La mondializzazione economica liberale alla prova del confronto con la Noosfera teilhardiana

Gianluigi Nicola

La mondializzazione economica liberale alla prova del confronto con la Noosfera teilhardiana.[1]

 

Biologo, giornalista, direttore responsabile di Teilhard aujourd’hui. Edizione italiana

 

Tutto ciò che smette di crescere, esaurita l’inerzia, comincia a declinare: questo principio, il progresso secondo l’interpretazione del modello liberale, racconta la retta irrealistica, senza limiti, dello sviluppo economico-finanziario razionale eppure emotivo.

Esisterebbero le nostre società evolute, senza un razionale sviluppo economico? Esisterebbe un mercato finanziario attivo ed efficace, senza spinte emotive?

In larga misura la risposta è no, perché solo grazie all’analisi  razionale degli economisti e dei tecnologi, è possibile impostare dinamiche di sviluppo, ma solo grazie alle emozioni degli uomini, è possibile mantenere vitali ed attive le dinamiche della compravendita.

Un gioco di equilibri, che nel corso degli ultimi 250 anni, quelli della rivoluzione industriale nelle sue diverse declinazioni, ha generato un modello di sviluppo capitalista, il quale, dopo aver positivamente superato, era il 1989, il confronto difficile, sovente aspro ed anche cruento, con il modello comunista, è inaspettatamente entrato in crisi nei mesi intorno all’albeggiare del 2008.

Trascorsi circa vent’anni dalla sua affermazione, era quello il momento in cui la “lettura” occidentale pensava ormai, di gestire la vittoria e di imporsi, al tempo della globalizzazione, come l’unica e migliore strada per sostenere quella crescita indefinita, di cui si diceva all’inizio.

Invece una caduta, che nel fatidico 2008, inizio di millennio, ha avviato un oscuro periodo di crisi, da cui si è andato configurando un problema grave, di difficile risoluzione, che, oggi ancora, si trascina lentamente, senza grandi svolte, capaci di un superamento sicuro delle difficoltà e dell’apertura su orizzonti più concretamente ottimistici.

Non è stato sufficiente impostare un semplice maquillage economico-finanziario per superare la crisi, è invece sempre più chiaro l’affanno di strategie consunte, mentre si profila necessaria una concezione nuova, generata da una nuova visione delle cose e gli elementi che la sollecitano, sono diversi.

Il modello liberale, proprio perché libera energie mentali, capacità d’iniziativa e opportunità di scambio, è un modello che si deve affidare a dinamiche di flusso e non tanto ad operazioni di accumulazione statica, vedi il caso dei Paesi petroliferi del Golfo negli anni ‘70-’80 del XX secolo.

In questo senso dunque, è un modello che, per il suo corretto funzionamento, ha necessità di adottare una logica di rete, una indispensabile rete relazionale, che tuttavia, porta inevitabilmente con sé il sorgere di fenomeni di complessità, se, come ritengo, la complessità può essere intesa a buon diritto, come l’effetto emergente, che trae origine da una rete integrata di relazioni evolutive rientranti.

Difatti oggi l’interscambio commerciale di materie prime, di energia, di semilavorati e di prodotti finiti, nonché di tutti i servizi connessi, dalla logistica alla vendita presso gli utilizzatori finali, genera nei fatti, a livello planetario ormai, una rete complessa di relazioni, che supera le concezioni di organizzazione sociale, comuni fino a pochi anni fa.

Effetto di questa complessificazione, termine teilhardiano di stretta attualità, è il crescere e l’affermarsi di una finanziarizzazione delle attività umane, che si esprime in mercati a lei dedicati, sempre più pervasivi e rarefatti, avanzata sintesi contemporanea di tutto l’intraprendere avviato in ambito economico: non a caso l’origine dei problemi attuali è un’origine di tipo finanziario, ricordate i mutui subprime e le obbligazioni strutturate?

La finanza allora, come obiettivo finale dell’agire economico, impegnato, secondo la retta della crescita illimitata, a generare semplicemente di più, per avere più risorse da investire nei mercati borsistici ed anche per compensarne i rovesci.  Quanto tutto ciò oggi sia vero, lo constatiamo nel nostro ordinario quotidiano, così come nelle manovre sia della Fed, la Federal Reserve americana, che della BCE, la Banca centrale europea, che al tempo della crisi, in varie forme, ma in particolare mediante l’acquisto di titoli pubblici e bancari, hanno riversato migliaia di miliardi di dollari e di euro nel sistema economico-finanziario, per poter arginare una crisi di liquidità generata da debito eccessivo, sia privato che pubblico, da ridotte capacità di acquisto come conseguenza e causa della disoccupazione crescente, con rischi di deflazione prima e di stagflazione poi, e da caduta dei corsi azionari e dei rendimenti obbligazionari.

Sono state manovre importanti, rese operative con l’intenzione di facilitare una ripresa dei consumi e della produzione sia di beni, che di nuova ricchezza, necessaria certamente a riavviare in modo positivo il ciclo economico e a diminuire la povertà e la precarietà delle condizioni di vita dei cittadini, ma anche e qui sta la scommessa, per dare una consistenza ai titoli emessi, in modo che la liquidità da essi generata, non divenga carta straccia, un incubo che ha già visto nell’esperienza della repubblica di Weimar un terribile esempio.

Si tratta di tecniche e di azioni volte a sostenere, come si diceva, un sommovimento positivo che sembra affermarsi, così come, al momento nel breve periodo, paiono produrre effetti le manovre di stimolo, sebbene si avverta comunque lentezza e stanchezza ed è proprio questo gioco povero di spunti e di idee, uno di quegli elementi che sollecitano nuove visioni.

Accanto però si aggiunge e si fa sempre più significativo, un altro elemento, il tema della sostenibilità ambientale, che coincide con la salvaguardia della Biosfera, una sottilissima pellicola di non più di una dozzina di chilometri di spessore sui circa 6400 chilometri del raggio terrestre, al’interno della quale si svolgono tutte le attività produttive ed esistenziali degli uomini: grazie ad esse non si tutelano solo la vita di una parte consistente dell’umanità, ma anche gli scambi e gli utili, che muovono le dinamiche dei mercati delle merci e della finanza, effetti anche importanti se si vuole, tuttavia frutto singolare dell’efficienza e dell’accoglienza di un ambiente naturale più ampio e più grande, sempre che queste sue qualità riescano a mantenersi.

Il termine biosfera in modo molto trasparente, indica l’ambito planetario che consente l’esprimersi dello stato vivente della materia e per giungere all’affermarsi di questa realtà, si è dovuta costruire, grazie ai meccanismi evolutivi, una salda ed armonica rete di relazioni e di equilibri tra specie viventi, una rete essenziale, che ha consentito la sopravvivenza di tutti.

La macchina della vita, come ben sappiamo, è un congegno molto delicato e alterarne violentemente alcune sue parti, crea scompensi macroscopici, che, con un effetto moltiplicatore, possono mettere in seria difficoltà l’operatività delle altre parti, basti pensare ai devastanti e costosi uragani atlantici, sempre più potenti, per via del riscaldamento progressivo e continuo delle acque marine caraibiche, o le nuvole di inquinanti che, in certi momenti, hanno reso infrequentabili alcune parti piuttosto estese della Cina continentale, rallentandone la produttività, o, ancora, alle isole galleggianti composte di residui plastici, presenti in certe zone dell’oceano Pacifico, ma ora anche dell’Atlantico, dispendiose in termini di costi sanitari legati alla contaminazione della catena alimentare animale e, infine, umana.

È centrale tener presente che l’ambiente naturale non è una realtà a disposizione degli obiettivi utilitaristici degli uomini, in particolare non è un oggetto a cui attribuire un prezzo, ma è un mondo che vive e solo al suo interno può esprimersi la nostra stessa vita, individuale e collettiva.

Qualsiasi modello economico, anche solo per salvaguardare i suoi guadagni, non può prescindere da un’accurata attenzione al funzionamento degli equilibri della biosfera e, soprattutto, l’utilizzo delle risorse naturali deve avvenire rispettando le capacità di reintegro e di metabolizzazione ambientale.

La biosfera infatti, si pone come l’unica condizione planetaria, in virtù della quale è possibile l’emergere della consapevolezza e, per diretta conseguenza, delle risorse intelligenti che sono adatte a teorizzare la costruzione concreta di modelli economici, capaci, a loro volta, di stabilizzare se possibile, il permanere del fenomeno vita e, con Teilhard, del fenomeno umano.

È una dinamica per certi aspetti, riflessa perché la biosfera si realizza attraverso i rapporti di un’insieme di condizioni e di caratteristiche, dalle quali emergono sia la vita biologica che la vita cosciente, quest’ultima potenzialmente efficace nel rendere robusti gli equilibri e nell’ottimizzare il funzionamento della rete integrata e complessa che sostiene l’esistenza di Gaia, il pianeta che vive.

Una realtà che dunque alimenta quella che la genera: in fondo un anello, capace di mantenere senza limiti l’operatività di sé stesso e che non ha problemi di durata, al contrario di ciò che succede al nostro modello economico, condizionato in realtà, dai tempi di esaurimento delle risorse materiali ed energetiche, utilizzate in allegria per progredire, illusoriamente, all’infinito.

Traspare evidente, insomma, l’importanza di un orientamento del modello di sviluppo, secondo logiche armoniche con quelle della biosfera, cosa che rende di significativa e rilevante attualità l’adozione di un’economia di tipo circolare e non più rettilinea, quest’ultima caratterizzante in particolare, i tempi dorati della ricostruzione post bellica, sostenuti però, dalle precedenti distruzioni che, nella seconda guerra mondiale, accompagnarono la morte di quasi sessanta milioni di persone.

Se davvero ci si rende conto dei rischi, se davvero si vuol appartenere all’ambito Umano, tanto da comprenderlo e da non desiderarne la distruzione, un cambio di orientamento è davvero necessario: demografia, risorse naturali, energia, istruzione, ambiente, qualità della vita, povertà e ricchezza sono tutti elementi che vanno governati con attenzione e lungimiranza, certamente evitando l’ottica ripetuta del qui ed ora, del “i denari a me, pochi, maledetti e subito”.

La complessità di questi temi e comunque la necessità di occuparsene per temperare le conseguenze delle loro dinamiche, spiega come in questi casi la liberale autoregolazione dei mercati si riveli anch’essa illusoria e poco più che uno strumento di settore: all’interno di una società articolata e globalizzata come l’attuale, non sono più sufficienti la legge della domanda e dell’offerta, oppure la reciproca concorrenza tra differenti interessi personali o aziendali, per raggiungere un equilibrio che a tutti dia soddisfazione e limiti le disuguaglianze, oggi tendenti ad una robusta accentuazione.

È necessaria viceversa una forma di governo dell’economia e della finanza, capace di sviluppare una seria politica di indirizzo, che, senza essere troppo invasiva, tenga conto di tutti quegli elementi di lungo periodo e a larga scala, la cui importanza sfugge agli interessi immediati, locali e falsamente razionali dell’Homo Faber.

Si profila così un altro sottile gioco di equilibri: l’intervento pubblico, nelle forme di un governo eletto democraticamente, può essere inteso come elemento di stabilità e di equilibrio, capace di dare unione, creatrice direbbe Teilhard, alle interazioni fra le diverse istanze, derivanti dai problematici settori indicati prima.

Allo stesso modo l’iniziativa privata può dare contributi di efficienza e di ideazione, anche se queste qualità, sovente, sono piuttosto volte ad ottimizzare e ad accumulare dei guadagni strettamente di parte, sottratti al circolo virtuoso dei flussi, poiché si sono utilizzati i settori di cui si diceva sopra, per trarne iniziative puntuali e redditizie, ma in sostanza, slegate da una visione d’insieme: in fondo l’impresa privata tende alla frammentazione e lasciata completamente a sé, rischia di disgregare piuttosto che irrobustire, la rete sociale di cui si è servita per costruire il suo successo individualistico.

Il gioco d’equilibrio consiste nel dare il giusto rilievo alle due impostazioni, di governo da un lato, di libera impresa dall’altro, vale a dire la visione d’insieme e la lungimiranza dell’uno, armonizzate con l’efficienza e l’imprenditorialità dell’altra: in mezzo purtroppo, la corruzione nelle sue varie forme, comune tanto all’organizzazione statale, che ne è appesantita, quanto al settore produttivo privato, a cui genera insensatezza.  Presente proprio perché inevitabile se pur contenibile, la corruzione si può leggere come una forma di entropia questa volta economica, connessa al divenire delle attività, dove non tutto il lavoro d’impresa riesce a trasformarsi in risultato utile anche socialmente.

Una volta ancora sono gli approcci di consapevolezza, quelli capaci di limitare e convertire la corruzione, nel momento in cui riescono a rendere più funzionale ed efficiente l’insieme produttivo di stato ed impresa, snello e leggero il primo, intelligente e dinamica la seconda, e a controllare i monopoli, oggi anche giganteschi, i quali, accanto alle pressioni della delinquenza organizzata sempre più diffusa e penetrante, possono essere sostegno di una corruzione volta ad inquinare e a distorcere su oscure finalità di parte, l’armonico funzionamento del modello economico.

Dunque la costruzione di un sistema produttivo-amministrativo misto, non ideologico, ma attento e flessibile nel gestire le condizioni di crescita della ricchezza necessaria per il sicuro e confortevole vivere di tutti gli uomini: ecco un altro elemento che va ad incastonarsi nella elaborazione di nuovi modelli e di nuove visioni, accompagnato dalla presa d’atto, che l’evoluzione culturale delle nostre società è in forte accelerazione e che rapidamente ci stiamo lasciando alle spalle il secolo breve delle dittature e delle ideologie, destinato a divenire prima inquietante ricordo e poi materia di studio per gli storici.

Oggi il mondo è diverso, perché sperimenta il confronto con una tecnologia avanzata, che si insinua in ogni aspetto, in ogni risvolto dell’esistenza quotidiana degli uomini, riducendo certamente il mondo ad un villaggio globale, ma, insieme, ricoprendo di una sovrabbondanza di servo-meccanismi e di informazioni slegate e grezze, i pensieri delle persone, al punto di tentare la distorsione della scienza in una tecno-scienza, sottomessa alle logiche strumentali dell’orizzonte finanziario.

Tuttavia l’elemento potente della tecnologia, se governato, una volta ancora, con saggezza, può essere uno strumento importante non per soverchiare, ma per contribuire alla promozione umana, proprio in connessione con quanto si diceva prima a proposito di ambiente: ormai si approssima un inevitabile cambio di paradigma, se si lavora per mantenere nella biosfera delle condizioni di vivibilità, un cambio che ha molto a che vedere con il modello energetico attuale, ancora portatore di ancestrali parentele con gli scopritori dell’utilizzo del fuoco.

Ormai sette miliardi e mezzo di persone, questa è la consistenza odierna della specie umana, non possono più permettersi di bruciare combustibili, in particolare le masse fossili di energia solare, ma debbono essere attenti e tecnologicamente preparati a gestire i flussi attuali di energia, che circolano per l’universo e che avvolgono anche il pianeta Terra.

Si tratta di puntare sull’efficienza di bassi consumi per poter controllare l’onnipresente entropia, una specie di grande fratello, che proprio la termodinamica ha identificato e definito e che, insieme all’effetto serra dei bassi strati atmosferici, contribuisce con il suo calore inutilizzabile, di cui è misura, a sconvolgere e a rendere nettamente più pericoloso il clima terrestre.

Anche qui, a maggior ragione, la logica deve essere quella di flusso, un flusso sia in entrata, sia in uscita, che consenta sicuramente l’utilizzo delle giuste quantità di energia libera da parte delle società umane, ma permetta, insieme, la naturale dissipazione fuori dai confini della biosfera, di tutti quegli eccessi di calore deleteri non tanto per il pianeta, quanto per chi naviga su di lui, a spasso per il sistema solare.

In questo quadro variegato, la tecnologia, divenuta un’interfaccia di confronto ormai irrinunciabile, tra uomini e realtà esteriore,  conserva un ruolo e delle responsabilità importanti nel disporre gli strumenti, di necessità innovativi, indirizzati a favorire sia una buona distribuzione delle risorse, che il loro utilizzo in modo sobrio ed efficiente: anche da questi approcci, sebbene più tecnici e razionali, si può sviluppare la costruzione di contesti, dove una buona qualità della vita, tutelata dagli eccessi della natura quando reagisce in modo veemente, aiuti in armonia con altre strategie, la tessitura di una trama sociale orientata a non essere culla di alienazione e disfacimento intellettuale, bensì strumento di sostegno per la crescita ed il divenire di quegli uomini, che hanno scelto di appartenere in modo limpido, deciso e sereno, all’Umano.

Siamo nei pressi di un salto di qualità, dove si presenta la necessità dell’impegno di ognuno nella scelta e nella costruzione di un mondo differente, non lanciato sulle piste del virtuale privo di senso, ma orientato, secondo la prospettiva teilhardiana, al compimento della persona nell’Umano, condizione di apertura e di accoglienza indispensabile agli uomini coscienti di sé, per poter accedere alla relazione evolutiva con il Cristo Vivente, che si è manifestato offrendo loro, pur piccoli ed imperfetti, il dono inaspettato della sua amicizia forte e sincera.

Ecco, orizzonti nuovi si stanno aprendo, i tempi di quei cambiamenti che sono sollecitati dai fatti o che di per sé, sono in corso di autorealizzazione, si fanno progressivamente più stretti e l’impegno per concepire una nuova visione delle cose, è sempre più una necessità reale, che tocca la responsabilità di ognuno di noi, nell’ambito della nostra condizione di cittadini senzienti e consapevoli.

Abbiamo evidenziato alcuni dei modelli che reggono il nostro mondo e le nostre azioni concrete nell’ordinario quotidiano, ci siamo occupati quindi del modello economico-finanziario liberale, con alcune delle sue significative implicazioni, del modello ambientale interpretato come relazione con la biosfera e, di conseguenza, del modello circolare di sviluppo in alternativa alla crescita rettilinea illimitata, ma abbiamo anche visto alcune note sul modello di gestione della socialità ed ancora sul modello tecnologico ed energetico, oggi in forte sviluppo, ma nel medesimo tempo, in forte crisi.

Si è trattato di un quadro veloce, che tuttavia sappiamo essere a chiaroscuri, perché se da un lato presenta una molteplicità di strumenti positivi di intervento, dall’altro mostra segni importanti di inadeguatezze e di cedimenti progressivi, che, dopo le convulsioni e le grandi stragi del ‘900, fanno presagire come oggi siamo infine, dinanzi al profilarsi di una rottura di equilibrio.

In modo quasi impercettibile, attraverso questa rottura, sarà pressochè inevitabile, nonostante i tentativi di mantenimento dello status quo, entrare in una transizione di fase, il cui approdo ad una complessità maggiore, stabilizzatrice di un nuovo e più adeguato equilibrio, sarà  effetto del lavoro intellettuale, ma questa volta anche spirituale, degli uomini capaci di farsi interpellare dalla realtà non immaginata, ma viva e vera.

Farsi interpellare: un’operazione avanzata di laicità, retta soltanto da una coscienza riflessa adeguata, che esiste e che ha tutte le potenzialità per porsi, nella sua consistenza e centrazione, come affermava Teilhard, in dialogo con le istanze di questo mondo in profondo mutamento, un mondo che, orfano delle ideologie d’altri tempi, la cui rigidità faceva da contenimento e da indirizzo a scarne e smarrite energie umane, ha davvero liberato la fioritura dei suoi mille interrogativi e la bellezza dei suoi mille progetti.

Tuttavia, qui sembra prender forma il punto cruciale: dialogo su cosa? Sui massimi sistemi e sulle glorie progressive e spersonalizzanti del denaro e del potere, o, al contrario sulla centralità dell’Umano, condotto da logiche di Amore, quell’amore che è l’Unitivo ed il Creativo?

Oggi come non mai, il tipo di risposta che si pensa di dare, riveste i caratteri della svolta di fondo, perchè la tecnologia non solo ingegneristica e cibernetica, ma anche biologica, sta ponendo seri interrogativi sul  futuro del fenomeno umano: c’è ancora bisogno dell’uomo?

Il materialistico orizzonte finanziario, l’Invariante Impersonale, ha necessità di meccanismi e di efficienze, che prescindono dalla presenza di intelletti naturali: dopo tutto, mediante l’utilizzo di un’intelligenza artificiale, appoggiandosi alla crisi attuale ed utilizzandola con il paravento della creazione di nuovi, incerti posti di lavoro nelle tecnologie avanzate, perché non pensare di costruire e di governare una transizione epocale ad un mondo perfetto, sostenuto da flussi e masse finanziarie autoalimentanti l’accumulazione sterile, fine a se stessa e senza limiti, grazie ad un’estesa e pervasiva automazione, introdotta persino nei registratori di cassa, che da soli sapranno produrre, con regolarità digitale, tutti gli introiti  programmati?

Il film Matrix dei fratelli Larry e Andy  Wachovski, Warner Bros. Pictures, in questo senso è paradigmatico e mostra come ad un macchinismo invasivo, è solo una Noosfera, una sfera del pensiero, che può opporsi: in luogo di una intelligenza istruttiva, quella dei computer che eseguono programmi, affermare allora, la priorità di una intelligenza selettiva, quella degli uomini che pensano e che riflettono.

Insomma, non un semplice meccanismo di causa ed effetto, ma un “intelligere”capace di analisi e di sintesi e che, grazie alla sua fantasia creativa, riesce ad essere artefice della costruzione di scenari e di sogni, per dar vita alla concretezza dell’Oltre, il quale non sa più di terra, metalli e microchip.

Nessuna macchina riesce a superare le capacità di quella materia diventata immaginazione, grazie alla possibilità di esprimersi attraverso la complessità del nostro cervello: la coscienza primaria animale e più ancora la coscienza riflessa umana, sanno leggere un mondo senza indicazioni, senza riferimenti, senza etichette e sanno trarre da questa lettura, dei significati e dei sensi di orientamento.

Chiara, tuttavia, deve essere la finalità dei comportamenti, in quanto assume oggi un’importanza particolare: ormai in questi tempi di svolta, come si diceva, è in gioco, per molti aspetti, l’esistenza stessa della nostra specie e spetta a lei, composta da tutti noi, compiere le giuste scelte per portare avanti nel tempo, la fiaccola della sua interessante originalità, unica e tipica.

Non si può affrontare una transizione di fase senza le energie per farlo, non si possono ideare delle nuove possibilità senza lo spirito giusto, senza una spiritualità-essenza che prenda origine dal pensiero riflesso, senza una spiritualità che sorga dalla, ma più ancora, attraverso la coscienza consapevole degli uomini e che, insieme, sia personalizzante.

In un futuro probabilmente abbastanza prossimo, il possesso del campo d’azione, lo si giocherà fatalmente tra due opposti, da una parte l’alienazione globalizzata del macchinismo digitale, forse composto anche da simulacri di uomini robotizzati, oppure dall’altra, la coscienza consapevole di uomini centrati nella loro autenticità e disposti al lavoro, lo sforzo di teilhardiana memoria, rivolto a sviluppare, attivo e lucido, il pensiero riflesso, alimentato da una rete di relazioni evolutive.

La crisi c’è, ma solo una spiritualità della consapevolezza, che nella noosfera trova il suo ambiente naturale per esprimersi, può arrivare ad offrire visioni di speranza, può generare delle novità utili alla costruzione di un mondo oggi non ancora immaginato nel suo insieme, ma che, comunque, proprio oggi è in progressiva e forse anche accelerata, formazione.

All’interno di questi agitati e, tutto sommato, sfuggenti mutamenti, i gestori sia palesi sia occulti del modello economico liberale, hanno tentato un suo primo rilancio fin dagli anni ‘80 del secolo scorso, promuovendo la globalizzazione, che altro non era, se non l’apertura e l’estensione a più ampie fette di umanità, particolarmente alla Cina, dei supposti benefici, non esaustivi per la verità, di un modello che ormai, con la sua crescita geometrica, aveva pressoché saturato i suoi mercati d’origine e mostrava tutti i segni della sua debolezza e delle sue imperfezioni, un modello, insomma, fin troppo maturo.

Era stata una prima operazione di maquillage, che, come si è detto, ha funzionato per alcuni lustri, fino a giungere al collasso del 2008, generato, in fondo, per una forzatura degli scambi, sottoposti alla pressione di un eccesso di prodotto e di debito, unito alle paurose incertezze dei titoli derivati.

La soluzione a questa crisi, prolungata e da cui si fatica a risollevarsi, non pare essere la conquista di nuovi mercati, perché è sufficiente uno sguardo dallo spazio alle luci notturne che punteggiano la Terra, per capire che forse mercati da sviluppare non ne esistono più, se non marginalmente, a meno di affidarsi alla colonizzazione, piuttosto lontana nel tempo, di altri pianeti.

Sembra necessario, invece, un guizzo di creatività, capace con la sua energia, di favorire l’emergere di chiarezze, che aiutino a comprendere come la strada alternativa ad un impoverimento catastrofico e generalizzato di un mondo ricco di armi nucleari e a corto di idee significative, stia proprio nel confronto con la teilhardiana noosfera, questa rete integrata e condivisa di consapevolezza, riflessione e creatività.

In modo sempre più evidente, si manifesta infatti, la necessità di nuovi pensieri, piuttosto che di nuovi mercati e le visioni innovative sono necessarie proprio per arrivare a trasformare, con una lettura adeguatamente articolata, la concezione rettilinea del progresso senza limiti, in concezione circolare della crescita orientata alla coerenza e all’equilibrio con i contesti e con la biosfera che li contiene.

Il punto è cruciale: la disponibilità di un nuovo modello di sviluppo, sintesi obiettiva di una altrettanto urgente, ampia ed originale analisi delle condizioni contemporanee di sopravvivenza della nostra specie, appare, da ciò che si è raccontato sin qui, un passo che va compiuto.

Si tratta infatti, di un passo che non si può ulteriormente rinviare ne eludere, perché in maniera sempre più chiara, ci si accorge delle insufficienze e dei limiti dell’attuale modello di riferimento, fiaccato dalla crisi fortissima del 2008, incapace di risollevarsi con sicurezza e di guardare con convinzione al futuro.

Al centro, però, l’uomo, oggi non più una canna pensante sbattuta dal vento, per la semplice ragione che un Annuncio di speranza da parte del Vivente, ci ha rivelato la sua effettiva esistenza e la reale possibilità di una collaborazione amichevole con Lui, per riuscire ad accedere ad una realtà che anche solo l’astrofisica e la cosmologia scientifica contemporanee, ci fanno percepire quanto grandiosa dev’essere, sicuramente oltre ogni nostro immaginario fantastico.

Allora, proprio perché l’uomo ha davanti a sé sicuri spazi d’infinito ed intuisce il bagliore scintillante dell’intera Verità, il modello della globalizzazione economica liberale, nel confronto d’autenticità con la Noosfera, non può che distogliere lo sguardo e volgerlo verso l’essere, al di sopra del semplice fare e del semplice avere, non può che alzar lo sguardo dalla terra da cui proviene e finalmente rendersi conto degli insondabili “spazi interminati, dei sovrumani silenzi e della profondissima quiete” del cielo, che si sta aprendo al di sopra ed intorno a lui: c’è bisogno di profezia, non di consumatori e l’albeggiare dell’età teilhardiana inizia a fornirci le chiavi di lettura interpretative per costruire questa profezia, speranza di futuro. Un lavoro appassionante che ci attende e ci provoca, mentre nessun pessimismo dovrebbe fermarci in quel cammino, che privilegia la vita esuberante ed indomabile dell’oltre di sé, rivolta all’affascinante relazione evolutiva con l’Oltre di Dio, l’Incommensurabile Consapevole.

 

Articolo apparso su Teilhard aujourd'hui 25 (ottobre 2017)

 

 

[1] Intervento tenuto il 14 ottobre 2017 al Colloque International Teilhard de Chardin “Regarder la guerre en face; voir au –delà”. De la genèse da sa pensée aux turbulences actuelles de la mondalisation, Reims, Maison Diocésaine Saint-Sixte.

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