Anime sorelle? San Paolo, apostolo dei Gentili, e Pierre Teilhard de Chardin SJ, Apostolo dei "Gentili" della modernità

Hilda Geraghty

Anime sorelle? San Paolo, Apostolo dei Gentili, e Pierre Teilhard de Chardin SJ, Apostolo dei “Gentili” della modernità[1].

 

Hilda Geraghty vive a Dublino, è un’insegnante di Scuola secondaria in quiescenza, ha conseguito qualifiche post-laurea in Spiritualità, Catechesi e Pastorale giovanile. Cura il sito Seeing Whole with Teilhard de Chardin (indirizzo @teilharddechardinforall.com) dedicato all’approfondimento del pensiero del gesuita francese

 

Chi oserebbe accostare un nome accanto a quello di San Paolo – a parte, naturalmente, quello di San Pietro? Ma è proprio quello che ardisco di fare, se solo può servire a far riflettere su cosa ci sarebbe in gioco oggi per la Chiesa nel mondo moderno, se una figura come San Paolo non  avesse fatto ciò che fece per un Cristianesimo agli inizi. L’ampiezza della sfida culturale che San Paolo affrontò nell’Impero romano del Primo secolo può essere paragonata a quella che la Chiesa si trova davanti nel mondo moderno, ed è per questo che si affaccia alla mente il confronto .

Sfida culturale

In che modo Paolo rese il messaggio di Cristo comprensibile e alla portata di uomini e donne appartenenti ad una cultura decisamente differente da quella presso la quale tale messaggio aveva avuto origine? – a persuadere i Gentili, ossia i non-Giudei, ad accettare una fede nata all’interno del Giudaismo, la cui figura centrale era l’ebreo Gesù? Doveva essere radicale per avere successo, e Paolo era proprio radicale. “In Cristo siamo una creazione nuova”, proclamava.

Con una libertà divinamente ispirata, cancellò dal Giudaismo tutto ciò che non era necessario per questa nuova creazione, in primo luogo e soprattutto la circoncisione, il segno fondamentale dell’identità ebraica, ed inoltre riti, festività, costumi e regole che il Giudaismo aveva acquisito nella sua lunga storia. Ciò provocò la prima crisi nella Chiesa: la circoncisione doveva essere abbandonata o mantenuta?

Con Paolo, il Cristianesimo divenne una fede del tutto nuova, che sviluppava il proprio pensiero con il passare del tempo. Egli la rese un soffio di aria fresca nell’atmosfera vizza dell’Impero romano, che fu accettata con gratitudine dagli oppressi. Era nuova. La capacità di Paolo di vedere le cose dal punto di vista dei Gentili lo portò a  gettare via l’involucro, gli anacronistici abiti del Giudaismo. Ciò che di esso mantenne fu la rivelazione biblica, sulla quale il Cristianesimo si impiantò come sulle fondamenta: e poi continuò a svilupparsi seguendo la propria strada.

Guidato dall’appassionato zelo per la causa di Cristo, Paolo aveva aperto la sua mente oltre i pregiudizi e gli orizzonti del suo tempo. Tuttavia – e questo è quel che mi conduce a trovare dei parallelismi fra i due uomini ricordati nel titolo – la sfida della Modernità, che si è fermamente sollevata negli ultimi tre secoli, è probabilmente una sfida per la Chiesa pari a quella che la neonata Chiesa giudeo-cristiana affrontò nel primo secolo. Per quanto riguarda questa sfida, con una passione simile a quella di San Paolo, sia intellettuale sia spirituale, la figura che si presenta alla mente è quella di Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955), sacerdote gesuita e paleontologo francese.

Il pericolo del sottrarsi alla sfida culturale

Quasi ogni giorno della sua vita di scienziato, fra i suoi colleghi sul campo, Teilhard era decisamente cosciente del grande pericolo incombente sulla Chiesa se questa non fosse stata in grado di presentare Cristo in un modo che si facesse comprendere dalla cultura della Modernità – una cultura fondata sulla scienza. Possiamo vediamo da segnali dolorosi che la Chiesa ha evitato per troppo tempo questa sfida, e che Teilhard aveva ragione nel constatare che la Chiesa nel mondo occidentale era sul punto di precipitare in un dirupo. Sempre di più i figli adulti di genitori credenti e praticanti se ne vanno con naturalezza dalla Chiesa appena possibile. Non siamo più capaci di trasmettere la fede da una generazione all’altra, il che fa disperare molti genitori. Le celebrazioni di Prime Comunioni e Cresime sono avvertire come vuote, da bambini che non vedremo più in Chiesa. Crescono per diventare così “spirituali ma non religiosi”. Anche il Natale in chiesa sembra un poco evanescente, per molti solo un momento nostalgico, con gli stessi canti dell’anno prima. “Dite quello che volete,  scrive Teilhard,  il nostro secolo è religioso, forse più di ogni altro… solo, non ha ancora trovato quale Dio adorare”, ossia un’immagine di Dio che abbia senso per lui.

 

Una Chiesa in confusione?

Lo stato di cose ha lasciato la Chiesa in qualche modo confusa, penso, perché per la maggior parte dalla sua storia è stata all’avanguardia nella cultura. Ovunque la Chiesa arrivasse, era portatrice di istruzione, educazione e progresso, e in molti luoghi è ancora così. Molti grandi scienziati erano cristiani in tutto per tutto, fra loro uomini del calibro di Georges Lemaître, un sacerdote belga, il primo a scoprire nel 1929 quello che sarebbe stato più tardi chiamato il “Big Bang”. La Chiesa era sulla cresta dell’onda della civiltà occidentale. Cosa è accaduto con la modernità?

Per realizzare la sintesi attesa dalla nostra generazione fra fede in Dio e fede nel Mondo, null’altro da fare, né meglio, che porre in luce, dogmaticamente, nella persona del Cristo, l’aspetto e la funzione cosmici che lo rendono organicamente, principio motore e guida, cioè “l’anima” dell’Evoluzione.[2]

Teilhard vedeva la Chiesa dei suoi tempi insegnare aggrappata a una cosmologia e un antropologia statiche, anacronistiche, radicate nell’antica Grecia antica, e vedeva come essa si fosse concentrata, in modo ristretto e angusto, su un concetto di salvezza puramente ultraterreno, e su una pietà individualistica, invece di migliorare il mondo per il suo stesso valore, così da costruire il Regno di Dio sulla Terra. Agli occhi di Teilhard la Chiesa doveva guardare in avanti, verso i campi pronti per il raccolto, ed imparare come interpretare Cristo per la cultura odierna.

Abiti nuovi per Cristo?

Teilhard si impegnò con tutta la sua mente e tutto il suo cuore per  guidare la Chiesa a fornire a Cristo un nuovo guardaroba, cioè una credibilità nuova. L’abito infatti conta, ed invia un messaggio del quale  colui che lo indossa può anche non rendersi conto. Gli abiti vecchi sono sdruciti, un po’ patetici, male in arnese e danno un’impressione di povertà a chi li porta. Questa è oggi la condizione diffusa della Chiesa nella società occidentale. L’immagine, il modo in cui gli altri ci vedono è davvero importante, specialmente se si vuole essere un apostolo. Sappiamo dai racconti della Passione – ed è interessante – che la tunica di Gesù era “tessuta tutta d’un pezzo, da cima a fondo”. Egli appariva più che dignitoso, elegante addirittura.

Se la Chiesa vuole trattenere i suoi fedeli dalla nascita, come pure adempiere la sua missione – “Andate in tutto il mondo e proclamate la Buona Novella a tutte le creature” – deve migliorare la propria immagine. Deve mostrare di integrare il paesaggio della modernità fino al livello più profondo, la teologia. La modernità può essere un’amica per la Chiesa, non un’avversaria: questo dice Teilhard. È difficile per un cristiano vivere il proprio oggi con una mentalità di ieri. E tuttavia la Chiesa, secondo Teilhard, presenta “un Cristo troppo piccolo”, una comprensione di Cristo troppo datata per avere un impatto su persone che sono più o meno coscienti delle dimensioni cosmiche dell’universo e dell’evoluzione della vita sulla Terra. Persone  alle quali nessuno ha insegnato il posto ed il ruolo di Cristo in questa storia – e Teilhard ardeva per insegnarglielo.

La sfida cosmica

Cosa può dire la Chiesa a un post-cristiano istruito, che scrive:

Lentamente, come un commutatore che viene ruotato, ho sentito svanire la mia fede in Dio. La distanza di tempo sembrava troppo glacialmente immensa perché la vita e la morte di un singolo uomo duemila anni fa potesse avere il significato cosmico che il Cristianesimo attribuiva loro.

Questo è quanto scrive Tom Holland nel capitolo conclusivo del suo bellissimo libro Dominion, il cui sottotitolo è The Making of the Western Mind, che narra la storia del ruolo del Cristianesimo nella civiltà occidentale.[3]

Teilhard metterebbe in evidenza che, quando il singolo uomo in questione è una incarnazione, una presenza storica di Dio – nientemeno – ciò fa differenza. Gesù il Cristo, l’uomo risorto dalla morte, per mezzo della sua organica estensione nell’Eucarestia, - “Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo”  - giunge gradualmente a incorporare ed unire sempre l’umanità in una unità par excellence di spirito e materia. Potenzialmente ciò include l’intera razza umana, conducendola in un grande Tutto in sé grazie alla potenza dell’amore. Questo Cristo sempre evolvente, emergente è l’ultra-umano, che converge nel corso dei tempi verso un Punto Omega, centro del Tutto. Quella singola persona storica è il Dio divenuto Uomo, il punto in cui tutta la storia muta di verso, al tempo stesso via verso e centro di Omega, che esercita il suo potere di attrazione su tutta la realtà.

La Chiesa non ha visto quanto fosse pericoloso evitare di elaborare o reinterpretare i propri insegnamenti alla luce delle grandiose prospettive rivelate dalla scienza. Particolarmente critica è stata la sua paura e resistenza di fronte al concetto di evoluzione, che sembrava minacciare l’idea di Dio in quanto Creatore. L’evoluzione è invece diventata la nuova chiave, in primo luogo per interpretare i misteri biologici della vita, ed inoltre per interpretare la realtà del tutto, in generale. Troppo condizionata da un dualismo fra spirito e materia, la Chiesa ha fallito, secondo Teilhard, di comprendere ed amare il mondo nella giusta maniera, come la stoffa stessa del Regno. Quale altra “stoffa” c’è, infatti?

Ciò che è cristiano e ciò che è umano sembrano non coincidere più. Di qui, il grande scisma che minaccia la Chiesa”, egli scrive – uno scisma perché la Chiesa rischiava di essere esclusa dalla principale corrente di cultura, di diventare la fede  di una minoranza in calo. Teilhard non aveva timore delle prospettive della scienza, bensì di una Chiesa che non le affrontava.  Questa è la radice della crisi di fede nella Chiesa e nel mondo oggi.

La resistenza attualmente incontrata dalla Chiesa nell’insediarsi non dipende … dal fatto che i suoi dogmi siano troppo alti e la sua morale troppo difficile. È perché gli Uomini, non trovando più in noi il loro ideale religioso e morale, si allontanano, nell’attesa di qualcosa di meglio”.[4]

Le tensioni dell’umanesimo cristiano

Bilanciare gli interessi di Dio e quegli degli uomini è il problema dell’umanesimo cristiano. Interpretati correttamente, direbbe Teilhard, i loro interessi sono gli stessi. Per la fede cristiana, infatti, Dio è ora e sempre un uomo, e l’uomo Cristo è Dio. Interpretati erroneamente, tuttavia, inducono gli uomini ad allontanarsi da Dio e a cercare ciò che agli uomini sembra umanamente migliore.  Teilhard scrisse L’ambiente divino come tentativo di insegnare ai Cristiani come comprendere e amare il mondo nella giusta maniera, scoprire e celebrare Dio nella realtà materiale quotidiana e nel puro sforzo delle loro vite. In questo modo l’intera loro vita verrebbe motivata e rafforzata, come un gioioso atto di contributo all’evoluzione del Regno dell’Amore. In breve, “vivere in pienezza”, qui, ora, come pure oltre l’orizzonte.

L’Umanità dormiva, – dorme ancora -, assopita nei gretti godimenti dei suoi piccoli amori chiusi. Un’immensa potenza spirituale sonnecchia nel cuore della nostra moltitudine, e si manifesterà soltanto quando sapremo abbattere le paratie dei nostri egoismi ed elevarci, con una fondamentala rifusione delle nostre prospettive, sino alla visione abituale ed effettiva delle realtà universali.

Gesù, Salvatore dell’attività umana, alla quale fornisci un motivo per agire, - Salvatore della sofferenza umana, alla quale conferisci un valore vitale, - sii la salvezza dell’unità umana, costringendoci ad abbandonare le nostre grettezze e ad avventurarci, appoggiati a Te, sull’oceano ignoto della Carità”.[5]

 

Ampiezza di visione

Per tornare alla comparazione dei due personaggi, una delle doti personali di Paolo era la totale ampiezza e statura intellettuale della sua mente. In modo del tutto indipendente dal Prologo del quarto Vangelo, scritto da Giovanni Evangelista più tardi, per quanto chiaramente ispirato dallo stesso Spirito Santo, Paolo proclamava di Gesù:

Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili… Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui…. Piacque a Dio per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli. (Col 1,14-20)

Con divinamente ispirata arditezza, Paolo poneva la totalità del mondo, della realtà come allora era conosciuta, ai piedi di Gesù il Cristo – un uomo la cui vita era stata per una parte contemporanea alla sua!  C’è forse una provvidenza nel fatto che Paolo non abbia conosciuto Gesù nel corso della sua vita su questa terra, ma solo attraverso una profonda esperienza mistica. È questo che gli ha dato la prospettiva e la profondità di fede necessarie per avanzare queste affermazioni cosmiche su Gesù il Cristo.

Sono proprio quei versetti, ad altri di analoga profondità in Paolo e San Giovanni Evangelista, che diedero a Teilhard sia ispirazione, sia fondamento scritturistico per le dimensioni cosmiche del suo Cristo. Quel che fece fu elaborare passo dopo passo,  nel corso di tutta la sua vita, niente meno che una teoria del tutto, il Santo Graal di tutti gli scienziati. Tranne il fatti che il tutto di Teilhard comprende sia la coscienza in evoluzione – “l’interno delle cose” – e il Dio-Uomo, incarnato in Gesù il Cristo.

Egli procedette a interpretare senza alcun timore l’intera storia cosmica e la storia evolutiva in questa luce. Cristo, il Dio-Uomo, non è altro che l’Alfa e l’Omega dell’intera realtà, dagli atomi del big bang alle complessità di un’intera razza umana che conta quasi otto miliardi di individui. Perché “tutte le cose sussistono in lui”. Cristo deve essere rivestito con i gloriosi abiti cosmici del tutto, come noi lo conosciamo.

Fedele all’essenziale della fede cristiana

Da un punto di vista spirituale in L’ambiente divino, e da un punto di vista scientifico in Il fenomeno umano, nonché in numerosi altri lavori (di tutti la Chiesa proibì la pubblicazione durante la sua vita), Teilhard espone la sua visione unificata dell’evoluzione del cosmo e della vita sulla Terra. Egli suggerisce in che modo le principali dottrine della Chiesa possano essere reinterpretate dalle persone di oggi in una luce del tutto nuovo, splendenti di significato.

Il teologo olandese, come pure curatore dell’edizione ufficiale francese dei testi di Teilhard de Chardin, N.M. Wildiers, ha scritto:

“Non si può dubitare neppure per un momento della sua fedeltà agli insegnamenti della Chiesa. Il suo amore appassionato per Cristo e per la Chiesa è del tutto fuori questione. In nessun modo egli ha pensato di diminuire in qualche modo il dogma cattolico; egli ha soltanto auspicato che i dogmi, fino a ora presentati nel quadro di una concezione statica del mondo, siano ormai espressi  entro la cornice di una visione dinamica del mondo”.[6]

Si impone qui una sorta di trasposizione:

“Una trasposizione, nelle dimensioni di cristogenesi, della visione espressa tradizionalmente in termini di Cosmo, creazione, Spirito, Male, Dio (e più specificamente Peccato originale, Croce, Resurrezione, Parusia, Carità…), tutte queste nozioni, trasposte nella dimensione di una genesi, si illuminano e divengono coerenti, in modo sorprendente”.[7] Teilhard è convinto che  “il cristianesimo più tradizionale è suscettibile di una traduzione in cui si trasferisca il meglio delle aspirazioni proprie del nostro tempo”.

Rendere ciò evidente è il compito del teologo che ha compreso l’imbarazzo spirituale del nostro tempo… Il problema centrale è indubbiamente quello della relazione fra Dio e il mondo… “In tutti i rami della Scienza sacra, è tempo di scrutare, attraverso lo studio e la preghiera, la regione dove Dio e il Cosmo si sfiorano”.[8]

Sempre rivolto al futuro

Teilhard, paleontologo, non finì mai di essere affascinato dal futuro e dall’esito dell’evoluzione. “Studiare il passato mi ha rivelato il modo in cui si costruisce il futuro”, scrisse. Con stupefacente preveggenza, intuì che l’evoluzione della coscienza avrebbe originato un insieme di menti, una noosfera (dal greco nous, che significa mente, intelletto) attorno al pianeta, qualcosa che è accaduto nel nostro tempo, per mezzo di internet, e che produce una crescente unificazione dell’umanità.

Tutto ciò ha un lato oscuro: “Quel che deve ancora essere completato è necessariamente imperfetto, carente, non finito. Il male è quindi strutturalmente parte di un mondo in evoluzione. Un mondo in evoluzione ed un mondo perfetto sarebbero reciprocamente contraddittori.”

Secondo Teilhard, non c’è alcun motivo per cui l’evoluzione debba fermarsi. Poiché siamo esseri coscienti, l’universo accresce la coscienza di se stesso. Siamo ora responsabili della direzione dell’evoluzione e la freccia del tempo punta verso una sola direzione. Il futuro ci invita, ma senza la guida del Dio Uomo l’evoluzione potrebbe fallire il bersaglio.

Il destino supremo del cosmo e della storia umana è giungere ad un punto Omega di convergenza, come una umanità unita, che, per mezzo della forza dell’amore, verrà divinizzata dall’unione con Dio. “L’amore è l’energia più potente e tuttora meno conosciuta nel mondo”, ha scritto. “L’amore è l’affinità che lega e tiene insieme gli elementi del mondo… L’amore è di fatto l’agente della sintesi universale”.

Le visioni della scienza e della teologia si fondono nell’unificata visione teilhardiana – il che è il motivo per cui egli viene criticato in entrambi i campi, per ragioni diverse. Altri, tuttavia, accolgono con favore la sua visione unitaria della realtà come una emancipazione dal dualismo che pone la materia contro lo spirito, il corpo contro l’anima, la Terra contro il Cielo. “Non esistono nel mondo lo spirito o la materia, la stoffa dell’universo è  lo spirito-materia”.

L’opera di Dio è una, e noi siamo chiamati a costruire il Regno di Dio attraverso la costruzione della terra nel modo giusto. È pericoloso separare lo spirituale e il materiale o addirittura opporli nella nostra mente, perché l’approccio materiale, al momento attuale, sta pericolosamente diffondendosi in cuori e menti, e il processo è particolarmente rapido nei paesi sviluppati. Nello stesso momento la Chiesa in Occidente langue in una evidente vecchiezza. Un sempre maggior numero di persone diviene “spirituale ma non religioso”. “Il futuro appartiene a coloro che offrono alla prossima generazione ragione di sperare”.  Il futuro apparterrà alla Chiesa? Solo se la sua voce potrà essere udita usando i concetti ed il linguaggio della modernità.

Tuttavia, possiamo rallegrarci perché la crescente influenza di Teilhard dopo la sua morte – in particolare la sua visione del Tutto  - è divenuta l’ispirazione dell’americano Thomas Berry, che è diventato il padre del movimento ecologico. Il cosmologo Brian Swimme ricorda come Berry gli abbia detto: “Vedere come vedeva Teilhard è una sfida, ma sempre di più la sua visione ci diviene accessibile. Sono certo che nel prossimo millennio Teilhard sarà ampiamente considerato come il quarto più importante pensatore della tradizione cristiana occidentale. Essi sarebbero San Paolo, Agostino, Tommaso d’Aquino e Teilhard”.[9]

La visione di Teilhard si sta facendo strada nel mondo di oggi, accrescendo il nostro senso di unità e responsabilità per il Tutto. Ora vediamo che tutto è connesso con tutto il resto, una osservazione che viene dalla sua visione olistica.

L’urgenza della missione della Chiesa

Dare una nuova voce agli insegnamenti della Chiesa, espressi con i concetti della modernità, è un compito urgente. Come san Paolo, Teilhard ebbe la fin troppo rara abilità, e l’esperienza di vita, di vedere le cose dal punto di vista “gentile”. Col suo cuore ardentemente missionario, avanza un appassionato appello alla Chiesa affinché guardasse non oltre il mondo, ma ad esso, ed esclama:

O Gerusalemme, alza la testa. Guarda la folla immensa di coloro che costruiscono e di coloro che cercano. Nei laboratori, negli uffici, nei deserti, nelle fabbriche, nell’enorme crogiolo sociale, li vedi tutti quegli uomini che si affaticano? Ebbene! Tutto ciò che, per merito loro, diventa fermento di arte, di conoscenza, di pensiero è per te. – Su, apri le tue braccia, il tuo cuore, e accogli come il tuo Signore Gesù, il flusso, l’inondazione della linfa umana. Ricevila, questa linfa, - poiché, senza il suo battesimo, tu appassirai senza desiderio, come un fiore privo d’acqua; e salvala, poiché, priva del tuo sole, essa si disperderà follemente in rami sterili.[10]

 

“Chi sei tu per insegnare a noi?”

Paolo, per la sua verificabile esperienza mistica ed una conversione da persecutore a difensore, non necessitava di attestati per la sua autorità morale. E per Teilhard?

Per quanto di ordine assai differente, alcuni hanno visto una forma di riconoscimento divino, un sigillo di approvazione, nel fatto che Teilhard sia morto per un improvviso infarto una domenica di Pasqua, il 10 aprile 1955, come egli da tempo avrebbe desiderato. Era la festività più cara al suo cuore, il giorno del Cristo risorto, Omega centro e destino del cosmo in evoluzione, al quale aveva appassionatamente dedicato la sua opera.

A differenza di Paolo, che predicava e insegnava in libertà, Teilhard fu un profeta imbavagliato fino alla fine. La frustrazione era la sua croce, e la sua sofferenza per questo era grande quando il suo ardente desiderio di insegnare e salvare la Chiesa che egli amava, per il bene del mondo. E tuttavia egli sopportò questa prova senza fine pazientemente, umilmente, senza amarezza, eroicamente obbediente. Quando qualcuno chiedeva perché non avesse lasciato l’ordine dei Gesuiti o la Chiesa, sorrideva e citava Saint-Exupéry: “Per ottenere un effetto sulla casa, devi viverci dentro”.[11] Per fortuna, egli ebbe la sua carriera di paleontologo a tempo pieno sul campo, soprattutto in Cina, a tenerlo occupato.

Il filosofo francese Étienne Gilosn (1884-1978) ha scritto:

“Non c’è nulla di ambiguo nell’origine della celebrità di Padre Teilhard de Chardin; tutto in lui era puro. Sotto il flusso continuo di alluvioni scientifiche o d’altro genere, ha saputo mantenere intatta e miracolosamente preservata la pepita d’oro puro della pietà e della fede della sua infanzia.”[12]

Nel fervore dalla sua preghiera vediamo l’intensità del suo amore per Cristo, il segno di un santo.

O Gesù! Squarcia le nubi con il tuo lampo! Rivelati a noi come il Forte, lo Splendente, il Risorto! Sii per noi il Pantocrator che, nelle antiche basiliche, riempiva la totale solitudine delle cupole!

Nulla di meno di questa Parusia ci vuole per equilibrare e dominare, nei nostri cuori, la gloria del Mondo che si eleva. Affinché con Te possiamo vincere il Mondo, manifestati a noi ammantato della Gloria del mondo![13]

Per concludere, se Paolo nel primo secolo conseguì il titolo di “missionario presso i Gentili”, Teilhard nel ventesimo secolo e oltre può essere visto come una figura parallela, un’anima sorella, missionario presso i sofisticati “Gentili” della modernità, e insegnante degli insegnanti.

Ognuno di loro non cercava nulla di meno che la realtà nel suo tutto

Per il Dio fatto uomo

 

Traduzione dall’inglese di Franco Bisio

 

[1] Questo articolo è apparso, oltre che sul sito Seeing Whole with Teilhard de Chardin, sul mensile The Furrow 73 (2022) 4, 229-238

[2] Pierre Teilhard de Chardin, “Cristianesimo ed Evoluzione” (1945), in La mia fede. Scritti teologici, Queriniana, Brescia 1993, pp. 172-173

[3] Pubblicato da Little, Brown, London 2019

[4] Pierre Teilhard de Chardin, “L’ateismo moderno” (1933), in La scienza di fronte a Cristo. Credere nel mondo e credere in Dio, Il Segno dei Gabrielli, Verona 2002, p. 145

[5] Pierre Teilhard de Chardin, L’ambiente divino. Saggio di vita interiore, Queriniana, Brescia 1994, p. 114

[6] N.M. Wildiers, Introduzione a Teilhard de Chardin, Bompiani, Milano 1966, pp. 109-110

[7] Ibid., p. 111. La citazione è da una lettera di Teilhard del 1° gennaio 1951

[8] Pierre Teilhard de Chardin, “Per una nuova evangelizzazione del nostro tempo” (1919), in L’uomo, l’universo e Cristo, Jaca Book, Milano 2012, p. 77

[9] Citato nella prefazione a The Human Phenomenon, a new edition and translation, Sussex Academic Press, Brighton -Chicago – Toronto 2015, p. xiv

[10] Pierre Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, cit., pp. 124-125

[11] Citato da Robert Speaight, Teilhard de Chardin. A Biography, London, Collins 1967, p. 323

[12] Étienne Gilson, “Le cas Teilhard de Chardin”, Seminarium 4 (1965), p. 727

[13] Pierre Teilhard de Chardin, L’ambiente divino, cit., p. 98

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