin, L’Ambiente divino, Queriniana, Brescia 1994.

[6] Cfr. Costituzione conciliare Nostra aetate, Concilio ecumenico Vaticano II, 1965.

[7] Cfr. Joseph Ratzinger, Le idee di Benedetto XVI a confronto con un grande filosofo, Marsilio, Venezia 2055.

[8] Cfr. Joseph Ratzinger, Il mio testamento spirituale, 2006.

[9] Cfr. Joseph Ratzinger, Discorso del santo Padre nell’Università di Regensburg, 12 settembre 2006.

[10] Cfr. Joseph Ratzinger, Testo dell’allocuzione che avrebbe pronunciato nel discorso di visita all’Università degli Studi La Sapienza di Roma, prevista per il 17 gennaio 2008 e poi annullata.

[11] Cfr. Joseph Ratzinger, Discorso del Santo Padre Benedetto XVI, Parigi, 12 settembre 2008.

[12] Cfr. Joseph Ratzinger, Omelia del santo Padre Benedetto XVI, Aosta, 24 luglio 2009.